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Titolo: Microsoft Word - Il Più Grande Crimine 2011.doc
Autore: Paolo
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IL PIU’ GRANDE CRIMINE
Di Paolo Barnard
Ottobre 2011
dpbarnard@libero.it
(Ecco cos’è accaduto veramente alla democrazia e alla ricchezza comune. E a vantaggio di chi)
1
AVVERTENZA
Questa è una inchiesta di rigore scientifico che si è avvalsa della consulenza di dodici
economisti universitari internazionali. I loro nomi, le note e la bibliografia che
attestano della serietà di questo saggio sono elencati in calce. Ma l’ho scritto in stile
narrativo affinché chiunque la possa leggerlo e divulgarlo.
2
Sommario
Ecco Il Più Grande Crimine…………… pagina 6
(Il Piano Neoclassico, Neomercantile, Neoliberista – Il danno inflitto – Modern Money Theory tenuta nascosta -‐
La minaccia alla democrazia – Nota: come leggere questo saggio)
Parte Tecnica…………… pagina 9
(Cos’è la moneta – Cos’è il contante – Come spendono gli Stati a moneta sovrana – Come spende un governo a
moneta non sovrana: la UE oggi – Le Banche Centrali – Come funziona il denaro nelle banche commerciali – Un
debito che non è un problema, anzi – Un debito che è un problema, eccome – Cosa sono le tasse? Chi lo sa alzi la
mano – La piena occupazione era possibile )
Il Più Grande Crimine, la storia nei dettagli…………… pagina 30
(Presentazione umana)
Il Tridente che aveva cambiato a Storia…………… pagina 31
(Perché il Vero Potere s nasconde – Il Tridente)
La Gallina dalle Uova D’Oro…………… pagina 32
(A chi toccava il controllo della nostra ricchezza? – Il ritorno della Moneta Moderna offre un’opportunità storica
alle società occidentali – Un accenno a cosa sia la Modern Money Theory -‐ Capire la differenza fra Spesa a Deficit
Positiva e Negativa -‐ Le elite pianificano il loro ritorno al potere: il piano in 4 stadi)
Le idee…………… pagina 35
(L’impianto teorico fondamentale per ritorno delle elite e come fu applicato – Le sue radici nella storia
dell’economia – Il comune denominatore di tutte quelle idee)
I primi attori…………… pagina 38
(Le fondamenta del ritorno delle elite poste dai primi attori negli anni ‘30 – Disattivare le democrazie è la
priorità – Disattivare i cittadini: l’Esistenza Commerciale e la Cultura della Visibilità come armi – I primi cervelli
in azione negli USA e in Europa in maggiori dettagli – La speranza di Keynes: prima agli apici e poi la sconfitta -‐ Il
Neoliberismo compare sulla scena)
Il piano accelera esponenzialmente. Nasce il Piano di Contiguità …………… pagina 43
(Il secondo dopoguerra e l’inizio dell’indottrinamento dei colletti bianchi – Il Piano di Contiguità: colonizzare le
università -‐ Le Fondazioni e le Think Tanks come armi principali – Le lobby partono a tutto gas – I club dei
“Globocrati”)
3
Il grande balzo in avanti…………… pagina 46
(Lewis Powell e il suo Memorandum – La Commissione Trilaterale e The Crisis of Democracy – In che modo
queste due Bibbie Neoliberiste plasmarono il futuro e contribuirono alla distruzione della democrazia)
L’incredibile potere dei fantasmi…………… pagina 50
(Il Poker Neoliberista conquista la politica mondiale – L’inizio della fine per la sinistra: fu Mitterrand a dare il via
– Come fu cementata la presa delle elite su cittadini e governi: il potere dei fantasmi – Fantasma 1: L’ Inflazione &
Fantasma 2: L’Isteria da Deficit)
Un bonus inaspettato…………… pagina 53
(La caduta dell’impero sovietico – La Shock Therapy a tutto spiano: il caso della ex Yugoslavia come esempio per
tutti – Il Neomercantilismo europeo trionfa)
La Signora si faccia la messa in piega…………… pagina 54
(Il caso dell’Italia come modello per il resto d’Europa: dai partiti statalisti a un centrosinistra ferocemente
Neoliberista in pochi attimi – Tangentopoli cosa fu? – Le tappe della svendita dell’Italia alla finanza
internazionale: i governi tecnici e il centrosinistra senza pudore)
Alcuni brillanti ritocchi finali…………… pagina 57
(Ingannare la sinistra: come l’hanno cooptata nell’Isteria da Deficit – Un miraggio per intrappolarci e
paralizzarci: la nascita del Money Manager Capitalism e del Capitalismo dei Fondi Pensione – Bolle improvvise e
risparmiatori turlupinati)
Ecco chi incassa…………… pagina 60
(Il boom del debito privato voluto dalle elite – Una bolla finanziaria visibile dallo Spazio, gli inganni e l’esplosione
finale: chi ha vinto e chi ha perso – La Spirale della Deflazione Economica Imposta, gli inganni e il trionfo dei
Neomercantilisti – Scommesse private, rovina pubblica: come gli speculatori tengono in pugno le nazioni – La
vergogna delle privatizzazioni: vincitori e vinti nel saccheggio dei beni pubblici -‐ GATS: un futuro da spavento)
Oltre ogni immaginazione…………… pagina 68
(Il piano portato agli estremi in Europa, le differenze cruciali fra USA e UE – Titoli astrusi e spostamenti colossali
dalla democrazia al Vero Potere: ecco il colpo di Stato finanziario, politico e Neoliberista nella UE – Rendere
illegale la Spesa a Deficit Positiva -‐ I diktat di due colossi Neoliberisti plasmano il futuro dell’Europa)
… e tutti i pezzi del mosaico cadranno nel posto giusto…………… pagina 72
(Due visioni per interpretare gli eventi sociali ed economici contemporanei – Scenari orwelliani per il terzo
millennio – Rendere plausibile l’inimmaginabile – Come siamo ridotti?)
4
E’ fra noi, cari italiani…………… pagina 74
(Chi sei tu che leggi? – Ecco come il piano sta aggredendo l’Italia delle famiglie – Insegnare ai bambini la materia
più importante: saper avere coraggio)
Reagire…………… pagina 76
(Una lezione dalla savana – Perché le persone comuni e la sinistra non sanno capire, e tantomeno fermare, il
piano Neoclassico, Neomercantile e Neoliberista – Ecco cosa fare: la Modern Money Theory è la risposta)
Note…………… pagina 79
Gli economisti consulenti di questo saggio…………… pagina 83
Bibliografia e fonti…………… pagina 83
5
“Le elite sapevano che gli Stati a moneta sovrana avrebbero potuto creare la piena occupazione senza problemi, in tutto il
mondo, ma ciò gli avrebbe sottratto il potere. Dovevamo soffrire.”
Ecco Il Più Grande Crimine.
E’ semplice da capire. Ci fu un giorno di non molti anni fa in cui finalmente, e dopo secoli di
sangue versato e di immane impegno intellettuale, gli Stati abbracciarono due cose: la
democrazia e la propria moneta sovrana moderna. Un connubio unico nella Storia, veramente
mai prima esistito. Significava questo: che per la prima volta da sempre noi, tutti noi,
avremmo potuto acquisire il controllo della ricchezza comune e stare bene, in economie
socialmente benefiche e prospere. Ma questo non piacque a qualcuno, e fu la fine di quel
sogno prima ancora che si avverasse.
Questo saggio vi parla del più grande crimine in Occidente dal secondo dopoguerra a oggi.
Milioni di esseri umani e per generazioni furono fatti soffrire e ancora soffriranno per nulla. I
dettagli e l’ampiezza della loro sofferenza sono impossibili da rendere in parole. Soffrirono e
soffriranno per una decisione che fu presa a tavolino da pochi spregiudicati criminali, assistiti
dai loro sicari intellettuali e politici. Essi sono all’opera ora, mentre leggete, e la spoliazione
delle nostre vite va intensificandosi giorno dopo giorno, anno dopo anno.
La loro operazione su scala globale è definita, per gli scopi di questo saggio, come Il Piano
Neoclassico, Neomercantile e Neoliberista. Sulla loro identità mi dilungherò fra poco, ma
per ora posso dire che sto parlando dei leader dei maggiori istituti finanziari del mondo e
delle corporations di stazza multinazionale, accompagnati da uno stuolo di fedeli pensatori
economici e di tecnocrati. I politici, obbedienti, spesso li seguono a ruota. A volte li sentirete
chiamare “gli investitori internazionali” che si riuniscono in alcuni club esclusivi come la
Commissione Trilaterale, il Bilderberg, il World Economic Forum di Davos, l’Aspen Institute e
altri. Sono coloro che il settimanale The Economist ha di recente chiamato “I Globocrati” (1).
Ma prima di vederli nel dettaglio, assieme alle loro organizzazioni, ai loro sponsor e ai
particolari del loro piano decennale, vorrei offrire al lettore un’idea più precisa del danno che
essi hanno inflitto (e che stanno infliggendo) a milioni di esseri umani qui, nel mondo
occidentale. Lasciatemi dire semplicemente che almeno negli ultimi 40 anni il loro piano è
stato la causa dei seguenti fenomeni (per nominarne solo alcuni):
-
una gran parte della disoccupazione e sottoccupazione che abbiamo conosciuto –
mantenute in vita senza che vi fosse un reale motivo, con le devastazioni sociali che ci
hanno portato;
-
la perenne mancanza di fondi per lo Stato Sociale, cioè dall’assistenza sanitaria alle
pensioni minime e molto altro – con l’enorme espansione delle sacche di povertà
urbana e le migliaia di morti anzitempo che abbiamo sofferto;
-
la discriminazione nell’accesso all’istruzione migliore, dove solo i privilegiati hanno
goduto di reali opportunità – con milioni di nostri giovani consegnati a un futuro
minore e a una vita di frustrazioni;
-
l’erosione dei diritti dei lavoratori e della forza contrattuale sindacale fino a livelli che
sono pochi anni fa sarebbero apparsi inimmaginabili – che ci ha portato all’attuale gara
al ribasso degli stipendi a fronte di uno sfruttamento sempre maggiore sul posto di
lavoro, il tutto peggiorato dalla delocalizzazione dell’occupazione verso Paesi esteri;
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-
i drammi delle generazioni anziane, che sono state dipinte come i capri espiatori per
l’Isteria da Deficit che ha travolto le nostre nazioni – facendo sì che milioni di nostri
pensionati si sentano oggi responsabili per la carenza di mezzi finanziari disponibili
per i giovani;
-
l’impotenza in cui sono stati trascinati gli Stati, ai quali è stata sottratta la sovranità
monetaria e legislativa, cui si aggiunge la messa al margine della cittadinanza. Il tutto
mirato ad impedire alla maggioranza dei cittadini di beneficiare dei legittimi poteri
degli Stati di creare per loro ricchezza – le tragiche conseguenze di ciò e l’incredibile
successo di questa parte del piano Neoclassico, Neomercantile e Neoliberista vi
saranno più chiari in seguito;
-
le privatizzazioni selvagge, divenute una religione economica inattaccabile, che ha
consegnato agli investitori internazionali enormi fette di beni pubblici a prezzi
stracciati – e che ha consegnato anche interi popoli nelle mani di fornitori di servizi
essenziali a caccia di profitti, con conseguenze spesso disastrose per il tessuto sociale;
-
l’enorme espansione di un settore finanziario pericolosamente sotto regolamentato
che oggi ha il potere di creare devastazioni in qualsiasi Stato, frodando milioni di
persone e speculando su crisi economiche create a tavolino;
-
l’attuale crisi finanziaria ed economica mondiale, che sta infliggendo immensi danni
alle piccole e medie imprese, e di conseguenza a intere economie nazionali con masse
di lavoratori a rischio, quando non già rovinati del tutto.
Quanto sopra descritto si è materializzato in un progetto di proporzioni storiche come pochi
prima, architettato con un dispiegamento di mezzi impressionante, quasi impossibile da
concepire per una mente comune, e con una finalità che toglie il respiro solo a considerarla:
La distruzione degli Stati a spesa sovrana, delle leggi, delle classi lavoratrici, e di ogni
virgulto rimasto di democrazia partecipativa in tutto l’Occidente, per profitto.
Fu letteralmente deciso a tavolino, e ci sono riusciti. I sindacati non hanno mai saputo né
capito nulla, poveracci loro, ancor più miseri i lavoratori.
A un livello personale, stiamo parlando di milioni di vite, sogni e speranze castrati o del tutto
distrutti per sempre, qui, nel mondo occidentale. Ma vorremmo mettere subito in chiaro coi
lettori che questa non è una teoria del complotto. Al contrario, i tratti più generici di questo
crimine sono stati oggetto per decenni di libri, dibattiti e saggi, da parte di intellettuali,
attivisti e movimenti assortiti. Ciò che invece non è mai stato reso noto, è questo:
A) CHE L’ATTUALE, APPARENTEMENTE INCONTRASTABILE POTERE DEI “GLOBOCRATI”,
E L’IMMENSA SOFFERENZA CHE HA CAUSATO, SONO IL FRUTTO DI UNA STRATEGIA
LUNGA 75 ANNI, COORDINATA, STRUTTURALE, E SOSTENUTA DA UN’IDEOLOGIA
ECONOMICA PRECISA. E CHE NON SONO, COME SPESSO DICHIARATO, UNA
ABERRAZONE DEL CAPITALISMO.
B) CHE ESISTE UNA DOTTRINA E FILOSOFIA ECONOMICA CHE AVREBBERO POTUTO
EVITARE, E ANCORA OGGI POTREBBERO EVITARE, TUTTA QUELLA SOFFERENZA,
CHE VIENE INVECE RAPPRESENTATA DALLA PROPAGANDA COME IL RISULTATO DI
UNA SFORTUNATA NECESSITA’ DERIVANTE DALLE CRISI GLOBALI. NON LO E’ MAI
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STATA, ALMENO NEGLI SCORSI 40 ANNI. LA VERSIONE ODIERNA DI QUELLA
DOTTRINA E FILOSOFIA ECONOMICA SI CHIAMA MODERN MONEY THEORY (dettagli
in seguito).
C) CHE FU PRECISAMENTE PER DISATTIVARE QUELLA DOTTRINA E FILOSOFIA
ECONOMICA CHE LE ELITE NEOCLASSICHE, NEOMERCANTILI E NEOLIBERISTE
HANNO LOTTATO PER DECENNI, INFILTRANDO LA POLITICA, LE UNIVERSITA’ E I
MEDIA.
D) CHE QUELLO CHE E’ STATO AGGREDITO, E FORSE COLPITO A MORTE, E’ L’ESSENZA
STESSA DELLA DEMOCRAZIA, DEFINITA COME L’ESISTENZA DI STATI SOVRANI CHE
USANO IL LORO POTERE DI CREARE RICCHEZZA PER IL BENEFICIO DEI CITTADINI
E) CHE LE MENTI DI QUESTO PIANO CRIMINOSO STANNO PROPRIO ORA SPINGENDO LE
NOSTRE SOCIETA’ ED ECONOMIE SULL’ORLO DEL BARATRO PER SOLI MOTIVI DI
PROFITTO, CON CONSEGUENZE DRAMMATICHE. DEVONO ESSERE FERMATI CON
UNO SFORZO PER AVVERTIRE IL PUBBLICO, CHE DOVRA’ CHIEDERNE CONTO AI
POLITICI.
Ciò che segue è un saggio su un piano che ha fermato più di duecento anni di progressi
democratici e sociali in occidente e che ha aperto la strada al ritorno a un potere quasi
assoluto delle elite finanziarie e grandi industriali. Ignorare il piano Neoclassico,
Neomercantile e Neoliberista significa in primo luogo non capire la realtà occidentale odierna.
Significa non capire nulla di ciò che guida la mano di governi, l’italiano incluso, totalmente in
ostaggio delle elite. Significa infine non poter far nulla per combattere le scandalose
ingiustizie odierne, ma soprattutto auto destinarci a decenni di ulteriori, inutili sofferenze
nella vita reale di milioni di famiglie comuni.
***
Nota: come leggere questo saggio.
Troverete appena qui di seguito una Parte Tecnica. Essa sarebbe necessaria per comprendere
a fondo quali erano le esatte potenzialità dello Stato a moneta sovrana nel tutelare i suoi
cittadini a scapito delle elite, le quali proprio per distruggere quelle potenzialità hanno
pianificato per 75 anni quanto descriverò di seguito. Ma chi è solo interessato al Più Grande
Crimine che questo saggio rivela, può saltare la parte tecnica fino alle righe in merito ad esso.
Ma sappiate che troverete difficile capire come fu perpetrato.
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PARTE TECNICA (consulenza scientifica a cura degli economisti listati al termine del saggio)
COS’E’ LA MONETA.
Oggi la moneta che circola è un IO VI DEVO emesso dallo Stato per i cittadini. Letteralmente, ogni
monetina, ogni banconota, ogni titolo di Stato e ogni saldo di conto corrente che teniamo in mano è
una promessa dello Stato fatta al cittadino (IO VI DEVO) di corrispondergli un qualcosa in cambio di
quel metallo o di quei pezzi di carta e titoli o della cifra scritta in quel conto corrente. Che cosa lo Stato
si impegni a dovere al cittadino è materia di cui tratto fra qualche riga.
Poi: la moneta sovrana è sempre di proprietà dello Stato che la emette, perché lo Stato crea la moneta
sovrana circolante spendendo PER PRIMO, cioè è l’unico soggetto esistente che ‘monetizza’ PER
PRIMO i beni/servizi circolanti acquistandoli, dopo possono farlo anche i cittadini, ma solo una volta
che lo Stato ha speso per primo originando la moneta. Nel processo di monetizzazione dei beni/servizi,
lo Stato è assistito dalle Banche Centrali (BC), che appunto monetizzano l’atto originario di spesa dello
Stato (dettagli nel capitolo COME SPENDONO GLI STATI A MONETA SOVRANA).
Conosciamo tutti la storiella (falsa) degli antichi che per smettere di scambiarsi pecore con legna o
arance con stoffa o mattoni con ferro, e quindi vivere scariolando masse di beni in giro, decisero di
inventarsi la moneta di metallo, che rappresentava il valore dei beni ed era molto più agile da usare.
Poi sappiamo che a un certo punto furono inventate le banconote, ancora più efficienti, e che si decise
che il denaro in circolazione doveva essere sempre ‘convertibile’ in qualcosa di prezioso e concreto che
gli desse un valore: oro, o altre monete importanti. Fino al 1944 e poi fino al 1971 il cittadino poteva
teoricamente portare le sue banconote in banca, o alla BC, e pretendere che in cambio gli dessero un
pezzetto d’oro di valore equivalente. Questo era un solido sistema per mantenere sia la quantità di
moneta circolante che l’attività delle banche sotto controllo. Infatti tutte le banche dovevano in teoria
garantire di emettere tanto denaro quanto oro possedevano nei forzieri, e non di più. Ma questo
sistema aveva degli svantaggi enormi. C’era il perenne rischio del famoso colpo in banca e di veder
sparire l’oro. Ma soprattutto in caso di crisi economica, se i cittadini si fossero precipitati in massa in
banca per esigere oro al posto delle banconote divenute di poco valore (es. inflazione galoppante), le
banche non avrebbero in realtà mai potuto onorare quelle richieste, perché l’oro non era di fatto mai
pari alla moneta emessa. Ciò procurava automaticamente il fallimento delle banche e anche degli Stati,
cioè quello che oggi si chiama Default. Una catastrofe. Fu così che nel 1944 prima (accordi di Bretton
Woods) e definitivamente nel 1971 (decisione di Nixon) la convertibilità della moneta in oro (il Gold
Standard) fu cancellata.
Oggi le monete più in uso, dollari, sterline, euro, yen ecc. non sono più ‘convertibli’ in alcunché.
Attenzione, si badi bene che ‘convertibili’ non significa che non si possano cambiare in altre monete
per andare in vacanza (es. cambio euro in dollari per andare a New York); significa che il cittadino non
può più ottenere da banche e BC né oro né alcun altro bene concreto in cambio delle sue banconote.
Come già accennato in precedenza, le monete degli Stati oggi si distinguono in sovrane e non sovrane.
Le sovrane devono essere 1) di proprietà dello Stato che le emette; 2) non convertibili, come spiegato
sopra; 3) floating, che significa che le autorità non promettono più di cambiarle a un tasso fisso con
altre monete forti (es. anni fa il pesos argentino era convertibile col dollaro in un rapporto fisso di 1
pesos contro 1 dollaro), e lasciano quelle monete ‘fluttuare’ (floating) sui mercati che ne decidono i
tassi di cambio di volta in volta. Il dollaro, lo yen o la sterlina ad esempio sono sovrane perché
rispettano i tre criteri di cui sopra
La moneta sovrana come dollaro o sterlina è sempre emessa, quindi inventata dal nulla, dallo Stato
che la possiede: quello Stato origina la moneta, e i suoi cittadini possono solo usarla, guadagnandola
o prendendola in prestito. L’euro invece non è moneta sovrana perché nessuno Stato europeo ne è il
proprietario, ed è invece emesso da un sistema di banche centrali, sempre inventandolo dal nulla. Esso
non è originato da nessuno degli Stati dell’Unione Europea, quindi l’euro non è né degli Stati né dei
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cittadini, e sia gli Stati che i cittadini possono solo usarlo prendendolo in prestito o guadagnandoselo.
Questa cruciale differenza è anche all’origine della catastrofe finanziaria europea, un crimine
architettato a tavolino anch’esso. Capirete poi.
Tuttavia, in entrambi i casi, la moneta non è mai dei cittadini privati; ribadisco che i privati possono
solo usarla, prendendola in prestito o guadagnandola. Va compresa questa cosa perché il pensiero
contrario, e cioè che i cittadini o le banche posseggano il denaro, è fonte di innumerevoli
incomprensioni ed errori.
Annotate anche quanto segue, che spiegherò meglio dopo: poiché la moneta sovrana è sempre
originata dallo Stato, che se la inventa di sana pianta, quello Stato può darla o sottrarla a piacimento e
non ne rimarrà mai senza. Non può esaurire la propria moneta, dunque il suo debito è un falso
problema (approfondimento più avanti).
Oggi le maggiori monete non sono convertibili in oro. Ok, ma allora che valore hanno in realtà?
Nessuno, è la risposta. E questo anche per altri motivi. La moneta moderna è emessa in varie forme,
chiamate dai tecnici M1…M2…3…4 ecc., ma tutte queste forme sono o pezzi di carta stampata che
valgono solo il prezzo della carta, o monetine che valgono il misero metallo con cui sono fatte, oppure
altri pezzi di carta da nulla (es. titoli di Stato) o ancora impulsi elettronici emessi da banche e BC, cioè
aria fritta. Sappiate che oggi oltre l’80%-‐90% in media di tutto il denaro circolante al mondo è solo
impulsi elettronici che compaiono sui computer, basta, è nulla di concreto.
Dobbiamo fare un salto di coscienza contro natura per capire cosa sia veramente il denaro, perché non
esiste idea al mondo più cementata nella mente delle persone del fatto che i soldi siano un valore*.
Non lo sono mai in sé. I soldi, la moneta, sono solo un mezzo, che, in rigoroso ordine di tempo, lo Stato
s’inventa per primo, poi se lo inventano le banche e infine tutti lo usano. Il denaro è come un codice di
apertura di serrature, che permette di avere accesso a cose e sevizi, proprio come il codice del
telecomando del vostro cancello automatico. Il denaro, come quel codice, non esiste nella realtà
materiale, esso è impulsi elettronici che viaggiano per banche e computer, oppure è scritto come
codice su dei pezzi di carta (banconote e titoli di Stato), e ha valore solo se ad esso si associa
qualcos’altro, come chiarisco fra un attimo. Ma si badi bene che quanto ho appena affermato non è un
giochetto filosofico sui termini, è immensamente rilevante per capire poi come lo Stato spende, cosa
sono veramente le banche, come gira l’economia.
Vi faccio un paio di esempi per rendere evidente ciò che avete appena letto, e cioè che il denaro di per
sé è solo un codice astratto. Voi andate in banca, e chiedete un prestito di 10.000 euro. La banca vi dice
ok, e vi apre un conto corrente (di seguito c/c) con 10.000 euro. Cosa ha fatto la banca? Ha premuto un
tasto e ha creato un numero elettronico, 10.000, cioè nulla di valore, solo un numero – la banca si
inventa letteralmente quel prestito. Voi a quel punto decidete di prendere quei 10.000 euro e di
restituirli il giorno stesso alla banca. La banca cancellerà con un altro tasto il vostro debito. Nulla ha
guadagnato, nulla avete perso, nulla è mai esistito, anche se c’erano ben 10.000 euro in un c/c a un
certo punto, che a chiunque sembrano una notevole ricchezza. Era aria fritta, in sé, nulla di materiale e
nulla di proprietà della banca, né del cittadino, come invece potrebbe essere una casa o un gioiello che
non si annullano scambiandoseli.
Secondo esempio: immaginate le banche come un sistema unico, che in effetti è ciò che le banche sono.
Il Sig. A va in banca e ottiene un prestito di 10.000 euro. La banca si inventa dal nulla quella cifra, e
apre un c/c per il Sig. A. Il c/c rappresenta il debito della banca verso A (gli dovrà mettere a
disposizione quei soldi). La banca riceve da A una carta con su scritto “devo restituirvi questi soldi”, che
rappresenta il bene che la banca ha in mano in cambio del c/c di A. Situazione: la banca ha dato al Sig.
A dei numeri elettronici creati dal nulla = zero valore, e lui le ha dato un pezzo di carta = zero valore.
Poi A spende quel denaro per comprare un’auto, che invece è un valore concreto, che lui possiede non
la banca. Il concessionario verserà i 10.000 euro del Sig. A creati dal nulla, cioè aria fritta, nella sua
banca, ed essa è costretta ad accettare come validi quei soldi aria fritta inventati da un’altra banca.
Situazione a livello di banche come sistema unico: c’è una banca, quella del Sig. A che è a credito di
10.000 euro (A glieli deve ridare), e ce n’è un’altra che è a debito di 10.000 euro (li deve al
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concessionario che li ha versati). Esiste quindi a livello di sistema bancario un credito che è annullato
da un debito. Pari, nessun profitto per le banche finora, infatti quei 10.000 euro per le banche non sono
nulla, solo impulsi elettronici inventati da una banca e accettati come buoni da un’altra banca. A dovrà
lavorare per restituire quei soldi, ma non lavorerà per pagare la banca, bensì per pagare la sua auto.
Alla banca, attraverso le rate pagate da A, ritorneranno indietro gli impulsi elettronici aria fritta che si
è inventata. Ovviamente, col meccanismo degli interessi si generano altri codici sia per la banca che
per i c/c di A e del concessionario, ma questo di nuovo non è una ricchezza reale, sono solo codici
astratti che possono o non possono essere un bene al netto (se la banca è in passivo anche gli interessi
scompaiono).
Ma allora cosa diavolo dà alla moneta di Stato il suo valore? Cosa la rende così necessaria al punto che
(quasi) tutti lavoriamo come muli per ottenerla? Due sono le risposte:
1) Il fatto che lo Stato accetta solamente la sua stessa moneta come pagamento valido delle tasse e
delle obbligazioni che i cittadini gli devono corrispondere.
2) Il fatto che le BC e le banche commerciali che hanno emesso la moneta di Stato creata dal nulla,
sempre la riconoscono come valida quando gli torna indietro sotto forma di pagamenti dei cittadini.
Ecco cosa oggi dà valore al denaro degli Stati, che altrimenti sarebbe solo cartaccia o impulsi
elettronici da nulla, facilmente sostituibile con altro.
Spiego il primo punto: chiedetevi perché mai così tanti cittadini lavorano sodo per guadagnare la
moneta di Stato, piuttosto che altre monete che si potrebbero inventare. Chiunque potrebbe creare
denaro, ad esempio immaginiamo gli ‘Itali’. Basterebbe stamparli e decidere che da oggi in poi ce li
riconosciamo validi a vicenda nelle vendite e acquisti di beni e servizi. Ma potremmo poi con gli Itali
pagare le tasse, le imposte e tutti gli altri balzelli pubblici e di Stato? No, lo Stato non ce li
riconoscerebbe. E allora ci toccherebbe lavorare metà giornata per guadagnarci gli Itali e metà per
intascare gli Euro che lo Stato riconosce. Un caos. Ecco che allora tutti noi siamo costretti a riconoscere
la moneta di Stato come valido metodo di pagamento del nostro lavoro, e poi anche come valido
metodo di pagamento delle cose che compriamo, poiché chi le vende dovrà anch’egli pagare le sue
tasse/imposte con quella moneta, per cui la necessita. Insomma, la moneta di Stato la necessitiamo
tutti quella dovremo guadagnarci.
Il secondo punto è altrettanto chiaro: siete a cena e pagate con la carta Visa. La Visa riceverà un
assegno dalla vostra banca. Ma quell’assegno è nulla, carta straccia, proprio perché come detto il
denaro in sé non ha valore. Visa lo depositerà in un’altra banca, e ancora quella somma sarà nulla di
valore, solo un numero teorico apparso su un computer. Poi accade che la BC verrà informata
dell’esistenza di quell’assegno versato da Visa nella sua banca, e provvederà ad accreditare a quella
banca l’importo dovuto coi soldi di Stato prelevati dalle riserve della vostra banca. Solo a quel punto il
vostro pagamento sarà ritenuto da Visa valido: è accaduto infatti che il vostro denaro che fu emesso da
Stato e poi anche da banche come aria fritta, è stato però riconosciuto come valido sia dalle medesime
banche ma soprattutto dalla stessa BC, e questo e solo questo gli ha conferito il valore finale, perché
anche in questo caso la BC non avrebbe riconosciuto come valida alcuna altra moneta. Visa è
soddisfatta.
Ecco quali sono quegli ingredienti che se aggiunti all’inerte e nullo denaro gli danno finalmente valore.
E qui rispondo alla domanda posta all’inizio di questa parte: se è vero che la moneta (banconote,
impulsi elettronici, monetine, titoli di Stato ecc.) altro non è che una serie di IO VI DEVO emessi dallo
Stato ai cittadini, cosa è esattamente che lo Stato deve ai cittadini in cambio di quella moneta (cioè
quando i cittadini gliela restituiscono)? La risposta è conseguente a quanto detto sopra nel punto 1: lo
Stato, in cambio della sua moneta, ci deve il nostro diritto di saldare tutto ciò che gli dobbiamo
usando quella stessa moneta. Solo questo. Si potrebbe obiettare che in ciò lo Stato è tiranno, perché
in effetti si inventa una sua moneta, obbliga i cittadini a lavorare per ottenerla col solo scopo di potersi
poi liberare delle imposte che lo stesso Stato gli impone. Cioè lo Stato appioppa a ogni singolo cittadino
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un ‘peccato originale’ (le tasse da pagare) e lo costringe a usare la sua moneta per liberarsi da quel
‘peccato’. Ma non è solo arbitrarietà. Pensateci bene: se non ci fosse questo sistema, chi mai
lavorerebbe per il settore pubblico, cioè statale? Pochissimi. Perché i privati potrebbero inventarsi
altre monete in concorrenza con quelle dello Stato, e in virtù dei maggiori profitti promettere poi
maggiori vantaggi ai cittadini, per cui quasi nessuno finirebbe a lavorare per il settore pubblico e lo
Stato medesimo cesserebbe di esistere. Sarebbe il trionfo dei signorotti locali in stile feudale, cioè
nascerebbero veri e propri Stati privati con monete private entro lo Stato. Un caos. Ma si badi bene che
in virtù degli stessi principi enunciati, anche le eventuali monete private perderebbero ogni valore se
non fossero riconosciute come valide per pagare le inevitabili tasse all’interno di quei mini Stati
privati.
* Cresciamo con un’idea conficcata in testa: il denaro ha valore in sé (sappiamo ora che non è vero),
dunque le banche sono ricchissime. Sbagliato, le banche non sono affatto ricchissime, anzi, nel mondo
degli affari non svettano per profittabilità. So che in questo preciso istante state pensando “follia pura”,
ma non lo è. Il problema è invece l’habitus mentale che abbiamo cementato nella mente secondo cui il
denaro ha valore in sé, ergo chi lo maneggia si arricchisce tanto, e che deriva da una profonda
incomprensione di cosa esso sia. Vi offro una prova al volo: il motivo per cui siamo arrivati alla
terribile crisi finanziaria del 2008-‐2010 è che tante banche commerciali hanno cercato di trasformarsi
in banche d’investimento e hanno preteso poi di fare giochi speculativi azzardatissimi. Ma perché
l’hanno fatto? Precisamente perché i banchieri si resero conto che il business della gestione dei conti
correnti, prestiti/mutui e piccolo risparmio, cioè essere banche normali, era roba di poco conto
rispetto ai profitti di chi giocava in serie A, ovvero gli istituti d’investimento speculativi. Essere banche
commerciali significa infatti gestire il denaro per la vita ordinaria di cittadini e aziende, e siccome quel
denaro non è una ricchezza in sé, pochi sono i grandi guadagni.
COS’E’ IL CONTANTE (CASH).
Nulla è più frainteso nella questione della moneta del contante. Ripeto innanzi tutto che esso
rappresenta solo una piccola parte di tutto il denaro che circola; poi va detto che oggi il contante viene
stampato dalle BC e non più dallo Stato, che stampa solo le monetine. Poi ancora dovete sapere che le
banche moderne non sono più quelle dei film Western, che avevano il caveau stipato di bigliettoni.
Infatti le banche moderne praticamente non hanno contante nelle loro casseforti, se non il minimo per
il funzionamento quotidiano.
Il contante nasce solo quando i cittadini si recano in banca e chiedono di ritirare banconote allo
sportello o al bancomat. Le banconote che le banche gli daranno provengono dalle loro riserve che
sono depositate presso la BC (le riserve sono una specie di c/c che molte banche hanno alla BC). Cioè:
la BC letteralmente spedisce alle banche la quantità di contante richiesto dai clienti allo sportello o al
bancomat, e addebiterà le riserve delle banche per quelle cifre. Le banche addebiteranno a loro volta i
c/c dei cittadini richiedenti quel cash. Questo significa che la BC sta proprio a garantire che vi sia
sempre sufficiente contante disponibile per le richieste dei cittadini. Quando le banche accettano i
versamenti in contanti (es. l’incasso del salumiere), esse spediranno quel contante alla BC che lo
distruggerà e al contempo accrediterà per una cifra uguale le riserve di quelle banche. Perché lo
distrugge? Semplice: perché visto che la BC può stampare denaro di carta a costo irrisorio, gli costa
meno stamparlo al bisogno che tenerne tonnellate ammassate in caveau costosi e rischiosi. Ma ciò che
conta è capire che il contante è sempre gestito alla fine dalle BC, che lo emettono e se lo riprendono
indietro di continuo, nel primo caso addebitando i conti delle banche e nel secondo caso
accreditandoli.
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COME SPENDONO GLI STATI A MONETA SOVRANA.
Gli Stati a moneta sovrana spendono inventandosi la moneta e accreditando con essa i conti correnti di
coloro che gli vendono beni o servizi. Questo procedimento è complesso, poiché le leggi in vigore
l’hanno artificialmente allungato per evitare scorciatoie (percepite, ma che non erano reali) da parte di
governi truffaldini. Prendo come esempio gli Stati Uniti, e illustro come spende il governo di
Washington a esemplificazione generale di come viene usata una moneta sovrana, anche se da nazione
a nazione le cose possono variare nei dettagli.
Il governo USA vuole acquistare una nave da guerra; la prima cosa che fa è controllare sul proprio c/c
presso la FED (banca centrale USA) se vi sono sufficienti fondi. Se ci sono, il governo stacca un assegno
e compra la nave. Se non ci sono allora esso emette dei titoli di Stato per il valore della nave e li vende
a banche private chiamate Special Depositories (parte del sistema bancario privato americano), le
quali mettono a disposizione del governo un c/c con la somma voluta. Attenzione: i titoli di Stato
vanno alle Special Depositories , e non alla FED come erroneamente detto da alcuni.
Normalmente quando una banca privata acquista titoli di Stato, deve pagarli con denaro tenuto nelle
sue riserve che stanno alla FED, ma in questo caso particolare la legge USA permette alle Special
Depositories di prendersi i titoli di Stato senza addebitargli le riserve. Cioè, le Special Depositories
acquistano i titoli di Stato e accreditano il c/c del governo presso di loro con denaro inventato dal
nulla. Le Special Depositories hanno a questo punto un passivo che è il c/c del governo e un attivo che
sono i titoli di Stato. (1 PASSIVO & 1 ATTIVO). Il governo però non può staccare un assegno per
comprare la nave nel nome delle Special Depositories, e deve prima far trasferire il suo c/c delle
Special Depositories alla FED. Le Special Depositories lo fanno, e in questo modo perdono la loro
passività col governo (il suo c/c), ma mantengono l’attivo che sono i titoli di Stato. (0 PASSIVO & 1
ATTIVO). Nel trasferire la cifra di quel c/c alla FED, esse subiscono però un addebitamento nelle loro
riserve da parte della FED. Quindi le Special Depositories recuperano di nuovo un passivo, che è
l’addebitamento delle loro riserve, e rimangono con un attivo che sono i titoli di Stato. (1 PASSIVO & 1
ATTIVO).
Il governo ora può staccare l’assegno dal proprio c/c alla FED e comprare la nave. Il venditore deposita
la cifra presso la sua banca, e siccome quella cifra è denaro dello Stato, la FED accrediterà le riserve
della banca del venditore (che è parte del sistema bancario come le Special Depositories). In questo
modo, la passività del sistema bancario con la FED scompare (quella contratta quando trasferirono il
c/c del governo alla FED), per cui rimangono solo con l’attivo dei titoli di Stato. (0 PASSIVO & 1
ATTIVO)
Cosa è successo? Lo Stato ha speso e alla fine del processo ci troviamo con un bene nelle mani del
governo (la nave) e un bene (i titoli di Stato) nelle mani delle banche. Il bene nelle mani delle banche
non è bilanciato da alcuna passività nel sistema bancario (vedi ultimo punto sopra), per cui la spesa
dello Stato ha creato nella società un cosiddetto ‘bene finanziario al netto’ (si legga ulteriore
spiegazione più sotto). Infatti se il sistema bancario privato ha bisogno di rimpolpare le sue riserve,
può vendere i titoli di Stato ai cittadini o alla FED. Se li vende ai cittadini, essi si arricchiranno, poiché il
loro denaro si sposterà da un c/c bancario dove guadagna quasi zero interessi a una sorta di ‘libretto
di risparmio’ (i titoli di Stato) dove guadagna molto di più. Se li vende alla FED, essa ne ricaverà solo gli
interessi, poiché la FED per ciascun titolo di Stato che acquista dalle banche deve accreditargli la cifra
corrispondente nelle loro riserve, che è una sua passività. Infine non accade affatto che la FED possa
profittare dalla maturazione dei titoli di Stato o dalla loro vendita ai privati. Perché nel primo caso,
anche se lo Stato a moneta sovrana deve pagare i titoli di Stato a maturazione (o gli interesssi), esso
comunque non spende nulla (spiegazione nel capitolo UN DEBITO CHE NON E’ UN PROBLEMA, ANZI),
e poi si noti che il denaro che la FED riceverà sarà lo stesso denaro-‐aria fritta che la FED ha emesso
monetizzando la spesa dello Stato, e che ora si riprende indietro.* Nel secondo caso, idem. L’unico
reale profitto della FED sui titoli di Stato sono gli interessi.
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* Quando la BC compra un titolo di Stato, essa sposta il denaro-‐aria fritta che si inventa dai suoi c/c al
‘libretto di risparmio’ che è il titolo di Stato, ma quando lo vende essa si riprende indietro lo stesso
deanro-‐aria fritta del ‘libretto di risparmio’-‐ titolo di Stato, che ritorna così sui suoi c/c. Nulla di più.
Unico profitto sono gli interessi.
Detto ciò, va sottolineato che un governo con moneta sovrana potrebbe spendere anche direttamente
accreditando i c/c di coloro che gli vendono beni o servizi, e non necessita assolutamente di tasse o di
emissione di titoli di Stato per poter spendere. Può sembrare assurdo dirlo, ma il procedimento di cui
sopra è solo una gimcana – un dettaglio istituzionale -‐ che il governo si auto impone, ma che di fatto
equivale a che il governo si fosse semplicemente inventato i soldi che gli servivano e avesse così
comprato la nave. Va compreso che i governi a moneta sovrana non spendono come i cittadini, cioè
non devono mai, come invece i cittadini, trovare il denaro PRIMA di spenderlo (i cittadini lo trovano
lavorando o facendo prestiti). Essi, ribadisco, se lo inventano di sana pianta e spendono PER PRIMI con
denaro proprio. La cittadinanza, le aziende ecc. non possono in nessun modo ottenere quel denaro di
Stato se prima il governo non l’ha emesso spendendo. Anche nel caso della vendita da parte del
governo a moneta sovrana di titoli di Stato a banche o privati le cose non cambiano; chiedetevi: da
dove proviene il denaro con cui banche o privati acquistano quei titoli? Risposta: sempre dal governo
che spese per primo, sono cioè soldi del governo che tornano al governo, nessuno glieli presta.
Quanto appena detto sarà cruciale più avanti per capire il perché della crisi dell’Euro e molto altro
ancora.
E un chiarimento: avete appena letto che la BC (in USA la FED), è coinvolta nel processo di spesa del
governo con moneta sovrana, e che si “inventa denaro-aria fritta” lungo la via. E’ bene chiarire un po’ di
più il ruolo della BC nella spesa dello Stato a moneta sovrana. Prima di tutto ribadisco che i titoli di
Stato che finiscono nelle mani della BC sono solo quelli che le banche private vogliono vendergli per
aumentare le proprie riserve, ma questo non accade a man bassa, poiché le banche preferiscono
sempre tenersi i titoli di Stato che gli fruttano interessi piuttosto che venderli alla BC e perdere quegli
interessi. Inoltre, ciò che è accaduto nel mondo della finanza negli ultimi 10 anni dimostra che va
sfatata la leggenda secondo cui tutti questi titoli di Stato finirebbero nella mani di banche e BC, infatti
le banche avevano preferito di gran lunga ‘giocare’ con strumenti finanziari assai più esotici e rischiosi
(si sono visti i risultati), e avevano accantonato spesso i titoli di Stato, per cui a loro volta le BC ne
ricevevano molti di meno.
Ma torniamo alla spesa dello Stato: la BC ha il compito di accreditare le riserve delle banche private
quando vi è depositato il denaro speso dal governo (ad es. il denaro che il venditore della nave ha
ricevuto e ha versato sul suo c/c). La BC, proprio in virtù del fatto che in questo caso può inventarsi il
denaro, ha facoltà di accreditare tutte le riserve bancarie che vuole, e questo di conseguenza permette
al governo di spendere quanto vuole, creando ricchezza fra i cittadini e aziende. Cosa significa
“creando ricchezza fra i cittadini”? Ricordate che in precedenza avevo sostenuto che la spesa a debito
dello Stato a moneta sovrana NON è il debito dei cittadini, bensì la loro ricchezza? Eccovi i dettagli.
Il governo a moneta sovrana è l’unica entità esistente che può creare ricchezza al netto nella società o
sottrarla. La crea quando spende appunto, e la sottrae quando tassa. Consideriamo la prima opzione.
Va compreso che nelle relazioni economiche private – cioè dove non c’entra il governo -‐ non viene mai
creata ricchezza al netto, perché per ogni bene finanziario (cioè non case o bistecche, ma denaro) che
appare da qualche parte vi sarà sempre un corrispondente debito: un c/c bancario nuovo sarà infatti il
bene del titolare ma contemporaneamente il debito della banca che lo detiene (che deve quei soldi al
titolare), e sarà denaro che qualcuno ha ricevuto da un altro che se ne è privato; l’eredità della zia è un
bene per chi la riceve ma è un debito della zia che gliela trasmette; i profitti di qualsiasi azienda sono il
bene dell’azienda ma sono l’esborso di chi ha comprato quei prodotti/servizi. Persino il denaro aria
fritta che le banche s’inventano quando fanno prestiti non è al netto, poiché vi corrisponde sempre
l’indebitamento di chi ha contratto quel prestito, ecc. Al contrario, un bene finanziario al netto, che cioè
non trovi nessun corrispondente indebitamento in alcuna parte nella società, viene creato SOLO dalla
spesa del governo a moneta sovrana. Perché? Perché solo il governo a moneta sovrana può inventarsi
il denaro con la collaborazione della BC (che come detto sopra accredita le riserve della banche – e si
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badi: anche le banche inventano il denaro, ma non al netto). Ricordate il governo che compra la nave?
Se usa i titoli di Stato, essi finiranno nelle banche o nelle BC e poi nella mani dei cittadini come bene
finanziario al netto (i soldi degli acquirenti passano da un c/c, a un ‘libretto di risparmio’ che frutta di
più); se il governo direttamente accredita il c/c del venditore della nave senza uso di titoli di Stato,
quel denaro sarà un bene finanziario al netto nelle mani di quel venditore. Ripeto: sono beni cui non
corrisponde alcun indebitamento in alcuno. E di conseguenza se il governo in questione spende
acquistando più di quanto incassa, cioè se versa più denaro al netto fra i cittadini di quanto
gliene tolga con le tasse (se spende a deficit), questo arricchisce la società. Cosa avete appena
letto? Avete letto proprio che il governo a moneta sovrana che spende a deficit, cioè che spende
a debito, crea ricchezza nella comunità (più avanti chiameremo questo tipo di spesa statale Spesa a
Deficit Positiva). Ecco dimostrato che il debito cosiddetto pubblico non è affatto il debito dei cittadini,
anzi, il contrario. Si può infatti affermare che esso è ciò che noi cittadini intaschiamo, non ciò che noi
cittadini dobbiamo a qualcuno.Tenete questo a mente, più avanti vi spiegherà moltissime cose.
Inoltre, la conseguenza logica della sopraccitata equazione secondo cui PIU’ IL GOVERNO A MONETA
SOVRANA SPENDE A DEFICIT, PIU’ ARRICCHISCE I CITTADINI sarà che se il governo decide di
eliminare o pareggiare il deficit (o il debito), esso cesserà automaticamente l’arricchimento dei
cittadini. Questo concetto è di importanza centrale per comprendere l’economia moderna.
E’ importantissimo capire che il governo di cui sopra NON ha limiti in questo tipo di spesa a deficit con
cui arricchisce la società. Si vedrà meglio più avanti, ma lo ripeto qui, che innanzi tutto il debito dello
Stato a moneta sovrana non deve mai essere ripagato se non in minima parte, e anche in quella
minima parte lo Stato non spenderà nulla per farlo; poi, ancora più importante, che la spesa a deficit
dello Stato conterrà l’inflazione perché stimolando la ricchezza nazionale stimola anche la
produttività (inflazione è troppo denaro in giro e pochi prodotti, nda). L’inflazione è in effetti l’unico
limite possibile alla spesa a deficit del governo a moneta sovrana, e vi aggiungo due parole ancora per
tranquillizzare. Essa va tenuta d’occhio di sicuro, ma i limiti odierni imposti agli Stati sono assurdi, e
causa di sofferenze enormi per la popolazione. Codesti limiti furono imposti con la precisa intenzione
di bloccare la libera mano dei governi nella gestione della ricchezza pubblica, e questo coi fini
criminosi che spiegherò nel capitolo IL PIU’ GRANDE CRIMINE. Di fatto, lo Stato a moneta sovrana che
desidera spendere dovrà solo badare che la spesa complessiva nell’economia di casa non superi ciò
che essa può produrre quando è a pieno regime. Se però lo supera, lo Stato dovrà o abbassare la spesa
o tassare i cittadini. In parole povere, siccome l’inflazione nasce dalla presenza di troppo denaro a
fronte di troppi pochi prodotti, se chi li sforna è al massimo della produzione e di più non può, allora è
meglio che lo Stato smetta di sfornare soldi, oppure che ne tolga dalla circolazione tassandoci, così da
mantenere un giusto equilibrio fra la masse del denaro in giro e i prodotti che circolano.
Ma tranquillizzerà ancora di più sapere che la spesa del governo di cui si è trattato aumentando il PIL
del Paese, finisce per aumentare anche le entrate fiscali senza aumentare le tasse (perché un’aliquota
del 30% su un PIL di 2 trilioni di euro è una cifra, mentre la stessa aliquota su un PIL di 2,5 trilioni è
ben altra, nda), che a loro volta diminuiscono il debito, in un circolo virtuoso.
COME SPENDE UN GOVERNO A MONETA NON SOVRANA: LA UE OGGI.
Prendo ad esempio gli Stati dell’Eurozona come tipico esempio di nazioni prive di monete sovrane. Ho
già più volte accennato al fatto che l’euro non è una moneta sovrana e vi ricordo che infatti esso non fa
capo ad alcuno Stato che lo possiede. I 17 Paesi dell’Eurozona lo possono solo usare, non creare.
Dunque, tutto quanto detto sopra, e soprattutto la parte che riguarda la creazione da parte del governo
che spende a deficit di ricchezza fra i cittadini, non si applica più a noi membri dell’Unione Monetarie
Europea (di seguito EMU). Aggiungo che vanno considerati come privi di sovranità monetaria anche
quegli Stati che hanno agganciato la propria moneta a un’altra a un tasso di cambio fisso (es. una loro
moneta viene sempre cambiata per un dollaro USA). Perché? Semplice: quei governi potranno
emettere la propria moneta solo nella misura in cui hanno nelle proprie riserve altrettanti dollari. Se
ne emettono di più, sono soggetti ad attacchi speculativi che li possono costringere ad abbandonare
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quel tasso di cambio fisso, e così falliscono (default). Questo ovviamente limita tantissimo la capacità
di quei governi di spendere liberamente, come invece possono fare (anche a deficit) i Paesi a moneta
sovrana. L’Argentina e la Russia delle drammatiche crisi finanziarie passate erano due casi tipici.
Torno alla UE. Oggi per spendere, Francia, Italia, Grecia, Germania ecc. devono letteralmente andarsi a
trovare i denari come deve fare il comune cittadino. Ricordate che avevo scritto poco fa che “i governi a
moneta sovrana non spendono come i cittadini, cioè non devono mai, come invece i cittadini, trovare il
denaro PRIMA di spenderlo (i cittadini lo trovano lavorando o facendo prestiti). Essi, ribadisco, se lo
inventano di sana pianta.” ? Bene, i 17 Paesi dell’Eurozona sono incredibilmente costretti a cercarsi i
denari per la spesa pubblica in due modi: o tassando i cittadini, oppure chiedendo finanziamenti ai
mercati privati dei capitali che detteranno i tassi d’interesse mettendoci in gara gli uni con gli altri, e
ciò PRIMA di spendere. A questo punto purtroppo i nostri debiti come nazioni sono divenuti
veramente un problema, perché li dobbiamo ripagare ai privati da cui abbiamo preso in prestito gli
euro, mentre uno Stato a moneta sovrana è indebitato unicamente con se stesso ( e NON deve tassare i
cittadini per poter spendere). E soprattutto è evidente che non potendo più noi emettere moneta a
piacimento con cui tranquillamente onorare quei debiti (si legga il capitolo UN DEBITO CHE E’ UN
PROBLEMA, ECCOME), veniamo considerati a rischio di insolvenza dai grandi mercati di capitali, che
perdono la fiducia in noi, ci declassano e ci spediscono dritti in un tunnel soffocante da cui noi nazioni
dell’euro non usciremo più. Ecco le reali ragioni della corrente crisi europea, che non riguarda solo
Grecia e Italia o Portogallo e Spagna, ma assolutamente tutti, Francia e Germania inclusi. Anche questa
infelice condizione, che porta dritta alla distruzione del bene pubblico pur di racimolare denari per
pagare i nostri debiti, fu pianificata a tavolino con l’intenzione di distruggerci come Stati e come
democrazie. Ma questo più avanti ne IL PIU’ GRANDE CRIMINE.
LE BANCHE CENTRALI.
La BC sono uno strumento molto strano nel funzionamento economico degli Stati. Esse devono essere
sempre in parte ‘controllori’ e in parte ‘collaboratrici’ nella gestione monetaria degli Stati. Le funzioni
ufficiali della Banca D’Italia, che ci riguarda da vicino, sono elencate nel suo sito, sono anche specificate
dalla Costituzione e non è necessario che le ricopi. Poi è vero che vi sono apparentemente delle
anomalie statutarie nell’esistenza delle BC di alcuni Paesi, Italia inclusa, ma esse non rivestono
l’importanza che i alcuni gli attribuiscono e lo spiego in breve più avanti. Le vere storture delle BC non
riguardano ciò che tecnicamente fanno, ma come lo fanno e a favore di chi, ovvero l’assenza di un
effettivo potere di controllo democratico da parte dei cittadini attraverso i governi. L’esempio della
FED americana è plateale. Ancora oggi, dopo lo scandaloso salvataggio a suon di trilioni di dollari delle
banche truffatrici, la FED si rifiuta di rivelare persino al Congresso USA a chi ha dato che cosa. Ma
questo non ci riguarda ora.
Come si è visto nel capitolo precedente, nei sistemi moderni lo Stato a moneta sovrana (come USA, GB,
Svezia, ecc.) spende usando sempre in qualche modo la BC, che è deputata alla produzione fisica del
denaro sia cartaceo che elettronico; cioè essa ‘monetizza’ la spesa dello Stato. Ma attenzione: le BC
maneggiano il denaro solo DOPO che lo Stato lo ha emesso/inventato attraverso la sua spesa
(emissione di titoli di Stato o accreditando dei c/c dei cittadini). Cioè, le BC è come se vestissero il
denaro emesso dallo Stato con un abito formale che può essere di carta, o elettronico. Tutto qui.
Dunque le BC non sono le proprietarie delle monete sovrane. Né lo sono dell’euro, che come si è detto
è letteralmente di nessuno, anche se tecnicamente emesso su ordine della Banca Centrale Europea (di
seguito BCE).*
* La BCE è parte di un sistema europeo di BC assai decentralizzato. Infatti la BCE non può emettere
l’euro, né può comprare il debito degli Stati favorendone la spesa. Il potere reale è detenuto dal
Consiglio Direttivo, cioè i 17 governatori delle Banche centrali nazionali dell’Eurozona più i sei membri
del Comitato esecutivo. Sono loro che decidono quanti euro creare e a con che costo del denaro. La
decisione di non comprare debito pubblico è demandata alle singole BC.
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Abbiamo detto che la BC è deputata alla produzione fisica del denaro sia cartaceo che elettronico. Il
motivo per cui le viene affidato tale compito invece che allo Stato (che può solo stampare le monetine)
sta nel fatto che si voleva impedire agli Stati di farsi finanziare la spesa andando a bussare a
piacimento presso le BC facendosi produrre denaro cartaceo o elettronico a casaccio. Per cui si decise
che dovevano esistere dei percorsi di spesa da parte degli Stati piuttosto complessi e che
necessitavano della presenza della BC. Ma questa, si badi bene, fu una scelta politica, non una necessità
di bilancio, infatti abbiamo già detto (e spiegherò più avanti) che lo Stato a moneta sovrana potrebbe
tranquillamente spendere semplicemente inventandosi il denaro e accreditando c/c dei cittadini senza
quasi limiti.
Sempre nel capitolo precedente è stato spiegato come la BC interviene nella gestione delle riserve
bancarie prima di tutto quando lo Stato spende, ma anche in altre istanze. Ora approfondiamo un poco
cosa siano esattamente queste riserve.
La maggioranza delle grandi banche ha riserve tenute in c/c presso la BC del Paese di appartenenza.
Queste riserve hanno alcune funzioni: primo, ogni Stato obbliga per legge le banche a tenere delle
riserve di denaro come contropartita di tutto ciò che prestano (dal 2% al 6% in media); secondo
quando le banche devono pareggiare i conti fra di loro, lo fanno attingendo alle proprie riserve presso
la BC (se banca A stacca un assegno a banca B, pagherà con le sue riserve); terzo, servono come
salvadanai dove le banche attingono per farsi dare dalla BC il contante richiesto dai cittadini (si veda
sopra COS’E’ IL CONTANTE ); quarto, permettono alle banche di far business con gli Stati. Infatti le
riserve bancarie aumentano solo se: il governo spende e accredita i c/c dei privati (più di quanto li
tassi); se le banche vendono i titoli di Stato alla BC in cambio di moneta; se i clienti portano contanti
alle banche; se la BC presta riserve alle banche (quando quelle riserve sono calate troppo). E
diminuiscono solo se: le banche devono pareggiare i conti fra di loro; se comprano i titoli di Stato; se i
correntisti pagano tasse allo Stato; e se essi ritirano contante. Da ciò si capisce che gli ordinari
pagamenti che avvengono fra i cittadini non scalfiscono le riserve, ma sono solo denaro elettronico-‐
aria fritta che gira fra banche su se stesso.
Le BC, quando stampano moneta di carta a costo irrisorio o se emettono moneta elettronica che
viaggia per c/c bancari (cioè moneta-‐aria fritta), sostengono una vera passività. Lo ribadisco qui: la BC
accetta indietro come validi i contanti/moneta elettronica che ha emesso, e accredita il c/c della banca
che glieli ha mandati, cioè è tenuta validare quel denaro ogni volta, ed è questo che essa deve ai
cittadini, è questa la sua passività. Non ci guadagna alcunché in questo processo, oltre tutto, poiché
emette aria fritta e si riprende indietro la stessa aria fritta. Il guadagno della BC sta solo nella sua
abilità di comprare col suo denaro dei beni che fruttino interessi (titoli di Stato), non in quel denaro in
sé.
Ho altresì già scritto che le BC terranno in mano solo i titoli di Stato che le banche commerciali gli
vogliono vendere per rimpolpare le loro riserve; e sottolineo anche che la BC non possono acquistare i
titoli di Stato direttamente dai governi (salvo in situazioni di estrema emergenza), ma solo sul mercato
secondario, cioè comprano titoli già emessi in precedenza. Certe BC possono acquistare i titoli di Stato
direttamente dai cittadini, e in questo modo forniscono di liquidità le banche dove quei cittadini hanno
il loro c/c. Ricordo infine che le BC non promettono più di convertire il denaro posseduto dai cittadini
in oro o altre monete forti.
Ma è utile dire che i proventi principali delle BC sono in genere gli interessi che guadagnano sui titoli
di Stato che acquisiscono in modo indiretto (cioè titoli già in circolazione e non acquistati direttamente
dal governo) e gli interessi che gli derivano dai prestiti che fanno alle riserve delle banche
commerciali.
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COME FUNZIONA IL DENARO NELLE BANCHE COMMERCIALI.
Toglietevi dalla testa che le banche commerciali siano ricche. Non è vero. Come già accennato in
precedenza, se essere banche che prestano, erogano mutui, gestiscono prodotti finanziari di risparmio
e tengono c/c fosse così remunerativo, non avremmo avuto la corsa folle di tutte le grandi banche a
scommettere con la finanza speculativa internazionale (da cui la crisi attuale). Il motivo per cui lo
hanno fatto era proprio che nel business locale non c’erano profitti miliardari, anzi. E poi, come si è
visto, quelli che alcuni chiamano “i grassi banchieri padroni del mondo” sono oggi fra gli imprenditori
più fallimentari del mondo, e sopravvivono solo grazie ai salvataggi dei governi. I dati non mentono: in
Italia i debiti delle banche hanno raggiunto nel 2009 i 718 miliardi di euro, contro i 277 miliardi che è
il loro valore complessivo, e si consideri che il nostro sistema bancario è fra i meno indebitati del
mondo. L’economista americano Nouriel Roubini ha dichiarato l’anno scorso che “praticamente tutto il
sistema bancario USA è già fallito”. Nella lista degli uomini più ricchi d’America stilata da Forbes, non
compaiono banchieri nelle posizioni top, e il sempre menzionato David Rockefeller Sr. si trova laggiù al
147esimo posto e solo grazie all’attività petrolifera, non certo quella bancaria. Coloro che si sono
arricchiti oltre ogni limite non sono i banchieri, sono i loro managers, ma spesso i due gruppi vengono
confusi. Insomma, le banche commerciali manovrano denaro senza navigare nell’oro di altri settori
(petrolio o finanza speculativa o IT), ed è bene capire meglio come gestiscono il denaro. Per
comprenderlo bisogna ritornare con la mente a quel concetto quasi impossibile per noi da recepire, e
che ci dice che il denaro commerciale è solo un codice, non un valore in sé. Come tale, esso viene
inventato dal nulla per permettere all’economia di funzionare. Il lavoro di una banca è in essenza
questo: crea degli attivi sempre bilanciati da passivi -‐ il denaro che la banca presta è l’attivo della
banca ma è il passivo del cliente, e i c/c dei clienti sono l’attivo di questi ultimi ma sono i passivi della
banca che glieli deve. Si pareggiano sempre e infatti gli unici profitti per la banca sono le differenze nei
tassi d’interesse che vengono applicati: cioè, i tassi che la banca offre al tuo c/c saranno sempre
inferiori ai tassi che la banca richiede sul denaro che ti presta. Ma il denaro che la banca maneggia
sono solo impulsi elettronici senza valore che come detto sempre si pareggiano. Vediamo come
funziona in pratica, e replico qui i due esempi citati nel capitolo COS’E’ LA MONETA:
Voi andate in banca, e chiedete un prestito di 10.000 euro. La banca vi dice ok, e vi apre un c/c con
10.000 euro. Cosa ha fatto la banca? Ha premuto un tasto e ha creato un numero elettronico, 10.000,
cioè nulla di valore, solo un numero – la banca si inventa letteralmente quel prestito. Voi a quel punto
decidete di prendere quei 10.000 euro e di restituirli il giorno stesso alla banca. La banca cancellerà
con un altro tasto il vostro debito. Nulla ha guadagnato, nulla avete perso, nulla è mai esistito, anche se
c’erano ben 10.000 euro in un c/c a un certo punto, che a chiunque sembrano una notevole ricchezza.
Era aria fritta, in sé, nulla di materiale e nulla di proprietà della banca, né del cittadino, come invece
potrebbe essere una casa o un gioiello che non si annullano scambiandoseli.
Secondo esempio: immaginate le banche come un sistema unico, che in effetti è ciò che le banche sono.
Il Sig. A va in banca e ottiene un prestito di 10.000 euro. La banca si inventa dal nulla quella cifra, e
apre un c/c per il Sig. A. Il c/c rappresenta il passivo della banca verso A (gli dovrà mettere a
disposizione quei soldi). La banca riceve da A una carta con su scritto “devo restituirvi questi soldi”, che
rappresenta l’attivo che la banca ha in mano in cambio del c/c di A. Situazione: la banca ha dato al Sig.
A dei numeri elettronici creati dal nulla = zero valore, e lui le ha dato un pezzo di carta = zero valore.
Poi A spende quel denaro per comprare un’auto, che invece è un valore concreto, che lui possiede non
la banca. Il concessionario verserà i 10.000 euro del Sig. A creati dal nulla, cioè aria fritta, nella sua
banca, ed essa è costretta ad accettare come validi quei soldi aria fritta inventati da un’altra banca.
Situazione a livello di banche come sistema unico: c’è una banca, quella del Sig. A che è a credito di
10.000 euro (A glieli deve ridare), e ce n’è un’altra che è debito di 10.000 euro (li deve al
concessionario che li ha versati). Esiste quindi a livello di sistema bancario un credito che è annullato
da un debito. Pari, nessun profitto per le banche finora, infatti quei 10.000 euro per le banche non sono
nulla, solo impulsi elettronici inventati da una banca e accettati come buoni da un’altra banca. A dovrà
lavorare per restituire quei soldi, ma non lavorerà per pagare la banca, bensì per pagare la sua auto.
Alla banca, attraverso le rate pagate da A, ritorneranno indietro gli impulsi elettronici aria fritta che si
è inventata. Ovviamente, col meccanismo degli interessi si generano altri codici sia per la banca che
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per i c/c di A e del concessionario, ma questo di nuovo non è sempre una ricchezza reale, sono solo
codici astratti che possono o non possono essere un bene al netto (se la banca è in passivo anche gli
interessi scompaiono).
Possiamo di certo aprire un dibattito sugli interessi richiesti dalle banche, di certo in talune istanze
essi sono scandalosi, e nulla ci impedisce di auspicare legislazioni che ne riducano gli eccessi. Ma da
qui a immaginare un mondo retto da grassi emuli di Goldfinger che posseggono la Terra ce ne passa.
Nel meccanismo sopra descritto vi è un ulteriore passaggio che ostacola l’arricchimento delle banche
che s’inventano denaro dal nulla, ed è il pareggiamento/clearing. Spiego: si era visto che la banca del
Sig. A gli aveva dato 10.000 euro di denaro aria fritta, che però A spese dandolo a un concessionario, e
questi l’aveva versato nella sua banca. Ora, le banche sono tutte collegate e lavorano come sistema
unico, sono cioè come banchetti di un mercato circolare tutti collegati gli uni agli altri. Cosa era
accaduto? Un assegno della banca del Sig. A, o un suo bonifico, erano finiti nella banca del
concessionario. Quest’ultima allora essa busserà alle porte della banca del Sig. A e dirà: dammi il
denaro, pareggiamo. La banca di A dovrà quindi attingere dalle sue riserve presso la BC e dare moneta
di Stato alla collega, poiché le riserve sono sempre obbligatoriamente moneta di Stato e il
pareggiamento/clearing fra banche deve sempre avvenire tramite essa. Ma per una banca questo
attingere alle sue riserve è un passivo. Per cui alla fine le banche devono realmente onorare il denaro
aria fritta che s’inventano, sia riconoscendolo come buono quando lo ricevono da una consorella, sia
facendo poi il clearing quando necessario.
Un altro mito assai comune riguardo al funzionamento delle banche è che esse usino il denaro dei
cittadini per lucrare con altri cittadini, quelli che vanno a prestito o che chiedono mutui. Non accade,
non può accadere. Va compreso che la maggioranza dei depositi bancari da parte dei cittadini
comportano spostamenti di quote delle riserve delle banche da una banca all’altra, come appena
spiegato sopra; ma le riserve delle banche, detenute presso le BC, non possono mai essere usate come
prestiti a ordinari cittadini, e possono solo essere prestate ad altre banche. Quindi non è col denaro
depositato da noi che le banche ‘lucrano’, ma come già detto con denaro inventato dal nulla su
richiesta dei clienti. Infine, togliamoci dalla testa che noi cittadini portiamo in banca il nostro denaro,
come fosse qualcosa di nuovo che ci è cresciuto nell’orto e che noi depositiamo nelle banche. In realtà
quasi tutto il denaro che normalmente movimentiamo (stipendi, rendite, vendite…) non è altro che
denaro già esistente all’interno del sistema bancario e che semplicemente si sposta da un conto
all’altro; quindi a livello bancario aggregato le banche non ricevono nulla di nuovo, non si
arricchiscono con i nostri depositi; e poi quel denaro non è ‘nostro’, sono codici creati dalle banche che
ci passano per le mani e che ci servono a svolgere le funzioni economiche ordinarie.
Sempre nella mitologia del lucro bancario, vi è la convinzione che le banche prima ci strangolino coi
mutui, e poi se questi non vengono onorati arrivino ad impossessarsi di beni immobili a costi
bassissimi. Cioè, vien detto, le banche da una parte lucrano sugli interessi del mutuo, e nel caso in cui il
poveretto non ce la faccia più a ripagarlo, si impossessano della casa a fronte di denaro prestato che si
inventarono dal nulla. I complottisti sostengono che in questo modo le banche stanno acquisendo beni
immobili a man bassa. Non è così, anzi. Prima di tutto abbiamo visto che il denaro inventato dalle
banche finisce poi per essere una reale passività per esse, inoltre possiamo discutere del regime dei
tassi d’interesse, forse sono troppo alti, non sempre (come nel periodo attuale), ma che vi sia un
ulteriore lucro delle banche nel caso in cui si impossessino delle nostre case è del tutto falso. Prima di
tutto esse per riscattare una casa di un proprietario moroso dovranno sostenere spese legali notevoli,
poi spese amministrative, poi pagare le tasse, poi pagare la manutenzione o la ristrutturazione se è
stata danneggiata, poi perder tempo e denaro a gestire il condominio, poi sostenere i costi per
rivenderla… infine il valore ne soffre molto; insomma, per le banche avere a mano immobili così
ottenuti sono solo spese e rogne. Dovete comprendere che le banche fanno denaro, se lo fanno, con la
finanza speculativa, non gestendo mattoni e condomini, non gli interessa. Fra l’altro ogni cifra in
perdita che una banca deve soffrire nell’impossessarsi di un immobile moroso, va a incidere sul valore
al netto di quella banca, col rischio di grossi guai. Non per nulla, pensateci, le banche prima di dare
mutui ci passano alla graticola per essere certe che potremo ripagarli. Se ci fosse questo facile lucro a
impossessarsi degli immobili morosi, le banche darebbero mutui a cani e gatti tutto il giorno. *
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* Questo è accaduto negli USA con la storia dei mutui sub-‐prime, ma in quel caso il piano delle banche
non era di ingozzarsi di case, ma di speculare sulla bolla immobiliare e sul re-‐impacchettamento di
quei mutui da vendere come prodotti finanziari a milioni di gonzi in tutto il mondo.
Ultimo appunto per chiarezza, cui ho già accennato in precedenza. Le banche commerciali acquistano
titoli di Stato solo se devono investire le loro riserve in qualcosa che gli renda un interesse discreto,
altrimenti le riserve se ne starebbero lì a render nulla. Ma in tempi recenti ne hanno acquistati
veramente pochi, poiché preferivano investire in quei famigerati prodotti finanziari fantasiosi che
hanno poi causato la crisi 2008-‐2010.
Ovviamente questi chiarimenti su come funziona il denaro nelle banche commerciali non le assolve da
critiche sui loro mille comportamenti truffaldini. Ci serve solo a capire che cosa sia il denaro
veramente e come viene usato, senza fantasticare di mondi inesistenti.
UN DEBITO CHE NON E’ UN PROBLEMA, ANZI.
La cosa migliore che uno Stato a moneta sovrana può fare per i propri cittadini è di spendere a deficit,
cioè creare debito pubblico. Abbiamo già visto, e qui ne riparliamo, come la spesa a deficit produca
ricchezza fra i cittadini, e come non sia affatto vero che il debito dello Stato a moneta sovrana sia anche
il debito dei cittadini: questa è una menzogna. Nel capitolo IL PIU’ GRANDE CRIMINE dimostrerò che la
sopraccitata menzogna fu creata ad arte dalle elites finanziarie per distruggere gli Stati, con essi noi
persone e le democrazie partecipative. Ma ora parliamo di questo debito.
Innanzi tutto cosa significa. Uno Stato può avere diversi debiti, a seconda del settore economico che si
prende in analisi. Ma i principali sono il Debito Pubblico, il Deficit di bilancio e il Debito Estero. Il
Deficit è la differenza fra la spesa dello Stato e i suoi incassi: se alla fine dell’anno esso ha incassato
meno di quanto abbia speso, allora si dice che c’è un deficit. Il cumulo dei deficit dei trascorsi 70 o100
anni (o più a seconda dei Paesi) forma il Debito Pubblico. Il Debito Estero è la parte del Debito
Pubblico che uno Stato deve a Paesi stranieri per svariati motivi, cioè scambi commerciali, prestiti ecc.
Non si confondano questi debiti statali con l’indebitamento privato di aziende e cittadini all’interno del
Paese o con l’estero.
Il debito di uno Stato a moneta sovrana – com’era l’Italia fino al 2002 -‐ non è mai un vero debito,
ovvero non lo è come invece lo sarebbe per chiunque di noi nel caso dovessimo restituire denaro ad
altri. Questo per alcuni motivi, di cui affronto subito il più tecnico. Cosa accade quando uno Stato a
moneta sovrana spende a debito? Esso può accreditare direttamente i c/c di coloro che gli vendono
beni o servizi, e questo fa sì che le riserve delle banche che detengono quei c/c aumentino di pari
valore. Le banche cosa faranno con quei nuovi soldi? Non li lasciano lì a far nulla, compreranno anche
titoli di Stato che fruttano interessi. Ma se comprano titoli di Stato che accade? Accade che i soldi dello
Stato rientrano dritti nelle casse dello Stato. E cosa accade se lo Stato deve poi onorare quei titoli?
Accade che gli stessi soldi ritornano alle banche e lo Stato si riprende indietro i suoi Titoli. Rimangono
fuori gli interessi pagati nel frattempo, ma anche questi sono solamente soldi che escono dallo Stato a
costo zero, per poi rientrare in altro modo se necessario, ad es. con le tasse.
Se invece lo Stato spende emettendo da subito titoli di Stato, nulla cambia: il denaro originariamente
emesso dallo Stato torna dalle banche allo Stato e le banche si prendono i titoli; quando lo Stato onora i
titoli, il denaro torna alle banche e i titoli tornano allo Stato. Ricordatevi che lo Stato a moneta sovrana
spende e onora titoli semplicemente inventandosi il denaro dal nulla, preme pulsanti su computer, e
NON ha bisogno di cercare denaro da chicchessia. Infatti il motivo per cui esso emette titoli di Stato
NON E’ MAI per poter spendere, bensì per arricchire i cittadini e aumentare la produttività, come già
spiegato in precedenza.
Sappiamo infatti cosa accade quando un cittadino o una banca acquistano un titolo di Stato a moneta
sovrana: semplicemente che il loro denaro passa da un c/c (del cittadino) o da una riserva (della
banca) che fruttano praticamente zero, a una sorta di ‘libretto di risparmio’ (il titolo) che gli frutta
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assai di più. Dovete capire che l’emissione di titoli di debito dello Stato a moneta sovrana – com’era
l’Italia fino al 2002 – è un’operazione volontaria del Tesoro, NON una manovra imposta da necessità.
Ma l’apporto di ricchezza che lo Stato a moneta sovrana contribuisce alla comunità va oltre a tutto
questo, ed è necessario che qui mi ripeta per chiarezza. Infatti se la spesa a deficit dello Stato è ben
diretta, essa produrrà una crescita economica nella collettività (diventerà più ricca e spenderà di più);
questa crescita alzerà il Prodotto Interno Lordo (PIL), che a sua volta aumenterà le entrate fiscali
senza aumentare le tasse, poiché è ovvio che un’aliquota dell’x% su un PIL di 2 trilioni di euro è una
cifra, mentre su un PIL di 2,5 trilioni è ben altra cifra. Questo fin da subito arginerà automaticamente il
deficit in un circolo virtuoso. Ancora più importante, l’indebitamento a deficit dello Stato conterrà
anche l’inflazione perché stimolando la ricchezza nazionale stimola anche la produttività (inflazione è
troppo denaro in giro e pochi prodotti, nda – altri dettagli sul pericolo inflazione nel capitolo COME
SPENDONO GLI STATI A MONETA SOVRANA).
Il secondo motivo per cui il debito dello Stato a moneta sovrana – com’era l’Italia fino al 2002 -‐ non è
mai un vero debito, sta nel fatto che esso non è mai ripagato in realtà. Nessun governo che sia sano di
mente lo fa, perché quando è stato fatto ci si è accorti che i danni erano di gran lunga superiori ai
vantaggi. Chiederete: ma com’è possibile ciò? Come fa lo Stato che ha i titoli in scadenza (qualcuno
reclama i soldi) e non pagare mai? Semplice. Chiediamoci cosa significa onorare un titolo di Stato.
Significa che il possessore si prende gli interessi e alla scadenza anche i soldi che ha investito in quel
titolo. Oppure significa che decide di rinnovare il titolo per altri 10 anni. In quest’ultimo caso, il
governo semplicemente scriverà su un pezzo di carta da nulla ‘Titolo di Stato per 10 anni’, e lo darà al
cittadino. Nulla ha speso, il debito rimane. A livello cosiddetto aggregato, il debito dello Stato viene
sempre rinnovato in questo modo, infatti il debito statale non si riduce mai, lo Stato non lo ripaga mai.
Ma supponiamo che il cittadino invece voglia proprio incassare i suoi soldi. Lo Stato allora
semplicemente scriverà su un altro pezzo di carta da nulla ‘Titolo di Stato per 10 anni’, troverà un altro
acquirente, da esso prenderà il denaro e pagherà l’altro cittadino all’incasso. E così via ogni volta che
qualcuno vuole incassare. Come si vede il debito non si ripaga veramente mai. Riassumendo, lo Stato in
un caso lo rinnova scrivendo pezzi di carta da nulla, nell’altro caso semplicemente passa il denaro di
un tizio/ente a un altro tizio. Nessuno deve pagare alcunché, meno che meno il cittadino per il quale si
tratta, ripeto, di vedere i propri soldi transitare da un c/c a un ‘libretto di risparmio’ (il titolo di St.) che
frutta, oppure ritornare nel proprio c/c dopo aver incassato degli interessi. E gli interessi non pesano
alle casse dello Stato? No, neppure quelli. Lo Stato a moneta sovrana li onora pigiando i soliti tasti che
inventano denaro dal nulla, creando un po’ più di debito che tuttavia crea ricchezza nei cittadini, la
quale ricchezza aumenta il PIL, che aumenta le entrate, che riducono il deficit ecc. ecc. in un circolo
virtuoso. Quando poi i titoli di Stato finiscono alle BC, esse certamente ne trarranno un certo profitto,
ma sono tenute per legge a restituirne un’alta percentuale al Tesoro ogni anno.
Un breve accenno a cosa accade quando, al contrario, uno Stato si mette in testa malauguratamente di
ridurre il debito o addirittura di eliminarlo.*
* Il risanamento del debito pubblico è un mantra ossessivamente ripetuto dai media che deriva, ripeto,
da un piano ordito a tavolino per distruggere gli Stati e i cittadini a vantaggio delle elites del capitale
internazionale, come proverò con fatti e nomi nel capitolo IL PIU’ GRANDE CRIMINE.
Accade ciò che fu visto negli USA del presidente Clinton, che tentò di pareggiare i conti pubblici.
L’America di quegli anni riuscì a fermare l’espansione del debito pubblico, ma il risparmio dei cittadini
crollò -‐ secondo la sopraccitata equazione per cui più c’è debito di Stato e più c’è risparmio dei
cittadini, dando origine a una crisi di indebitamento privato senza precedenti e che porterà poi al
collasso dei mutui e delle carte di credito americani pochi anni dopo. Detta semplicemente, se un
governo a moneta sovrana vuole bilanciare i conti o addirittura azzerare il debito, dovrà tassare i
cittadini più di quanto li arricchisce spendendo; cioè dovrà sottrarre dai c/c dei cittadini più di quanto
vi immette spendendo. Mai una buona idea.
Veniamo all’indebitamento esterno di uno Stato a moneta sovrana. Abbiamo detto che il Debito Estero
è la parte del Debito Pubblico che uno Stato deve a Paesi stranieri per svariati motivi, cioè scambi
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commerciali, prestiti ecc. A patto che il debito estero sia denominato nella moneta sovrana (in dollari
per gli USA, in lire per l’ex Italia, in sterline per la Gran Bretagna ecc.), non esiste problema neppure
qui. Lo Stato lo ripagherà come al solito pigiando un bottone e creando moneta. E’ ciò che accade fra
Stati Uniti e Cina, per esempio. La Cina compra molti titoli di Stato USA perché preferisce investire le
sue riserve in dollari che tiene presso la FED in quei famosi ‘libretti di risparmio’ che fruttano
interessi, piuttosto che averle stagnanti sempre alla FED. Il governo di Washington onora interessi e
titoli di quel debito estero pigiando bottoni al Tesoro. Tutto qui.
Purtroppo però accade che per molti Paesi il debito estero sarà denominato non nella loro moneta
sovrana. Ad esempio la Tanzania avrà debiti esterni in dollari, di sicuro. Questo è un grave problema,
poiché assoggetta quei Paesi al ricatto degli istituti finanziari occidentali, come il Fondo Monetario
Internazionale (che è in pratica una costola del Tesoro USA), portatore di devastazioni indicibili che
meritano approfondimenti seri. In questi casi, una nazione indebitata in moneta straniera ha sempre
l’opzione di emergenza: dichiararsi insolvente e proporre ai creditori di riconvertire il proprio debito
da dollari alla moneta locale. In tal modo potrà poi pigiare i soliti tasti e inventarsi il denaro necessario
a ripagare il debito. Vero è che i creditori faranno di tutto per impedirglielo, e generalmente ci
riescono con l’arma delle minacce diplomatiche e dello spettro della svalutazione, ma si tratta di bluff
in cui i governi debitori cascano. Perché è solo un bluff? Ve lo spiego con detto molto popolare a Wall
Street: “Se tu devi 100.000 dollari a qualcuno, costui ti possiede. Se devi un miliardo di dollari a qualcuno,
sei tu che possiedi lui”. Capito?
Gli increduli che sono arrivati fin qui storcendo il naso nonostante le spiegazioni, osservino cosa
accadde mezzo secolo fa negli USA e cosa è accaduto più di recente in Giappone. Durante e dopo la
seconda guerra mondiale, i presidenti americani Roosevelt e Truman fecero esattamente quanto ho
descritto qui sopra, cioè usarono il debito e il deficit per creare una ricchezza senza precedenti fra gli
americani (beni finanziari al netto) e di conseguenza nel resto del mondo. L’America ha moneta
sovrana. Fu il periodo più prospero che le economie moderne ricordino, e Washington viaggiava con
un deficit di bilancio del… 25% del PIL (sic). Pensate che oggi la Grecia è svergognata per un ‘misero’
13%. Il Giappone negli anni ’90 era messo male, in piena deflazione (pochi soldi in giro e troppi
prodotti invenduti), interessi sul debito al rialzo, e stagnazione. Ha il Giappone mai mancato un
pagamento dei suoi debiti? No. Neppure quando le agenzie di rating l’avevano declassato. Perché non
ha fatto bancarotta? Perché ha moneta sovrana e i mercati sanno che può pagare sempre senza limiti
di spesa pigiando i fatidici bottoni al Tesoro che inventano Yen. Oggi il Giappone ha un debito pubblico
che è del… 200% del Pil, non sto scherzando, cioè il doppio di Grecia e Italia, ma nonostante questo
nessuno sta strillando “oddio!” e nessuno sta strangolando Tokyo con tassi d’interesse alti sui prestiti,
come invece oggi fanno con la Grecia che se vuole denaro deve pagare interessi folli.
UN DEBITO CHE E’ UN PROBLEMA, ECCOME.
Fin qui, ho spiegato cosa sia il debito pubblico per uno Stato a moneta sovrana. Ma noi della Zona
Euro? Noi 17 Paesi dell’eurozona non abbiamo moneta sovrana, come ho già scritto, e allora? Allora
noi siamo nei guai fino al collo. Preciso che questi guai sono poi drammi finanziari per le vite di milioni
di europei, per i loro figli, e di conseguenza per i relativi governi. Questi drammi, come spiegherò nel
capitolo IL PIU’ GRANDE CRIMINE, furono pianificati a tavolino col proposito di distruggerci come
Stati. Ma ora torniamo a noi.
I 17 Paesi dell’eurozona non possono più inventarsi la moneta come usavano fare prima con la lira, il
marco, i franchi ecc. Abbiamo già detto che oggi per ogni centesimo che spendono devono andarselo a
cercare dai privati (i mercati dei capitali), esattamente come il signor Bianchi che deve comprarsi
l’auto nuova. Chi sono questi mercati dei capitali privati? Sono istituti finanziari, fondi pensione,
assicurazioni, banche, fondi sovrani stranieri, governi stranieri, persino individui, i quali però
decideranno i tassi d’interesse a loro vantaggio strangolandoci. Questo prima di tutto distrugge
totalmente la virtuosa equazione della spesa dello Stato come ricchezza dei cittadini, essendo un
deterrente fortissimo alla capacità dello Stato di spendere a deficit. Perché ricordate che si è detto che
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solo un bene finanziario al netto emesso dallo Stato che spende a deficit, cui cioè non corrisponde
alcuna passività in alcun luogo della società, figura come arricchimento dei cittadini (si rilegga la
spiegazione di bene finanziario al netto nel capitolo COME SPENDONO GLI STATI A MONETA
SOVRANA). E’ ovvio che se oggi noi Stati dell’eurozona spendiamo sempre creando un corrispondente
creditore nella società (i privati che ci prestano i soldi), nulla di netto finisce nelle tasche dei cittadini.
In secondo luogo, se il Tesoro o la BC nazionale non possono più inventarsi il denaro, e se appunto lo
devono prendere in prestito dai privati, allora il debito nazionale diventa veramente un debito, e va
ripagato veramente coi soldi dei cittadini, con le tasse, coi tagli allo Stato sociale ecc. Capite il dramma?
Se volete i dettagli tecnici, eccoli:
Primo, diversamente da una BC di uno Stato a moneta sovrana, la Banca Centrale Europea (BCE) non
può ‘monetizzare’ la spesa degli Stati dell’eurozona (lo proibiscono i Trattati di Maastricht e di
Lisbona), che devono appunto rivolgersi ai mercati di capitali privati. Neppure le singole BC nazionali
(come la Banca d’Italia) possono ‘monetizzare’ adeguatamente la spesa degli Stati, non possono, in
parole povere, creare denaro mentre gli Stati spendono per primi tutte le volte che sarebbe
auspicabile. Infatti, se ricordate gli esempi citati nei capitoli precedenti, quando uno Stato a moneta
sovrana spende, accredita c/c di cittadini privati, cioè mette denaro nelle riserve delle banche
commerciali che detengono quei c/c. Ed è la BC che fornisce il denaro in quei casi, ogni volta che lo
Stato desidera. Ma, ad esempio, la Banca d’Italia oggi non può più versare denaro nelle riserve delle
banche italiane ogni volta che il governo lo richiede, cioè non può farlo illimitatamente come accade
negli USA o in Giappone o in GB. Ha dei forti limiti, che stanno nel fatto che essa non sta in cima alla
piramide della creazione del denaro in Italia; sopra di lei c’è la BCE, alle cui porte anche la Banca
d’Italia deve bussare per avere riserve in euro, e quelle riserve possono esaurirsi.
Secondo, come già detto, oggi i 17 Stati dell’eurozona devono pagare gli interessi sul loro debito a dei
privati, e non potendo più pigiare i fatidici bottoni al Tesoro e inventarsi il denaro necessario,
dovranno anche tassare i cittadini. Questo significa che i creditori di fatto influenzano la politica fiscale
di tutti i 17, e credo che vi rendiate conto di quale drammatica perdita di sovranità questo comporti.
Inoltre, è notorio quanto volubili siano le entrate da prelievo fiscale, che non offrono garanzie di
costanza e affidabilità tali da poter onorare debiti importanti.
I mercati finanziari sanno tutto questo e infatti hanno perduto ogni fiducia nel fatto che i 17 Paesi
dell’euro possano sempre saldare i debiti nei tempi stabiliti. Di nuovo: hanno compreso che noi
dell’eurozona non saldiamo il nostro dovuto con moneta propria, ma con moneta presa in prestito da
altri, e se uno deve sempre contare su altri per pagare diviene inaffidabile. Ecco perché le agenzie di
rating ci stanno declassando. E questo cosa significa? Significa che dicono ai mercati dei capitali che
noi siamo debitori a rischio di bancarotta, per cui di conseguenza quei mercati che ci prestano i soldi ci
chiederanno tassi d’interesse altissimi, o addirittura ci porranno come condizione il cosiddetto
risanamento dei conti. Risanamento dei conti = la corsa degli Stati a tagliare tutto ciò che è assistenza
pubblica, settore pubblico e previdenza sociale, con conseguenze catastrofiche per tutti noi, ma…
anche e soprattutto col vantaggio per i medesimi capitalisti di poter poi comprare a prezzi stracciati
ogni sorta di impresa pubblica, servizio pubblico, bene pubblico. Avete compreso bene: la
privatizzazione selvaggia.
L’attuale crisi dell’euro è tutta qui, sta in ciò che avete appena letto, con alcuni addentellati che vale la
pena conoscere per capire il cinismo di coloro che hanno manovrato per farci arrivare a codesto
sfacelo, fonte di lucro immenso per i grandi capitali e di cui parlerò diffusamente nel capitolo IL PIU’
GRANDE CRIMINE. Prendiamo la povera Grecia. Cosa ci hanno raccontato di essa? Che è un Paese
spendaccione, dove la mano statale dei clientelismi e delle prebende pubbliche è fuori controllo, e che
ha talmente esagerato nella previdenza da trovarsi in bancarotta. I quotidiani e telegiornali hanno
martellato questo mantra incessantemente, siamo tutti convinti che quell’esempio sia vergognoso, e gli
Stati più sciuponi come Italia, Portogallo, Irlanda e Spagna (assieme a Grecia soprannominati PIIGS, e
in inglese PIG è maiale…) sudano oggi ghiaccio per il timore di finire come Atene. Ma Atene era
veramente questa pecora nera? No, per nulla. Uno studio degli economisti americani Dimitri B.
Papadimitriou, L. Randall Wray e Yeva Nersisyan, pubblicato dal Levy Economics Institute of Bard
College, ha dimostrato che: il debito greco è dovuto in maggioranza alla recessione economica
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mondiale, cioè calo PIL, calo tasse, e aumento conseguente di aiuti statali ai lavoratori in difficoltà di
cui la Grecia non ha colpa– non è vero che il reddito pro capite greco è alto, ed è invece uno dei più
bassi d’Europa – lo Stato Sociale greco spende pro capite in media 3.530 euro contro i 6.251 della
media europea – i costi amministrativi greci sono inferiori a quelli tedeschi o francesi – la spesa dello
Stato fino al 2005 era sotto la media OECD – la spesa pensionistica era in linea con quella tedesca e
francese, nonostante si favoleggi di pensioni baby elargite come caramelle. Dunque? La realtà è che in
Europa esiste una potenza economica, la Germania, che ha tutto l’interesse a scardinare gli altri Stati
per crearvi poi sacche di povertà e di conseguenza manodopera a basso costo (i dettagli in IL PIU’
GRANDE CRIMINE). Ecco perché Berlino strilla contro la Grecia ‘spendacciona’ soffiando sul fuoco del
suo debito/deficit. Ma in ciò la Germania è anche disgustosamente ipocrita, perché il motivo per cui
essa oggi gode di un’eccedenza di conti correnti (è in attivo) sta proprio nel fatto che vi sono Paesi in
Europa che le comprano le merci a tutto spiano spendendo troppo, fra cui la Grecia.
Questi sono solo alcuni accenni al disastro (creato di proposito) dell’invenzione dell’euro e
conseguente riduzione in sostanziale schiavitù da debito e da mercati di capitali di 17 nazioni europee.
Lo studio di Dimitri B. Papadimitriou, L. Randall Wray e Yeva Nersisyan si chiude come queste parole:
“Nonostante gli sforzi disperati del governatore della BCE Jean-Claude Trichet per mantenere lo show a
luci accese, la disintegrazione dell’euro è solo una questione di tempo. Non dobbiamo consolarci per nulla
con il salvataggio della Grecia, poiché la tragedia generata dalla crisi attuale è solo all’inizio, e segnerà la
morte non solo di una moneta, ma di una visione unitaria dell’Europa”.
In chiusura di questa parte, una precisazione che serve a chiarire un malinteso comune. Si è detto che
uno Stato a moneta sovrana non ha limiti di spesa e non sarà mai strangolato dei mercati dei capitali
privati. Alcuni a questo punto obiettano che “anche l’Argentina e la Russia avevano moneta sovrana,
eppure sono fallite entrambe. Perché?”, e pensano così di aver smontato il costrutto enunciato finora.
No, non smontano nulla e la spiegazione sta in un passaggio già scritto in precedenza che ricopio:
“Vanno considerati come privi di sovranità monetaria anche quegli Stati che hanno agganciato la
propria moneta a un’altra a un tasso di cambio fisso (es. una loro moneta viene sempre cambiata per un
dollaro USA). Perché? Semplice: quei governi potranno emettere la propria moneta solo nella misura in
cui hanno nelle proprie riserve altrettanti dollari. Se ne emettono di più, sono soggetti ad attacchi
speculativi che li possono costringere ad abbandonare quel tasso di cambio fisso, e così falliscono
(default). Questo ovviamente limita tantissimo la capacità di quei governi di spendere liberamente, come
invece possono fare (anche a deficit) i Paesi a moneta sovrana. L’Argentina e la Russia delle drammatiche
crisi finanziarie passate erano due casi tipici”.
COSA SONO LE TASSE? CHI LO SA ALZI LA MANO.
Chiedete a chiunque la seguente cosa: “A cosa servono le tasse?”. La risposta sarà invariabilmente “A
dare denaro allo Stato per il suo funzionamento”. Non è forse vero che è dalle tasse che lo Stato ricava la
spesa per la sanità, scuole, infrastrutture o pensioni? L’allungamento dell’età pensionabile non è forse
giustificato dalla necessità di raccogliere maggior fondi per la previdenza sociale?
La risposta è no, un secco e chiaro no se lo Stato è a moneta sovrana, come gli USA, la Svezia o il
Giappone e l’Italia prima del 2002. Un secco sì per i 17 Paesi dell’eurozona, purtroppo, ma solo da
poco. Milioni di adulti italiani non hanno mai saputo che le loro tasse non sono mai servite allo Stato
per spendere. E così non lo sanno centinaia di milioni di altri occidentali e non. E’ impossibile che le
tasse possano pagare alcunché, visto che sono soldi che il governo a moneta sovrana ha immesso nella
collettività e che poi si riprende indietro in percentuale minore. Non dimenticate mai che le tasse
vanno obbligatoriamente pagate nella moneta dello Stato, che solo lo Stato ha creato, per cui si tratta
proprio di soldi da lui elargiti e che poi gli tornano indietro in parte. Non può in alcun modo poi
rispenderli, la matematica non glielo permette. Cioè, se un negoziante investe 100 e incassa 30, come
fa ad avere alcunché da spendere? Inoltre, poiché il governo a moneta sovrana s’inventa il denaro da
spendere, che senso ha che si complichi la vita per riprenderselo indietro e rispenderlo? Fa prima a
inventarsene dell’altro. Ciò che in realtà accade è questo: lo Stato a moneta sovrana inventa denaro
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spendendo, che poi si riprende (in parte) con le tasse distruggendolo, perché si tratta proprio dei soliti
impulsi elettronici che viaggiano avanti o indietro. Immaginate la spesa dello Stato come un contatore
elettronico: quando lo Stato spende, i numerini corrono aumentando, es. da 234.000 a 234.400 (i c/c
di cittadini si gonfiano); quando lo Stato ci tassa gli stessi numerini scendono ad es. da 234.400 a
234.100 (i c/c dei cittadini si sgonfiano). Semplicemente 300 cifre elettroniche sono sparite nel nulla,
non possono essere spese. Anche nel caso remoto in cui un cittadino pagasse le sue tasse in contanti,
accade la stessa cosa: i contanti finiscono alla BC che li distrugge. Ecco cosa sono le tasse veramente,
denaro che sparisce, null’altro, e certamente non un mezzo per racimolare soldi per la spesa dello
Stato a moneta sovrana.
Ma allora, perché diavolo uno Stato come gli USA o la GB tassano? Perché Roma tassava prima del
2002? Le ragioni erano e rimangono quattro, di cui una merita un approfondimento, ma vediamole. Lo
Stato a moneta sovrana tassa per: 1) tenere a freno il potere economico dei ricchi (non quello della
gente comune). Infatti uno dei pochi mezzi che lo Stato ha per impedire alle oligarchie private di
divenire immensamente ricche e quindi di spodestare lo Stato stesso è di tassarle. Lo fa troppo poco?
Dipende dalle opinioni, ma questo è. 2) limitare l’inflazione. Si è detto che: inflazione = troppo denaro
in giro e troppi pochi prodotti. Se ciò accade, lo Stato tassa, si riprende i suoi soldi elargiti spendendo, e
drena così l’allagamento di denaro per contenere l’inflazione. 3) scoraggiare o incoraggiare taluni
comportamenti. Si tassa l’alcool, il fumo, o l’inquinamento, e si detassano le beneficienze o le
ristrutturazioni, ecc. 4) imporre ai cittadini l’uso della sua moneta sovrana. E’ l’unico modo.
Quest’ultimo va spiegato (in parte già trattato in precedenza, nda), poiché veramente centrale nella
comprensione della moneta moderna. Per fare ciò, sfodero una vecchia storiella, quella del Re che
emette moneta:
Il Re stampa la sua moneta (carta, metallo o altro). Con essa si compra ciò che gli pare, e c’è chi dice
che questo è ingiusto, poiché il monarca guadagna dalla sua moneta senza dare nulla in cambio. Se
questo Re ha un esercito che terrorizza i cittadini ridotti a schiavi, allora l’accusa regge, e il tiranno
imporrà la sua valuta a tutti senza nulla concedere in contropartita, lui se la gode gratis, tutti gli altri
devono sgobbare per averla. Ma se il Re governa una democrazia dove schiavizzare con le armi non è
più possibile, come fa a imporre la sua moneta a tutti? Semplice, lo fa con le leggi, ed esse sanciscono
che quella moneta è la valuta nazionale. Ok, ma anche questo stratagemma non è sufficiente a
garantire che tutti in quel Paese usino sempre la moneta del Re; infatti chiunque potrebbe inventarsi
altre monete locali e sopravvivere senza quasi mai usare quella del monarca. Ma allora perché nei fatti
tutti la usano? Perché il Re, sempre attraverso le leggi, impone a tutti i cittadini le tasse da pagare, ed
esse vanno obbligatoriamente pagate con la moneta emessa dal Re. Il gioco è fatto, e in effetti se così
non fosse, se cioè lo Stato non avesse il potere di tassare con la sua valuta, lo Stato stesso cesserebbe
praticamente di esistere. Siccome tutti abbiamo questo obbligo di legge, conviene a tutti lavorare per
guadagnare e usare la valuta del Re e non quella di altri feudi locali. E cosa ci dà il Re in cambio? Ci dà il
diritto di sbarazzarci dei nostri obblighi finanziari verso di lui con la stessa carta straccia o metallo
povero che ha emesso per primo. Dunque le tasse servono a imporre alla cittadinanza nazionale una
valuta unica.
Sostituite Re con governo/Stato, e capite tutto. Non esiste altro motivo per cui i cittadini debbano
accettare la moneta di Stato, se non le tasse.
Ricapitolando, le tasse dello Stato a moneta sovrana non servono mai a permettere allo Stato di
spendere. Ma come al solito, e di nuovo, la musica cambia del tutto per i governi che non hanno
moneta sovrana… e qui torniamo ai soliti poveri 17 dell’Eurozona. Si è già visto che i 17 non possono
spendere emettendo moneta a deficit senza limiti, proprio perché non posseggono alcuna moneta
(l’euro non è di nessuno letteralmente). Non possono cioè pigiare tasti al Tesoro o alla BC ed emettere
denaro. Per spendere, devono prenderlo in prestito dai privati (si legga il capitolo COME SPENDE UN
GOVERNO A MONETA NON SOVRANA: LA UE OGGI), oppure devono tassarci. Decade perciò nella Zona
Euro il principio per cui non ha senso che uno Stato tassi per riprendersi indietro lo stesso suo denaro
da spendere e che può molto più facilmente inventarsi. Oltre tutto, poiché il debito/deficit dei 17 Paesi
dell’euro ora è veramente un debito (si legga il capitolo UN DEBITO CHE E’ UN PROBLEMA: ECCOME),
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e va ripagato sempre, diventa ancor più impellente per questi Stati trovare il denaro per farlo, e il
prelievo fiscale serve anche a questo, purtroppo. In sintesi: il governo a moneta sovrana non tassa per
poter spendere, perché spende inventandosi il suo denaro; chi invece non ha moneta sovrana non può
spendere inventandosi il denaro e deve trovarlo con le tasse o indebitandosi, ma più si indebita più
deve tassare per pagare i debiti.
LA PIENA OCCUPAZIONE ERA POSSIBILE.
Ci stiamo avvicinando al clou di questo saggio, ma occorre comprendere ancora una realtà economica
di importanza capitale. La piena occupazione -‐ cioè quell’inimmaginabile sogno dove non sarebbero
esistiti uomini o donne privati della dignità del lavoro e del sostentamento dei proprio figli, dove non
sarebbe esista l’umiliazione del lavoro sottopagato, dove i precari/flessibili/a chiamata sarebbero stati
solo un incubo su cui scherzare, dove violenza domestica e alcolismo o droga e delinquenza non
avrebbero mai incancrenito le mura domestiche di un licenziato, dove non sarebbero esistiti bambini
col futuro spezzato da una busta paga scomparsa – beh, quel sogno era possibile, pienamente possibile
nelle economie di tutti i Paesi, ma fu stroncato scientemente proprio per schiavizzare milioni e
controllarli con la sofferenza, col fine di accumulare potere e profitti per pochissimi. Nel prossimo
capitolo su IL PIU’ GRANDE CRIMINE darò conto di cosa ci hanno incredibilmente fatto, ora la
spiegazione dell’assioma di cui sopra.
Il lavoro scientifico in materia economica che offre le basi alla possibilità della piena occupazione è il
merito soprattutto del Prof. L. Randall Wray, docente di economia e direttore della ricerca del CFEPS
all’Università del Missouri Kansas City (USA). Con lui oggi lavorano decine di altri colleghi titolati di
almeno quattro nazioni. Permettetemi di introdurre il tema con le sue parole:
“Se capiamo come funzionano i sistemi monetari, se comprendiamo che il denaro è solo impulsi
elettronici o carte straccia inventati dal Tesoro e dalla BC, allora possiamo dire: il governo a moneta
sovrana può inventasi tutti gli impulsi elettronici che vuole, con essi può pagare tutti gli stipendi che
vuole, comprare tutto ciò che vuole. Possiamo avere la piena occupazione, il business può vendergli tutto
ciò che deve vendere se il governo vuole comprarglielo. Può il governo permettersi queste spese? Certo,
perché il governo non esaurirà mai gli impulsi elettronici, dunque non farà mai bancarotta; preme un
bottone e gli stipendi appaiono sui computer delle banche. L’unico limite è l’inflazione, ma se il governo
spende per aumentare la produttività nel settore privato, allora l’inflazione non è più un problema”.
Queste parole, oltre a lasciare increduli tutti voi, suscitano disapprovazione negli economisti classici
per motivi che vi saranno chiari nel capitolo IL PIU’ GRANDE CRIMINE e che hanno a che fare con le
carriere e il potere. Ma capita che fra i grandi dell’economia qualcuno dotato di libero pensiero riesca a
primeggiare, e fu questo il caso del Nobel Paul Samuelson, che appose il suo marchio di approvazione
alle idee di Randall Wray quando dichiarò che l’attuale terrore del deficit è “una superstizione (…), una
religione arcaica per spaventare la gente con dei miti, affinché si comportino in un modo accettabile dal
sistema civile”.
La prima domanda che chiunque si pone dopo aver letto queste cose è: “Ma se fosse vero che un
governo a moneta sovrana (come era anche l’Italia fino al 2002, nda) può spendere come e quanto gli
pare, e non solo non creare disastri ma addirittura creare piena occupazione e ricchezza, allora perché
non l’hanno mai fatto?”. La risposta è d’obbligo, e di nuovo la formulo con le parole di Wray:
“Non è successo perché innanzi tutto ci sono un sacco di politici ed economisti che non capiscono nulla dei
sistemi monetari, cioè non sanno capire che il denaro è solo impulsi elettronici e carta straccia. Poi ci
sono molti individui nelle posizioni chiave del potere che sono opposti ideologicamente a questa idea,
cioè: vogliono la disoccupazione, gli piace, gli dà schiere di lavoratori a stipendi sempre più ridotti, e
possono competere sui mercati esteri sempre meglio. Ma soprattutto questo, si faccia attenzione: se i
cittadini, che formano gli Stati ed eleggono i governi, si rendessero conto che i governi possono spendere
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quanto vogliono senza limiti di debito, allora il settore pubblico acquisirebbe una percentuale della
ricchezza nazionale troppo grossa”. (grassetto mio, nda)
Ed è appunto successo che dagli anni ’20 dello scorso secolo a oggi il grande capitale abbia ordito un
piano di dimensioni eccezionali proprio per stroncare sul nascere all’interno delle classi politiche,
delle università, nei sindacati e nella popolazione ogni accenno a quella consapevolezza. I fatti, nomi,
date, e prove nel prossimo capitolo. Stiamo sulla piena occupazione ora.
I lettori dovranno a questo punto farsi forza delle nozioni apprese finora, in particolare quelle dei
capitoli sulla spesa dello Stato a moneta sovrana, su cosa sia la moneta e come funzioni il debito
pubblico/deficit di bilancio. Ora spiego come la piena occupazione poteva e può essere una realtà.
Allora: un governo può acquistare tutto ciò che esiste in vendita entro le proprie frontiere, ma anche
all’estero, a patto che sia prezzato nella sua moneta sovrana. L’unico limite alla sua capacità d’acquisto
è ciò che esiste in vendita prezzato in quella moneta, e NON un limite di spesa. Il governo svedese può
acquistare tutto ciò che esiste in vendita in Corone, quello angolano tutto ciò che è in vendita in
Kwanza, quello nicaraguense tutto ciò che è in vendita Cordoba, quello cinese tutto ciò che è in vendita
in Yuan, ecc. Possono emettere la loro moneta sovrana senza limiti e comprare qualsiasi cosa vogliano
se qualcuno gliela vende in cambio di quella moneta, perché come si è già visto il loro debito sovrano
potrà essere sempre ripagato pigiando bottoni al Tesoro o alla BC, e in secondo luogo perché si è già
detto anche che i governi a moneta sovrana possono spendere per primi senza indebitarsi con alcuno.
Possono comprare ciò che vogliono, e questo include anche la forza lavoro. Possono cioè permettersi
di impiegare tutti, ma proprio tutti, i disoccupati; essi infatti saranno più che felici di vendere a quei
governi il proprio lavoro prezzato nelle relative monete nazionali. Basta che i governi “premano un
tasto e gli stipendi appariranno nei computer delle banche”. Ciò significa che nazioni che variano in
ricchezza come gli Stati Uniti e il Marocco potevano e possono entrambi eliminare del tutto la
disoccupazione, e contemporaneamente arricchire il Paese, senza sforare in eccesso i parametri
economici principali. L’Italia dal 1948 al 2002 poteva farlo tranquillamente… pensate solo alle
sofferenze indicibili che stanno scorrendo fra queste parole, vissute da milioni di esseri umani, dalle
loro famiglie, dei loro bambini.
Tecnicamente, e in sintesi, la piena occupazione pagata dallo Stato a moneta sovrana funziona così: il
governo stabilisce uno stipendio cosiddetto di sopravvivenza – esso consente alla persona di
soddisfare pienamente le esigenze di un vivere decoroso in quella data economia. Saranno creati posti
di lavoro e percorsi di formazione al lavoro pagati con quel livello salariale, nei settori che
realisticamente necessitano di presenza umana*, dove lo Stato non risparmierà il meglio del training e
dove vi saranno verifiche severe sulle capacità effettive sviluppate dal lavoratore.
(*Vi sono settori dove il destino della presenza umana è segnato, inutile dimenarsi. Uno di questi è proprio la
produzione di auto, e so di toccare un tasto dolente in Italia. Ma pensate che oggi nella Corea del Sud tutti i nuovi
impianti di assemblaggio auto lavorano al buio, cioè proprio le lampadine sono spente, perché non esistono
esseri umani al lavoro all’interno di quegli stabilimenti, solo robot. Il futuro della metalmeccanica è questo,
inarrestabile, e allora i governi dovranno ricavare dei nuovi settori d’impiego ad alta utilità umana per sopperire
a quelle perdite, come per esempio i lavori di utilità sociale sulla popolazione anziana che oggi quasi non
esistono, o altri simili, per esempio sulla tutela dell’ambiente ecc.)
Il settore privato sarà stretto in una morsa: da una parte gli converrà assumere personale proveniente
dall’impiego/formazione dello Stato perché si tratterà di lavoratori già esperti in quelle mansioni e
‘certificati’, invece che, come oggi accade di frequente, gente assunta quasi alla cieca con curricula
spesso vaghi o deficitari. Dall’altra non potrà più spingere i salari a livelli indecenti come oggi sta
accadendo, poiché perderebbe frotte di lavoratori che emigrerebbero verso l’impiego/formazione
dello Stato. I vantaggi aggiuntivi sono: la fine della disoccupazione con la sua mole devastante di danni
sociali e umani che non dobbiamo neppure menzionare; la rete di sicurezza dell’impiego/formazione
statale in cui i licenziati dal settore privato potranno ricadere con la sopravvivenza garantita, e non
essere considerati quindi ‘parassiti’ di elemosine salariali senza lavorare; una collaborazione fra Stato
e settore privato per permettere a quest’ultimo di rimanere competitivo sui mercati senza creare
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disastri sociali, mentre la cittadinanza gioverà della nascita di una serie d’impieghi ad alta utilità
sociale/ambientale che oggi si stanno rendendo sempre più urgenti. Infine un elemento cruciale che
necessita di una spiegazione.
Ogni anno il World Economic Forum stila una graduatoria delle nazioni più appetibili per gli
investimenti e più competitive nel business; le pagelle sono pubblicate nei suoi Global Competitiveness
Reports. La sorpresa per il lettore è quella di scoprire che per anni, e cioè fino alla catastrofe del crollo
dell’euro, la nazione considerata come il paradiso assoluto degli investitori è stata la Finlandia, cioè
forse il Paese dove le reti di protezione statali sono le più forti del mondo. E nelle 10 posizioni di testa
troviamo ancora oggi 5 nazioni scandinave, sempre quelle dello Stato protettore dei cittadini. Ciò
sorprende, poiché al contrario siamo abituati a sapere che il business corre a investire là dove i salari
sono selvaggiamente bassi, dove lo Stato non interviene a proteggere i lavoratori, dove le
regolamentazioni governative sono inesistenti. Il motivo per cui un covo di falchi finanziari privati
come il World Economic Forum ha premiato un Paese dove la mano dello Stato è onnipresente è
proprio che essa fornisce un ambiente di sicurezza sociale, di stabilità della forza lavoro, e di
benessere generali da garantire agli investimenti di fruttare al massimo. In parole povere: hanno
capito che se chi lavora sta bene anche chi investe ci guadagna, e che la condizione opposta non premia
gli investimenti. Non per nulla la famigerata Cina del lavoro da schiavi figurava l’anno scorso al
ventinovesimo posto. Tutto ciò ci serve a capire che fra i vantaggi della piena occupazione a spese
dello Stato, vi sarà anche un flusso positivo di investimenti, che di nuovo apporteranno ricchezza al
Paese.
Le obiezioni che gli economisti delle destre finanziarie sollevano a questo impianto teorico per la piena
occupazione sono le seguenti, e gli diamo un’occhiata solo per dovere di completezza. Primo, dicono
che un governo non può permettersi un simile esborso; non vero, infatti si è dimostrato in
precedenza che lo Stato a moneta sovrana non ha praticamente limiti di spesa. Secondo, gridano al
pericolo inflazione, poiché le migliori condizioni economiche dei lavoratori li porteranno a
spendere di più, immettendo molto denaro in giro (inflazione = molto $ in giro e pochi prodotti);
come già spiegato più volte in precedenza, l’inflazione è l’unico limite vero alla spesa a deficit ma si
controlla agevolmente con l’aumentata produzione derivante da quella spesa, o tassando. Terzo,
affermano che i Paesi meno ricchi dovranno indebitarsi in dollari poiché i lavoratori meglio
pagati vorranno acquistare molti più prodotti stranieri (cellulari, pc, auto ecc.); può accadere,
ma in quel caso il Paese povero avrà l’opzione di vendere sui mercati la propria moneta sovrana – che
emette a costo zero -‐ in cambio di dollari. Troverà così i dollari necessari a finanziare l’aumento di
spesa, indebitandosi solo con se stesso. Tenete conto che non di rado i mercati di capitali sono
interessati ad acquistare valute di nazioni meno ricche pagandole in dollari, al fine di diversificare gli
investimenti o perché sono importatori di beni da quel Paese, oppure perché credono in un
apprezzamento di quella moneta a breve. Il rischio della vendita della propria moneta per acquisire
dollari è quello della svalutazione, cioè essa crolla di valore, ma di sicuro quel rischio è preferibile alla
classica trappola micidiale del prestito di dollari da parte del Fondo Monetario Internazionale, che
come è noto finirà per divenire di fatto il creditore/padrone di quello Stato, infliggendo sofferenza
inaudite (il terribile capitolo del Debito del Terzo Mondo). Infine, non si comprende comunque la
logica anti-‐umanitaria di chi dice che è meglio per uno Stato avere una massa di disperati senza lavoro
piuttosto che rischiare un indebitamento estero o una svalutazione della moneta. Quarto argomento
contro la piena occupazione è che i tassi di cambio della moneta andranno al ribasso, cioè la
moneta sarà più debole contro le altre sui mercati di cambi. Questo accade per via del solito
aumento di redditi e conseguente aumento di importazioni. Chi importa molto ed esporta poco
‘allaga’ i mercati con la propria moneta più di quanto incassi con altre monete, e così questa
perde di valore. Risposta: prima di tutto domandiamoci se vale la pena avere la disoccupazione con le
sue nefaste conseguenza sociali ed economiche pur di mantenere una valuta forte, che avvantaggia
solo i ricchi che possono così acquistare all’estero a prezzi di vantaggio, mandare i propri figli a
studiare in Svizzera per meno, o speculare sui mercati, mentre l’export di tutto il Paese collassa. Ma si
può rispondere che con la piena occupazione aumenta anche la produzione domestica che diminuirà
non solo l’inflazione ma anche il bisogno di importare da fuori alcuni beni, per cui meno ‘allagamento’
di propria moneta sia all’interno che all’estero; poi, una forza lavoro più contenta e meglio formata
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attirerà gli investimenti in monete forti, che di nuovo diminuiranno il bisogno di usare la valuta di
Stato per l’import. Tutto ciò manterrà una buona stibilità dei prezzi. Quinta e ultima obiezione: il
governo centrale non riuscirà mai a gestire un controllo efficace delle risorse su tutto il
territorio nazionale. La soluzione in questo caso è di de localizzare alle regioni la gestione dei
programmi di piena occupazione, ma solo la parte per così dire anagrafica, non quella dei soldi, che
rimarranno elargiti solo dal governo.
E’ importante capire -‐ anche con la finalità di comprendere meglio uno dei criminosi disegni che
descrivo nel prossimo capitolo -‐ che l’opposizione a questo tipo d’intervento dello Stato a favore dei
disoccupati è, e fu, soprattutto ideologica ed elitaria, e non giustificata da reali danni economici che
quell’intervento abbia mai portato. L’ideologo sciagurato del principio secondo cui meglio avere
lavoratori pagati da fame o addirittura disoccupati piuttosto che avere inflazione (meno stipendi =
meno spesa dei cittadini; meno spesa dei cittadini = meno denaro che ‘allaga’ i mercati e più prodotti
invenduti, quindi meno inflazione, nda) fu l’economista Milton Freedman negli anni ’60. In realtà la
disoccupazione faceva il gioco di ben altri interessi, che volutamente ignorarono le evidenze
economiche e sociali più lampanti, come il fatto che le masse dei disoccupati in primo luogo abbassano
il PIL del Paese, perché tutta quella gente se stesse lavorando produrrebbe ricchezza in più che così
non c’è, e in secondo luogo portano alle piaghe dell’alcolismo, crimine, violenze di ogni tipo, danni alla
salute, che poi costano alla collettività miliardi; infine, è ormai chiaro da decenni che le crescite
economiche forti secondo i modelli privatistici non hanno mai ridotto la disoccupazione, visto che la
forza lavoro è sempre meno impiegata a causa dell’aumentata produttività dei singoli dipendenti e a
causa dell’automazione del lavoro. In parole povere: disoccupati e disperati dovevano esistere perché
faceva comodo a pochi, e non perché non se ne poteva fare a meno
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“Da una parte stiamo riducendo il potere dello Stato e del settore pubblico con le privatizzazioni
e la deregulation (…) Dall’altra stiamo trasferendo molti dei poteri nazionali degli Stati a una
struttura più moderna a livello europeo che aiuta i business internazionali come il nostro”
(dichiarazione della lobby finanziaria ERT alla Commissione Trilaterale nel 2000)
Il Più Grande Crimine, la storia nei dettagli.
(Si ricorda ai lettori che alcuni punti chiave di questo racconto saranno incomprensibili se non si è
prima visto quanto spiegato nei capitoli precedenti)
Conobbi Antonio in un corridoio del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano nel 2000.
Abruzzese, settantadue anni, assisteva la moglie morente che aveva accettato un’ultima
chemioterapia azzardatissima. Antonio parlava con voce afona ma non monocorde, anzi, ti
portava con lui nel racconto, noi stavamo seduti su una panca, i suoi gomiti appoggiati sulle
ginocchia, la testa bassa che solo di rado si girava per guardarmi. Era stato un bell’uomo, io
non vidi mai la sua sposa. Ricordo bene tre momenti di quello scambio. Lui aveva mille volte
pregato la moglie di non andare a lavorare, per i figli soprattutto, ma a pensarci oggi, diceva,
era una premonizione la sua. La donna infatti accettò un posto da operaia in un capannone
che assemblava, tagliandoli, dei lastroni pensanti. Amianto. Ma era il 1971, chi lo sapeva? Se
solo lei l’avesse ascoltato, mi disse Antonio, ma lei sognava il boom economico, non avevano la
lavatrice in casa, i bambini non vestivano come gli altri a scuola, ci voleva quello stipendio in
più, era quel sogno, capite? La seconda cosa che mi è rimasta fu la descrizione di come lui,
operaio a Torino, affittava un posto letto assieme ad altri due, un unico posto letto, perché uno
ci dormiva la mattina, l’altro il pomeriggio, e l’ultimo la notte, a seconda dei turni. Spesso uno
dei tre doveva stare sveglio per forza. La terza cosa: è un grido sordo ma tremendo che
sentivo dentro, che mi scuoteva la testa, perché non è giusto, perché è ignobile che un sogno
così modesto e legittimo si debba pagare con la vita e con così tanta sofferenza. Non solo
quella di oggi, ma anche quella di allora, cioè tutti quei giorni unici e irripetibili in cui quei due
innamorati furono costretti a sentirsi da una cabina telefonica se andava bene, e dove
ciascuno la notte dormiva solo, mai un bacio, mai far l’amore, mai quella voce lì accanto
pronta a sorreggerti quando c’era bisogno. E quei bambini senza padre, che dovevano fare i
conti persino con le merende. Quei bimbi che futuro hanno avuto in quelle condizioni?
Sono milioni, furono milioni. In Italia, in Francia, in Belgio, in Gran Bretagna, ovunque, anche
nel mondo ricco. La donna di Cockfosters, a Londra, che raccolsi in mezzo alla strada lungo la
Mount Pleasant perché stava collassando dal pianto, metà volto tumefatto dai pugni di
qualcuno. L’accompagnai in banca, e dovetti assistere alla scena forse più straziante che
ricordi in tempo di pace. Lei che supplicava un semplice cassiere di estenderle lo scoperto del
conto. Lui in imbarazzo sotto i singhiozzi di lei sempre più insopportabili da udire. La fecero
scortare fuori. Il marito disoccupato da tre anni e alcolizzato la picchiava. Lei ora doveva
tornare da lui. Balbettai di rivolgersi ai servizi sociali… stolto, erano gli anni di Margaret
Thatcher, i servizi languivano dalla fame essi stessi. Immaginare cosa sarebbe stato per lei
rientrare in casa mi era disgustoso; offrii di accompagnarla, mi disse che era inutile, tanto
poche ore dopo sarebbe comunque accaduto. “Abito qui al 119, se hai bisogno vieni a bussare”,
aggiunsi io a quel punto, il suo appartamento nelle Council Houses pubbliche era a pochi
passi, ma nell’anima sperai con tutto me stesso che non accadesse mai. Chi attende con animo
disinvolto la visione dell’orrore? Non so che fine abbia fatto.
Sono milioni, furono milioni. Vissero così e vivono oggi così non per destino di natura, ma per
una decisione presa a tavolino da coloro che fra poco conoscerete. Dovevano soffrire, devono
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soffrire, a milioni, perché dovevano vivere nel bisogno, nella carenza istituzionalizzata,
dovevano lavorare come schiavi, avvelenarsi il vivere e consumarsi nell’invidia dei
privilegiati. Poi morire. Così li avrebbero neutralizzati. Fosse anche per le poche vite citate qui
sopra, i mandanti di un simile crimine, nella realtà esteso a tutto il mondo occidentale,
dovrebbero essere processati in una nuova Norimberga. Ma ciò che hanno ordito è persino
peggiore di quanto vi ho appena accennato. E’ di sicuro il Più Grande Crimine dal dopoguerra
a oggi in Occidente. Eccolo.
Il Tridente che aveva cambiato la Storia.
Se un adolescente mi chiedesse qual è la differenza più marcata fra il mondo antico e quello
moderno, gli risponderei ben lontano dalle ovvietà come la tecnologia. Gli direi che la
differenza cruciale, quella che ha maggiori conseguenze oggi, è che nel mondo antico il Vero
Potere non doveva nascondersi. Oggi invece il Vero Potere è occulto, quasi nessuno lo
conosce, deve nascondersi. Luigi XIV, Richelieu, il Metternich o la Regina Vittoria erano alla
luce del sole, i loro imperi e posizioni erano conosciuti, le loro decisioni venivano enunciate a
gran voce. Ti opponevi? Bastavano truppe e baionette, camere di tortura e corde saponate, la
Cayenna, o le colonie penali negli oceani, e via, sparivi, sparivano in cento, mille alla volta. Ma
non v’era neppure così tanto bisogno di usare la violenza, semplicemente perché il popolo
manco osava immaginare di poter scalfire il Vero Potere. Esso era alla luce del sole.
Nell’epoca contemporanea, invece, il Vero Potere sta nascosto, e ciò che tutti noi abbiamo
memorizzato come il potere -‐ cioè la politica nazionale, gli amministratori, i magistrati, le
caste professionali e persino le mafie – sono solo il ‘Cortiletto del potere’, vale a dire una
rappresentazione fittizia del potere che il Vero Potere ci mette davanti agli occhi affinché tutti
noi guardiamo ossessivamente da quella parte e non dalla sua. Lui, il Vero Potere, deve
operare indisturbato nel silenzio. In metafora, ciò che siamo abituati a riconoscere come il
potere non sono altro che i fuochi fatui, la massa putrescente sta sotto terra, occulta. Ma
attenzione, perché quanto appena detto ha anche implicazioni cruciali per tutta la sfera della
lotta civica, in particolare per l’annosa domanda che tutti ci poniamo dopo essere venuti a
conoscenza di uno scandalo o di un misfatto: “E cosa possiamo farci?”. Perché risulta lampante
che se tutti voi nell’intento di combattere il Sistema venite da decenni dirottati contro un falso
potere, contro un potere da quattro soldi che nasconde dietro di sé il Vero Potere, cosa mai
otterrete? Vanno conosciute le Vere fonti del Potere innanzi tutto, e questo scritto serve anche
a ciò.
Ma veniamo al motivo per cui il Vero Potere oggi si nasconde.
Si parlava dei potentati assolutistici dell’era antica. Sappiamo tutti che a un certo punto della
Storia le idee di un nugolo di uomini ‘illuminati’ scalfirono quello stato di fatto millenario,
lentamente, ma accadde. Non tante idee, solo tre fondamentali: vi sarebbe dovuto essere uno
Stato, un popolo che lo legittimava con libera scelta, e dalle leggi che esso promulgava nel
nome del medesimo popolo. Tutto qui. Tre idee. Stato, leggi e popolo coordinati. Un Tridente,
proprio un’arma con cui ricacciare nel dimenticatoio della Storia migliaia di anni di dominio
assoluto di poche elites su popoli marginalizzati senza speranza. E quell’arma era
potentissima, la più potente arma mai ideata dell’essere umano, perché si badi bene che non
v’è nulla al mondo che uno Stato con le sue regole legittimate da una maggioranza non possa
cambiare, distruggere, fermare, contenere. Nulla in assoluto. Sto parlando della nascita delle
democrazie partecipative, quelle in cui i cittadini partecipavano in numeri variabili, ma
talvolta consistenti, alla vita pubblica.
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E accadde così che per almeno duecento cinquant’anni il Vero Potere arretrò di fronte a quelle
idee, lento ma inesorabilmente, con pause anche devastanti come le grandi guerre, ma furono
solo pause. Si arrivò in tal modo all’alba del XX secolo, il centennio che vedrà il potere del
Tridente arrivare al suo culmine intorno agli anni ’70. A quel punto il trionfo di Stati, leggi e
popoli partecipativi aveva ormai costretto il Vero Potere a nascondersi del tutto. Non era
infatti immaginabile che nella modernità una voce oligarchica con fini di egemonia, di
distruzione del bene comune e della cittadinanza potesse ancora solcare la vita pubblica e
reclamare arrogante ricchezza e privilegi.
Ma già all’inizio di quel secolo, qualcuno aveva iniziato a tramare un cambiamento di
proporzioni epocali: niente meno che la rivincita delle elites di potere per ricacciare a loro
volta Stati, leggi e popoli nel dimenticatoio della Storia. Cioè, distruggere La Gallina dalle Uova
D’Oro che eravamo sul punto di possedere al culmine di 250 anni di lotte sociali che trovarono
il loro apice negli anni ‘70.
La Gallina dalle Uova D’Oro.
C’è qualcosa al mondo che può opporsi alle leggi degli Stati Sovrani democraticamente
legittimati dai loro cittadini? No, nulla può, neppure la più potente elite privata. E cosa
sarebbe accaduto se questi Stati avessero acquisto i mezzi economici per arricchire la
maggioranza dei propri cittadini con, di nuovo, pochissime limitazioni di spesa? Semplice: la
fetta maggiore della ricchezza di quegli Stati sarebbe caduta nelle mani dei loro elettori, e
non sarebbe mai più stata posseduta invece dalle elite private di quelle nazioni. In altre
parole, le elite avrebbero perduto il controllo di una colossale ricchezza, per sempre.
Chiediamoci: c’è mai stata un’epoca in cui gli Stati e i popoli possedettero mezzi economici
così straordinari? Sì, ci fu. Formalmente tale epoca iniziò nel 1971, quando una decisione
unilaterale del presidente americano Nixon mutò radicalmente il sistema monetario
internazionale introducendo la Moneta Moderna nelle nazioni occidentali. La Moneta
Moderna si chiama FIAT (dal latino), ed è definita come moneta sovrana*, floating e non
convertibile che lo Stato semplicemente emette dal nulla. Come ci viene spiegato dalla scuola
di economia della Modern Money Theory (MMT) guidata dal Prof. L. Randall Wray (2), queste
monete davano allo Stato un potere senza precedenti di iniettare ricchezza finanziaria al netto
nel settore non governativo (cittadini + aziende) quasi senza limiti. In altre parole: il governo
poteva spendere a Deficit inventandosi il denaro, e nel fare ciò avrebbe reso più ricco chi lo
riceveva (accreditando i conti correnti dei cittadini e delle imprese che gli vendevano beni e
servizi). Ma veramente più ricchi, cioè più ricchi al netto. Infatti si trattava di denaro nuovo
che veniva creato dal governo e guadagnato dai sopraccitati. Perché si deve capire che il
denaro che circola nel settore non governativo (cittadini e aziende) non è mai denaro nuovo,
ma solo denaro che qualcuno spende e che altri guadagnano; denaro che cambia di mano,
basta. Oppure è denaro creato dalle banche ma che ha sempre un corrispettivo debito di
qualcuno che ne annulla il valore (la banca crea 10 e me li presta, ma io sono in debito di 10,
per cui al netto nella società non c’è nulla). Dunque i governi che usavano la Moneta Moderna
potevano spendere a Deficit in questo modo virtuoso, che appunto aggiunge denaro nuovo al
netto nella società. Questa spesa si chiama Spesa a Deficit Positiva (leggere assolutamente la
nota ** sotto). Essa poteva finanziare la piena occupazione, il pieno Stato sociale, la piena
istruzione, migliori infrastrutture, la crescita produttiva. Il tutto a favore dei cittadini e senza
pericolo di inflazione, per via dell’aumento parallelo di beni prodotti a causa di quei
finanziamenti, né pericolo di eccessivo indebitamento dello Stato (la spiegazione di scienza
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economica a sostegno di queste affermazioni è nella Part Tecnica). Di nuovo: ciò avrebbe
creato strutture sociali dove lo Stato attribuiva grandi quantità di ricchezza finanziaria alla
maggioranza (a scapito delle elite), e dove i lavoratori e i cittadini sarebbero divenuti entità
forti con poteri contrattuali elevati, poiché, come ha scritto l’economista libanese Joseph
Halevi “la vera piena occupazione dà potere; la deflazione, la disoccupazione e i lavoretti precari
rendono impotenti” (3).
Tutto ciò sarebbe stato la Gallina dalle Uova d’Oro per noi gente comune, perché,
ripetiamolo, nulla può fermare le regole fatte da uno Stato sovrano legittimato dai suoi
elettori.
Le elite non potevano permettere che ciò accadesse, ed agirono di conseguenza.
* Ricordo ai lettori una distinzione cruciale. Quando in questo saggio troverete la definizione
‘moneta sovrana’, sappiate che mi riferisco a qualsiasi moneta moderna che
a) è di proprietà dello Stato che la emette, quindi è SOVRANA.
b) Stato e Banche non promettono più di convertirla in oro o altri beni concreti su richiesta
del cittadino (ma rimane cambiabile in altre valute per andare in ferie ad es.), quindi è NON
CONVERTIBILE.
c) le autorità non promettono più di cambiarla a un tasso fisso con altre monete forti (ad es. 1
pesos argentino era cambiato fisso con 1 dollaro USA), quindi è FLOATING.
Riassumendo, la moneta moderna (FIAT) di cui si parla DEVE essere sovrana, non convertibile
e floating, se no NON può essere usata per gli scopi di arricchimento pubblici sopra descritti.
Il dollaro è moneta sovrana, così la sterlina, così lo yen giapponese, e altre. Tutta Europa, fino
al gennaio 2002, ancora possedeva monete sovrane (marco, franco, lira ecc.), che sono poi
scomparse con l’avvento (sciagurato) dell’Euro, che… non è di proprietà di nessuno Stato.
Questo fatto ha cambiato in modo radicale tutte le regole classiche della funzione monetaria
ed economica nell’Europa dei 17 Paesi aderenti alla moneta unica. Al punto che purtroppo
lungo tutta questa trattazione dovremo sempre pensare con due menti, una che considera gli
Stati con moneta sovrana, e una che considera quelli dell’euro. Capirete meglio dopo.
** Prima di continuare, è inoltre essenziale che sia compresa la differenza fra Spesa a Deficit
Positiva e Spesa a Deficit Negativa. Infatti, ciò che le elite di cui trattiamo hanno attaccato è
la Spesa a Deficit Positiva, proprio perché essa arricchisce la gente comune e le piccole/medie
aziende. Quando si parla di Spesa a Deficit Negativa, beh, il loro atteggiamento è a dir poco
ipocrita, come capirete fra un attimo. Ma ora chiariamo la differenza fra i due tipi di deficit. La
teoria economica MMT definisce come deficit positivo la spesa dello Stato che mira a creare
piena occupazione, pieno Stato Sociale, piena istruzione, buone infrastrutture e aumento di
produttività. Tutto questo causa un circolo virtuoso di spesa che non solo arricchirà il settore
non governativo (la gente + aziende), ma che finisce per ripagarsi da solo. Certo, perché
causerebbe una diminuzione della spesa per i costosissimi ammortizzatori sociali, per i danni
della disoccupazione e sottoccupazione nel tessuto sociale (alcolismo, criminalità…), e per il
salvataggio di banche al collasso e molto altro; tutto ciò appunto andrebbe a ridurre il deficit
dello Stato. Ma c’è di più, perché la Spesa a Deficit Positiva aumenta allo stesso tempo le
entrate dello Stato, poiché la maggior ricchezza che circola fra i cittadini significa maggiori
redditi e dunque maggiori entrate del fisco (anche senza aumentare le aliquote). Ancora:
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aumenta la produttività di beni nazionali, dunque minor necessità di importarli pagandoli
spesso prezzi alti, e questo va a correggere la bilancia dei pagamenti in positivo; poi la Spesa a
Deficit Positiva rende il Paese più competitivo, e quindi attira investimenti stranieri, e con loro
l’entrata di valute forti. In ultimo, la Spesa a Deficit Positiva controlla anche l’inflazione, grazie
all’aumento di produttività che mantiene sotto controllo la massa di moneta circolante.
Ma al contrario, la Spesa a Deficit Negativa è un disastro. Essa spesso deriva paradossalmente
proprio dall’accanimento delle elite Neoclassiche, Neomercantili e Neoliberiste nel pretendere
che gli Stati riducano i deficit. Poiché quando uno Stato è costretto dal quell’accanimento a
tagliare la Spesa a Deficit Positiva, immediatamente tutto il settore non governativo si
impoverisce. Questo lo costringe a cadere in un circolo vizioso di deflazione economica, che
significa meno consumi, che significano meno vendite per le aziende, che quindi licenzieranno
e precarizzeranno. Ciò costringerà lo Stato ad aumentare la spesa per gli ammortizzatori
sociali descritti sopra, mentre contemporaneamente diminuiscono le sue entrate attraverso
un calo del gettito fiscale e degli investimenti stranieri. Ma vi sarà anche una perdita di fiducia
in quello Stato da parte dei mercati, con altre conseguenze economiche negative o
drammatiche.
Si badi bene. Anche se, sulla carta, le elite Neoclassiche, Neomercantili e Neoliberiste
condannano ogni forma di deficit, in realtà esse ipocritamente ci nascondono che l’unico
deficit negativo è proprio quello che deriva dalle loro rigide prescrizioni economiche, che oggi
tutti i governi seguono alla lettera.
Come si diceva, agli inizia degli anni ’70 le immense potenzialità sociali della Spesa a Deficit
Positiva fecero capolino in alcuni Paesi avanzati, causando il panico nelle elite del potere
finanziario e grande industriale. Era questo il periodo in cui le idee partorite dagli Illuministi e
sviluppate molto oltre sembravano dover raggiungere il pieno successo, sostenute da un
consenso popolare in continua crescita. Alle elite apparve chiaro che gli Stati democratici si
stavano rapidamente avvicinando al momento in cui avrebbero potuto veramente controllare
la maggior parte della ricchezza mondiale (in realtà, e come vedremo, questa consapevolezza
già preoccupava le elite negli anni ’30). Un simile sviluppo era per loro inaccettabile, e per
questo motivo i “Globocrati” decisero di agire. Il loro piano si articolò in quattro direzioni:
1) Il potere di spesa sovrana degli Stati doveva essere distrutto, assieme alla loro
facoltà di usare tale potere per fini sociali e per dar forza alla cittadinanza.
Parola d’ordine: distruggere la Spesa a Deficit Positiva.
2) Anche la sovranità legislativa degli Stati doveva essere limitata, per evitare che
essi cementassero in leggi inattaccabili la Spesa a Deficit Positiva per il beneficio
dei cittadini.
3) Gli stessi cittadini dovevano essere messi da parte, resi apatici ed incapaci di
opporsi al potere, e ancor meno di capire le potenzialità sociali della Spesa a
Deficit Positiva dei loro Stati sovrani.
4) In ultimo, dalle ceneri di intere nazioni disabilitate dal successo del loro piano, le
elite avrebbero ricavato non solo il controllo della fetta maggiore della ricchezza
mondiale, ma anche super profitti in finanza ed export.
In altre parole: la nostra Gallina dalle Uova d’Oro doveva essere del tutto distrutta. E lo fecero.
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Le idee.
Sono le idee che permettono l’ottenimento del potere, in questo caso la sua riconquista. Le
elite si armarono dunque di una serie di idee sofisticate. Forse non vi sarà chiaro da subito, ma
i concetti che seguono stanno alla radice di ogni singolo male sociale ed economico che ci
affligge da almeno quarant’anni. Le più rilevanti fra queste idee furono:
IL DENARO NON DOVREBBE FIGURARE COME STRUMENTO CENTRALE PER IL
FUNZIONAMENTO DELLE ECONOMIE.
Presero in prestito questo dogma dal lavoro degli economisti Neoclassici, quelli che
sostenevano che il Mercato avrebbe sempre fornito l’equilibrio perfetto di domanda e offerta
di beni, e che avrebbe perciò sempre stabilito il prezzo giusto per ogni cosa. Il denaro non
figurava nel loro modello. Ma notate che anche qualcos’altro non figura in questo modello: lo
Stato e il suo potere di gestire una politica monetaria. Non per nulla. Era il sogno delle elite: lo
Stato tolto di mezzo, e il loro Mercato come governo supremo di tutta la vita economica.
Spinsero questa idea al punto da creare uno stereotipo che definì gli Stati, o più precisamente
i governi, come qualcosa di ingombrante piantato nel mezzo di una macchina perfettamente
funzionante che avrebbe beneficato tutti: il Mercato. E’ da ciò che l’attuale mantra di ridurre le
dimensioni dei governi prese origine, per essere poi raccolto da altri lungo la via. Gli
accademici che prestarono queste idee alle elite furono: Dennis H. Robertson, Gerard Debreu,
Kenneth Arrow, Frank Hahn e i pensatori politici Neoliberisti in generale.
Un’altra idea che le elite adottarono con vigore fu che
I RISPARMI DEVONO SEMPRE VENIRE PRIMA DEGLI INVESTIMENTI, E MAI VICE VERSA.
Il padre di questa regola fu l’economista inglese David Ricardo (1772-‐1823). Tradotta in
pensiero moderno, essa fornì il razionale per l’attacco delle elite contro la spesa dello Stato
per il beneficio dei cittadini. Infatti esse argomentarono che
IL BILANCIO DEGLI STATI E’ PROPRIO COME QUELLO DELLE FAMIGLIE, E, PROPRIO COME
FANNO LE FAMIGLIE SAGGE, ANCHE GLI STATI DEVONO GUADAGNARE DI PIU’ DI QUELLO CHE
SPENDONO. DOVRANNO SEMPRE PRIMA GUADAGNARE (RISPARMIARE), E SOLO DOPO
SPENDERE (INVESTIRE).
Questo semplice teorema economico è dotato di una straordinaria efficacia perché è logico e
ha convinto tutti, dal pubblico ai politici. Peccato che fosse tutto sbagliato, specialmente da un
punto di vista contabile: una famiglia deve risparmiare più di quanto spende semplicemente
perché non può creare il proprio denaro; lo deve guadagnare o prendere in prestito, e dunque
sarà meglio che la famiglie metta da parte un gruzzolo prima di spendere e che non si indebiti
troppo. Ma uno Stato a moneta sovrana non ha nessuno di questi problemi, esso crea il
proprio denaro dal nulla e in realtà deve spendere più di quanto incassi tassando se vuole
arricchire i cittadini e le aziende, come già spiegato prima. Eppure nonostante questa verità
contabile, il mito che “lo Stato è come una famiglia” si sparse come un virus. Ecco come nacque
il mantra di dover sempre pareggiare i bilanci, di mai spendere a deficit, di tagliare la spesa
dello Stato. Ecco come è nata l’odierna Isteria da Deficit, e naturalmente tutto ciò ha giocato a
favore delle elite poiché paralizzò intellettualmente i governi e gli impedì di spendere a deficit
tanto quanto necessario per arricchire e tutelare il pubblico.
E se a questi paradigmi aggiungiamo l’odierna falsificazione su cosa siano le tasse, le cose
peggiorano ulteriormente. Infatti in coppia con l’inganno de “Lo Stato deve spendere come fa
una famiglia”, giunse l’altra menzogna secondo cui le tasse sono denaro che lo Stato raccoglie
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dai cittadini per poterlo poi spendere (sanità, scuola, pensioni…). Questo, con moneta sovrana,
è falso. Le ragioni sono complesse (4) e le abbiamo viste nella Parte Tecnica, ma vi basti sapere
che un governo con moneta sovrana crea il denaro apponendo firme a pezzi di carta
(banconote/titoli di Stato) oppure a trasferimenti di denaro elettronico. Può mai esaurire le
proprie firme? Ha per caso bisogno di tassare la gente per riprendersi indietro quelle firme
che può creare a piacimento? Ovviamente no. Deve solo stare attendo a non emettere troppo
denaro perché potrebbe causare inflazione, ma di certo non ha bisogno di venire a
prenderselo bussando alla nostra porta (le tasse). Ma attenzione, perché una cosa le tasse
fanno di sicuro: esse fanno calare i conti correnti dei cittadini. E ora mettiamo insieme le due
mistificazioni di cui sopra, cioè “Lo Stato deve guadagnare più di quanto spenda” (dunque deve
tassare i nostri conti correnti più di quanto li accrediti) e “le tasse sono denaro che lo Stato
raccoglie dai cittadini per poter poi spendere” (e di nuovo deve pescare dai nostri conti
correnti)… Non ci vuole un genio per capire che questa è la strada più breve per impoverire
milioni di contribuenti/cittadini/aziende, e la strada certa per strangolare la Spesa a Deficit
Positiva che si basa proprio sullo Stato che spenda di più di quanto ci tassi.
Peccato che ciò abbia piagato le vite di milioni di persone comuni e di lavoratori, di piccole e
medie aziende, aggredendone i diritti sociali e la sopravvivenza economica, che dipendevano
proprio dalla Spesa a Deficit Positiva per essere tutelati. Infatti questa ideologia che ha reso
peccato mortale qualsiasi spesa a deficit per lo Stato sociale e per la piena occupazione è lo
strumento fondamentale del piano delle elite di cui tratta questo saggio. La deflazione dei
diritti e degli stipendi di chi lavora, la dilagante disoccupazione e sottoccupazione che
abbiamo oggi sotto gli occhi, sono il risultato di questa serie di principi. I maggiori predicatori
moderni di “Lo Stato deve spendere come fa una famiglia” e della Isteria da Deficit sono stati gli
economisti Robert Lucas, Tom Sargent, Neil Wallace (scuola New Classical), Jude Wanniski,
George Gilder (Supply Siders), Greg Mankiw (New Keynesian conservatore), Carmen Reinhart
and Kenneth Rogoff, ma naturalmente vi hanno aderito quasi tutti gli economisti e i politici.
Di seguito venne un’altra idea fondamentale:
L’INFLAZIONE, CHE E’ L’INCUBO DI TUTTE LE ECONOMIE, PUO’ ESSERE LIMITATA
CONTROLLANDO L’EMISSIONE DI DENARO ED EVITANDO LA PIENA OCCUPAZIONE.
Il primo concetto può apparire in teoria come plausibile, il secondo un po’ meno. Tuttavia
Milton Friedman, assieme alla sue nota Scuola di economia di Chicago e ai colleghi Carl
Brunner e Alan Greenspan, diffuse queste idea con, di nuovo, un fine preciso: impedire ai
governi di usare liberamente la loro emissione di denaro sovrano per una Spesa a Deficit
Positiva che creasse la piena occupazione. Questi economisti ignorarono, convenientemente, i
benefici comprovati dei deficit positivi e della piena occupazione e il fatto che anche in loro
presenza si può controllare l’inflazione in diversi modi (5). Perciò ottenerono che i lavoratori
non fossero mai posti in una condizione di forte potere contrattuale con una occupazione
piena, stabile e con buoni salari.
Di conseguenza, e poiché uno dei target da colpire nella riscossa delle elite erano proprio i
lavoratori moderni e i loro diritti avanzati, dovettero ripescare dal passato un altro dogma
economico sacro:
ABBASSANDO GLI STIPENDI SI OTTIENE LA PIENA OCCUPAZIONE.
Questa è una delle teorie economiche più devastanti che le elite riuscirono a imporre ai vari
livelli di governo in tutto il mondo. Fu proposta in origine dall’economista A. Cecil Pigou nei
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primi del novecento, ma fu poi ripresa in era moderna da altri suoi colleghi come Gerard
Debreu, Kenneth Arrow, Frank Hahn della scuola Neoclassica, e poi dalla scuola Austriaca di
Ludwig Von Mises e Friedrich Hayek, dai New Keynesians come Greg Mankiw, e dagli
strateghi Neoliberisti, fra cui gli italiani Alesina, Stagnaro, Mingardi, Savona e altri. Tutti
costoro argomentarono che un’azienda assumerà più facilmente i lavoratori se potrà
abbassare il costo dei salari. Ma ciò ignora di proposito uno dei più noti paradigmi economici,
che dimostra che se si abbassano i salari si abbasserà anche il livello dei consumi degli
stipendiati e questo ridurrà le vendite delle aziende con il crollo dei loro profitti, che di
conseguenza causerà licenziamenti e cassa integrazione. Cioè l’esatto opposto di ciò che
questi economisti prevedevano che sarebbe accaduto. Ma allora, erano così stupidi da non
capirlo? Ovvio che no. Non dimentichiamoci che le elite di cui parliamo in questo saggio
appartengono soprattutto al settore mega-‐industriale e ai giganti finanziari internazionali. A
costoro importa nulla del destino delle piccole e medie aziende, e al contrario sono ben felici
di pescare in una massa enorme di disoccupati e sottoccupati alla disperazione e dunque
pronti ad accettare qualsiasi stipendio pur di lavorare. Questi sfortunati formano una nuova
“armata di riserva dei disoccupati” (Marx) che permette alle elite di produrre a costi stracciati
anche qui nelle nazioni ricche e quindi di poter competere sui mercati dell’export
internazionale. E’ proprio questo l’elemento Neomercantile del piano, è questo che si intende
per Neomercantilismo. Infine, e ci si arriva facilmente, è chiaro che il dogma di abbassare gli
stipendi costituisce di nuovo un altro impedimento per i governi che avrebbero voluto
applicare la Spesa a Deficit Positiva per ottenere la piena occupazione e stabilire in tal modo
standard più alti per i salari minimi.
Come già accennato, uno dei target più complessi che le elite dovevano colpire e controllare
era il potere legislativo degli Stati sovrani (quelli occidentali, poiché il pieno controllo del
Terzo Mondo non era un problema). In ciò le differenze fra USA ed Europa erano cruciali. Gli
Stati Uniti presentava un singolo governo con un’autorità economica centrale, mentre la UE
era un conglomerato di genti e culture diverse, e di governi spesso assai litigiosi fra di loro.
Cioè assai più complesso da controllare e sfruttare. Il processo di colonizzazione dell’America
politica attraverso le idee sopraccitate poteva avvenire (ed avvenne) per mezzo di uno sforzo
lobbistico e finanziario coordinato su larga scala. Un identico tentativo fu ritenuto troppo
complicato e dispendioso se applicato all’Europa. Per cui questa è l’idea con cui agirono:
CI SARA’ UN’EUROPA UNITA GOVERNATA DA FUNZIONARI NON ELETTI E CONTROLLATI DA
UNA RETE DI LOBBY FINANZIARIE E INDUSTRIALI. QUESTI FUNZIONARI NON ELETTI
EMETTERANNO LEGGI CON POTERE SOVRANAZIONALE IN MODO DA SOTTRARRE IL
POTERE REALE AI PARLAMENTI NAZIONALI. QUESTA NUOVA EUROPA SARA’ DOTATA DI
UNA UNIONE MONETARIA TOTALMENTE FUORI DAL CONTROLLO DEI GOVERNI SOVRANI E
PRIVA DI UN’AUTORITA’ ECONOMICA CENTRALE.
Questa truffa fu ‘venduta’ agli elettori europei come un passo verso un futuro economico più
brillante e un’Europa più civile. Nella UE la creazione dei trattati di Maastricht e di Lisbona –
ratificati in legge nazionale da tutti gli Stati – ne ha di fatto abolito la sovranità legislativa.
L’Europa vive oggi l’assurdo paradosso di avere una Commissione Europea potentissima che
governa tutti con le sue direttive sovranazionali ma che nessun europeo elegge; e un
parlamento europeo che è invece eletto dai cittadini ma che non può proporre le leggi (sic). I
parlamenti nazionali sono di fatto evirati poiché i Trattati stabiliscono specificamente la
supremazia delle leggi UE sia sulle leggi nazionali che sulle Costituzioni (6). Un’analisi di quei
Trattati dimostra senza dubbio che l’intero edificio fu creato per il beneficio delle elite
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finanziarie e grandi industriali, senza alcun capitolo sociale o sistema di ridistribuzione della
ricchezza. La sovranità monetaria è distrutta dai Trattati, in accordo con le intenzioni
originarie delle elite di impedire agli Stati di operare la Spesa a Deficit Positiva a favore dei
cittadini. Nella UE ciò è stato ottenuto con l’introduzione dell’Euro, che è una moneta non
sovrana emessa da 17 banche centrali e che deve essere presa in prestito da tutti i 17 governi
dell’Eurozona. In prestito da chi? Dai mercati di capitali privati che direttamente acquisiscono
l’Euro alla sua emissione. Ciò limita le prerogative economiche degli Stati quasi totalmente,
con le conseguenze catastrofiche che oggi stiamo subendo (maggiori dettagli nel saggio). E’
qui che i potentissimi tecnocrati del Vecchio Continente giocarono un ruolo fondamentale nel
tutelare gli interessi delle elite. I più noti fra loro sono stati: i francesi Jean Monnet, Robert
Schuman, Francois Perroux, Jaques Attali, Jaques Delors, Francois Mitterrand, Valery Giscard
D’Estaing, Jean Claude Trichet; gli italiani Giuliano Amato, Romano Prodi, Mario Draghi, Carlo
A. Ciampi, Carlo Scognamiglio, Mario Monti, Tommaso Padoa-‐Schioppa, Marco Buti; in
Germania Helmut Schmidt, Otmar Issing, Theo Weigel, Helmut Kohl; l’olandese Wim
Duisenberg; and in Lussemburgo Jean Claude Juncker.
In conclusione possiamo vedere chiaramente che c’è un singolo elemento comune a tutte
queste idee e dogmi economici: limitare le politiche economiche degli Stati al fine di
impedirgli di operare la Spesa a Deficit Positiva a favore del settore non governativo dei
lavoratori, delle piccole e medie imprese e dei cittadini in generale. In altre parole: uccidere la
Gallina dalle Uova d’Oro che l’intera società civile avrebbe potuto possedere.
I primi attori.
Il ritorno a un potere quasi assoluto delle elite, si è già detto, fu perfezionato dagli anni ’70 in
poi. Il loro scopo supremo era di frapporre un muro fra le funzioni sovrane delle democrazie
dei cittadini e il potenziale di creazione di ricchezza della Moneta Moderna che queste
democrazie avrebbero potuto usare nell’interesse pubblico. Tuttavia, il retroterra del
moderno assalto delle elite contro il bene comune fu preparato nelle quattro decadi
precedenti e deve essere spiegato se uno vuole comprendere tutti gli eventi successivi.
I primi attori si possono già trovare nell’intervallo fra la prima e la seconda guerra mondiale.
In quegli anni le preoccupazioni più stringenti delle elite non erano di natura puramente
economica, almeno non del tutto. Invece, il fenomeno che esse consideravano come più
preoccupante per i loro piani era… la gente, noi, seguito naturalmente dalla nascita delle
democrazie e degli Stati sovrani, come già detto. Giustamente le elite compresero che il
singolo elemento meno controllabile nel quadro degli storici cambiamenti di quell’epoca
erano le masse, che crescevano enormemente e che mostravano desideri democratici sempre
crescenti, accompagnate dal progresso del socialismo. Gli Stati erano affrontabili: dopotutto a
quei tempi i politici provenivano quasi esclusivamente dalle fila della classe dirigente elitista.
Ma la gente no, doveva essere messa sotto controllo con fermezza e questo non era semplice
in un’epoca che non avrebbe più tollerato i massacri, la tortura e la brutalità medievale senza
limiti come metodi per controllare i popoli. A fornire le idee per l’ottenimento di questi scopi
furono cinque uomini, eccoli.
Si chiamavano Walter Lippmann, Edward Berneys, intellettuali americani; Robert Schuman,
Jean Monnet, Francois Perroux, politici ed economisti francesi. Negli anni compresi fra il 1920
e il 1945 essi, indipendentemente gli uni dagli altri, partorirono le idee per il ribaltamento di
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250 anni di Storia. Ripeto: si doveva annientare il Tridente, esso era il pericolo assoluto per le
moderne oligarchie assolutiste, cioè annientare Stati, leggi e cittadini. Questi ultimi erano la
massa pachidermica che sedeva nel mezzo del loro percorso di riscatto, e alla sua
neutralizzazione pensarono Lippmann e Berneys. Considerati al loro tempo come intellettuali
‘progressisti’, le cui idee arrivarono contigue persino all’amministrazione Kennedy, essi
sapevano bene che i tempi delle baionette e della Cayenna erano finiti, ahimè, e altro
bisognava inventarsi per riportare il popolo alla sua ‘giusta’ posizione ai margini. Lippmann si
espresse senza mezzi termini nel definire chi siamo noi cittadini: dei “meddlesome outsiders”
(7), ovvero degli outsider rompicoglioni. Nulla di meno: noi persone e famiglie eravamo ai suoi
occhi un’appendice fastidiosa fra i ‘cosiddetti’ del Potere. Già nel 1914 questo uomo aveva
lasciato scritto nelle pagine del suo Drift and Mastery come il crescente potere del popolo
minacciasse l’ordine capitalistico. Fra l’altro, sarà proprio in occasione di una conferenza
europea nel 1938 in cui Lippman era ospite d’onore che il termine Neoliberismo fu coniato
per definire il gran riscatto dei liberisti economici messi in ombra dal Tridente fin dagli albori
del XX secolo (8).
In Europa, Schuman e Monnet ricalcavano alla perfezione quei concetti quando sostenevano
che il sistema futuro avrebbe dovuto essere una gerarchia di ordini con supremazia assoluta
delle elite sulla “massa ignorante”. Ma furono le idee dei due americani a fare il grosso del
lavoro. Essi s’inventarono l’arma letale, quella che in pochi anni avrebbe realmente
disabilitato la partecipazione democratica dei cittadini, intontendoli, drogandoli, eliminandoli
dalla scena. Eccovi sfornate l’Esistenza Commerciale e la Cultura della Visibilità
massmediatica, che erano le due ammiraglie dell’industria della fabbricazione del consenso
per cui i due statunitensi sono passati alla Storia. Come si vedrà più avanti, questi concetti
furono poi ripresi e rilanciati con assoluto vigore da altri uomini, per approdare a ciò che
chiunque di noi oggi ha davanti a sé: masse inerti di cittadini che a milioni e milioni agiscono
come robot la cui unica aspirazione è acquistare oggetti e adorare i ricchi e i famosi, anche
quando le loro condizioni di vita obiettive sono ormai al limite della schiavitù, incapaci di un
guizzo di attivismo persino quando sono minacciati dalla malattia terminale o dalla
distruzione delle sopravvivenza della specie. Dell’Esistenza Commerciale e della Cultura
della Visibilità massmediatica sottolineo solo alcuni cardini, mettendo però in rilievo il
micidiale coordinamento con cui agiscono: la prima porta gli individui a impiegare una fetta
sempre crescente del loro tempo per acquisire mezzi per acquisire beni che gli acquisiscano
autostima. Il motivo per cui vi è questo opprimente bisogno di confermare l’autostima sta
nella seconda, che fin dalla più tenera età insegna ai cittadini che per Essere si deve essere
Visibili, cioè contare, cioè essere ‘qualcuno’. I Visibili possono, ottengono, sono amati da molti
e rispettati, hanno personalità riconosciute, sono vincenti, gli è permesso tanto. I non visibili
non sono, proprio non esistono, non contano, non hanno potere, di amore ne vedono
pochissimo, sono indistinguibili, sono la ripugnante massa, essi pagano sempre tutto, non gli
sono concesse scappatoie. E chi si sente la massa non si piace, poiché viene perennemente
sospinto al paragone coi Visibili dal martellamento massmediatico. Questo gli distrugge
l’autostima. Ma senza autostima un essere umano non respira, soffoca, farà di tutto per
ottenerla, si sente cioè una nullità. Ed ecco che di nuovo torna in gioco l’Esistenza
Commerciale, che sussurrerà all’orecchio degli invisibili che se si vestiranno in un certo
modo, che con quell’auto, che frequentando quel locale o acquisendo oggetti a ripetizione, ma
ancor più se riusciranno a far parlare di sé, essi si avvicineranno ai Vip, ai Visibili, e la loro
autostima sarà risollevata dalla polvere della massa. Non è necessario qui elencare i
conseguenti comportamenti di milioni di esseri umani, che si perderanno nello sfoggio di un
certo paio di occhiali o nella corsa al denaro, persino nell’uso della violenza demenziale
(uomini) e nell’umiliazione del proprio genere (le donne) pur di apparire o di esser citati una
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volta nella vita in Tv. Prede cioè senza speranza della trappola sopra descritta. Si aggiunga poi
che, nello sforzo economico per accedere alle simulazioni di visibilità, gli individui
s’impegneranno in ogni sorta di trappola finanziaria che in un circolo vizioso li incatenerà al
sistema che li vuole annientare.
In questo processo le persone smarriscono ogni indipendenza di pensiero e di
comportamento terrorizzate di perdere quel fittizio treno dell’autostima, ma soprattutto la
loro energia mentale e di vita sarà quasi o spesso interamente assorbita, cioè annullata, da
quello sforzo. La fine dei cittadini partecipativi. Oggi infatti, l’Italia che con mezzi di
comunicazione rudimentali e governata da un monoblocco di potere ecclesiastico
metastatizzato ovunque riuscì a ribaltare il proprio destino con divorzio e aborto, cioè l’Italia
che partecipava, è un sogno talmente remoto che non è raro trovare giovani nati anni dopo
che stentano a crederci. Oggi, nell’era dell’apatia istupidita di lavoratori e sindacati a fronte
della precarizzazione del lavoro – attenzione: hanno precarizzato una condizione essenziale
alla sopravvivenza dell’essere umano, esattamente come se ci avessero precarizzato i globuli
bianchi, hanno cioè “reso plausibile l’inimmaginabile” – il fermento delle classi lavoratrici che
permisero a Giacomo Brodolini e Gino Giugni di emanare in Italia il più avanzato Statuto dei
Lavoratori di tutto l’Occidente (02/05/1970) sembra una fantasia. Oggi, a fronte dell’erosione
degli stipendi reali in tutte le nazioni del G8 (negli USA ristagnano dal 1973
ininterrottamente) con picchi di povertà in crescita fino a oltre l’11% della popolazione, ben
12.000 miliardi di dollari sono stati regalati a una cricca di criminali bancari che ci ha appena
rovinati (sono 800 finanziarie italiane messe assieme); ciò è accaduto senza che un singolo
scontro fra cittadini e polizia avvenisse a Roma, New York o Berlino. Questo siamo noi ora, noi
“meddlesome outsiders”. In altre parole, il piano Lippmann e Berneys ha trionfato: siamo ai
margini, inebetiti, ci hanno eliminati. Non so se i lettori si rendono conto della gravità di
questo.
Mancavano le altre due punte del Tridente, gli Stati e le leggi. Qui fu il piano di Robert
Schuman e Jean Monnet a portare un tocco assai più micidiale al progetto delle elite
internazionali. Specificamente, i due economisti francesi curavano gli interessi di un
conglomerato industriale franco-‐germanico (che si badi bene è ancora oggi il padrone di fatto
dell’Europa, colui che ne guida i destini), il quale mirava a dominare le industrie europee
imponendo il proprio volere in Italia, Portogallo, Spagna, nei Paesi scandinavi e nel Benelux.
Costoro sognavano negli anni precedenti la seconda guerra mondiale una struttura
continentale dove grandi masse di lavoratori sottopagati, fluttuanti in vari Stati i cui governi
lasciavano briglia sciolta al business senza troppo interferire, garantissero costi di
produzione bassi rendendo quel blocco economico una potenza mondiale delle esportazioni.
Neomercantilismo puro e semplice. Naturalmente, al fine di rendere in stato di quasi schiavitù
quei lavoratori occorreva mettere in pratica una serie di misure economiche atte a mantenere
bassa l’inflazione (cioè impedire agli Stati sovrani di spendere a deficit a favore del popolo), a
soffocare i consumi dei cittadini e creare quindi deflazione (cioè pochi spendono e i prodotti
rimangono invenduti sui mercati), e a tenere tutti in un perenne stato d’incertezza economica
attraverso finzioni e falsi allarmi. Infine, la cosa più importante era di arrivare a esautorare i
governi stessi, renderli più piccoli e ricattabili. Ma per fare cose di questa posta,
particolarmente nel pieno dell’epoca del trionfo delle democrazie partecipative, si rendeva
necessario un piano epocale di una intelligenza al limite del diabolico. Lo ottennero. Esso
porterà il nome di Unione Europea e Unione Monetaria Europea. Non per nulla fu proprio
dal cosiddetto ‘piano Schuman’ che nascerà nel 1951 la prima forma larvale di unione
europea, cioè la CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio). Ma come già accennato,
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l’elemento cruciale di questa strategia era di privare gli Stati della loro sovranità monetaria,
della ‘Gallina dalle Uova d’Oro’, e dunque ecco spuntare il quinto uomo nella preparazione del
piano Neoclassico, Neomercantile e Neoliberista: l’economista francese Francois Perroux.
Avete un’idea di quando furono pensati l’euro e la Banca Centrale Europea (BCE)? Sapete con
quale finalità esatta? Sappiamo che il trattato fondamentale della moderna Unione Europea è
quello di Maastricht del 1993. Esso mise le basi anche per la futura moneta unica. Possiamo
allora immaginare che furono gli anni ’80 a partorire l’euro e la BCE? No. Euro e BCE furono il
parto della pianificazione di Francois Perroux nel 1943. La motivazione? Quella che ci hanno
venduto solo pochi anni fa politici e giornalisti è stata l’ovvia menzogna della creazione di una
moneta forte come sfida all’egemonia del dollaro. Nella realtà lo scopo era diametralmente
opposto: Perroux, e altri che vedremo fra poco, volevano togliere agli Stati il potere di gestire
la propria moneta sovrana come condizione essenziale per distruggerli, perché senza la
capacità di emettere moneta “lo Stato perde interamente la sua ragion d’essere” (9). Vale la
pana citare qui una frase detta da uno dei padri dell’Euro, il francese Jacques Attali,
all’economista Alain Parguez durante un incontro privato, e che Parguez mi ha personalmente
riferito. Attali sbottò “E cosa credeva la plebaglia europea, che l’Euro fosse e stato fatto per la
loro felicità?”. Se poi a questa frode drammatica, del tutto avveratasi l’1 gennaio 2002 nei 17
Stati più ricchi d’Europa, si aggiunge anche l’idea dei pianificatori di creare corpi
sovranazionali col potere di imporre leggi, regole e ricatti di ogni sorta e tipo agli Stati e ai
loro parlamenti e/o sistemi giudiziari, col potere persino di scavalcare le Costituzioni degli
Stati – divenuta realtà con l’Unione Europa, il Trattato di Lisbona, l’Organizzazione Mondiale
del Commercio – allora diviene chiaro come essi furono in grado di portare a compimento un
disegno egemonico che appariva grottescamente impossibile anche solo 40 anni fa. Appare
chiaro come riuscirono a distruggere le rimanenti due punte del Tridente, cioè gli Stati e le
leggi.
Va ricordato ai lettori che in quelle decadi fatidiche che vanno dagli anni ’20 del XX secolo agli
anni ’50, mentre i sopraccitati ordivano ciò che sappiamo, il mondo occidentale viveva al
contrario proprio lo sbocciare d’idee e di sistemi economici perfettamente conseguenti al
progressivo trionfo del Tridente per 250 anni consecutivi. Furono gli anni delle nascite degli
Stati sociali, il welfare, dell’organizzazione in massa del sindacalismo, dell’intervento dello
Stato nelle economie per creare ricchezza, ed è superfluo citare il New Deal di Roosevelt negli
USA o le grandi nazionalizzazioni in Europa. Ma si ricordi anche il tentativo di riscossa dei
Paesi del Terzo Mondo che passò dagli esordi della conferenza dei Paesi non allineati a
Bandung nel 1955, alla nascita in sede ONU del New International Economic Order nel 1974,
cioè lo scatto di dignità del Sud del mondo per difendere i diritti fondamentali dei poveri e
riacquisire le loro ricchezze naturali depredate in secoli di colonialismo. A fornire un impianto
scientifico economico a questo fermento eccezionale erano le idee in particolare di un
economista inglese di nome John Maynard Keynes. Keynes aveva partorito veramente un altro
mondo possibile, aveva pensato a tutto con una competenza e con un rigore accademico
encomiabili, ed ebbe giustamente un grande successo per qualche anno in buona parte del
mondo, influenzando schiere di economisti e relativi governi. Per esempio, Keynes aveva
immaginato la creazione di un’organizzazione mondiale per regolamentare i commerci
chiamata International Trade Organization (ITO), una banca centrale mondiale chiamata
International Clearing Union (ICU), e una valuta per i commerci da estendere a tutti i Paesi
chiamata Bancor. In breve: l’ITO metteva al centro dei suoi principi la piena occupazione e lo
sviluppo sociale, non solo i profitti, riconoscendo la Carta dell’ONU; gli standard lavorativi
migliori erano da rispettare ovunque; gli investimenti esteri venivano disgiunti dal ricatto
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politico; le nazioni povere potevano usare il protezionismo per difendere le proprie economie
fragili, mentre i ricchi non potevano più truccare i prezzi dei propri prodotti agricoli con i
sussidi di Stato che tagliano le gambe ai produttori del Sud che non li possono avere. Ma ancor
più geniale era il funzionamento dell’ICU e del Bancor. Come sapete, una delle più gravi
storture delle economie viene soprattutto dal fatto che ci sono Paesi che vendono tanto ma
importano poco, e quelli che vendono poco ma devono importare tanto. I primi incassano
troppi risparmi, i secondi s’indebitano fino alla rovina in certe condizioni. Keynes aveva la
soluzione per questo problema: il Bancor diveniva la moneta obbligata per gli scambi
commerciali, e tutte le nazioni alla fine dell’anno avrebbero portato i propri conti alla ICU;
quelle che avevano venduto troppo e comprato troppo poco erano multate, e così quelle che
avevano fatto il contrario; ma la novità era che venissero punite anche le prime, e aveva senso,
perché esse non comprando finivano per impoverire altri Paesi che di conseguenza non
vendevano. La soluzione per i multati era virtuosa: chi comprava troppo poco correva a
comprare da chi vendeva troppo poco, e viceversa. Pareggio. Come si può capire, il modello
Keynesiano era basato sul principio sacrosanto che l’interesse della collettività viene sempre
per primo, conviene a tutti. In particolare poi, egli sposava appieno la teoria della spesa a
deficit dello Stato a moneta sovrana come arricchimento dei cittadini.
Ma la sconfitta del nuovo mondo possibile di Keynes era segnata. Essa trovò il suo inizio in un
evento di grande rilevanza economica mondiale, cioè la conferenza per gli assetti monetari
internazionali di Bretton Woods del 1944. Senza dilungarsi nei dettagli, basti sapere che essa
decreterà la fine del gold standard (sistema aureo) per diverse monete nel mondo eccetto che
per il dollaro che rimase convertibile in oro, mentre le altre monete venivano agganciate ad
esso (il gold standard è in vigore quando una moneta può essere convertita in oro su richiesta
del cittadino in qualsiasi momento, letteralmente uno può recarsi in banca ed esigere un
pezzetto di oro per le banconote che ha in tasca – essere agganciati al dollaro significa che una
data unità della propria moneta viene cambiata sempre per lo stesso valore in dollari). Seduti
al tavolo negoziale uno di fronte all’altro vi erano John Maynard Keynes e l’economista
americano Harry Dexter White, ovvero due mondi inconciliabili, due visioni dell’umanità
all’opposto, due destini per tutti noi totalmente diversi. Keynes ne uscì sconfitto, con l’innesco
di un effetto domino che ne emarginerà le idee progressivamente nei successivi trent’anni
fino alla loro sparizione, lasciando la strada libera al devastante progetto di Lippmann,
Berneys, Schuman, Monnet e Perroux.
Ma questo periodo vide anche la nascita di un altro gruppo di eminenti prelati della riscossa
delle elite e che non possono essere tralasciati. Si devono citare Ludwig von Mises e Friedrich
von Hayek (il celebrato autore di The Road to Serfdom), Jacques Rueff, Raymond Aaron fra gli
altri, e va ricordata la loro prima ‘chiesa’ europea che si chiamò Mont Pèlerin Society nel 1947.
Ciò che avevano in comune era un’avversione per qualsiasi cosa assomigliasse a un intervento
statale in economia e per qualsiasi cosa avesse detto e scritto John Maynard Keynes, che
odiavano. Detto ciò, si noti che già allora il loro approccio alle funzioni dello Stato era
impregnato di quello che oggi conosciamo come “Lemon Socialism” (Krugman, 2009): in esso i
governi devono intervenire solo per mantenere un ordine sociale a vantaggio del Libero
Mercato, e in particolare per salvare dalla bancarotta le elite quando esagerano nei loro giochi
finanziari criminosi, attraverso iniezioni massicce di denaro pubblico (inteso non come
denaro da tasse, ma denaro che i ministeri del Tesoro avrebbero potuto impiegare per spese a
favore dei cittadini).
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Il piano accelera esponenzialmente. Nasce il Piano di Contiguità.
E’ vero che le idee permettono il potere, ma, parafrasando Oscar Wilde, “con un piccolo aiuto
da altri”. E l’aiuto arrivò sotto una forma scontata per idee che servivano gli interessi dei
super ricchi: denaro. Ma non vagonate di soldi brutalmente versati nelle casse di quei
pensatori, bensì qualcosa di estremamente sofisticato che mirava a due goal: primo,
ovviamente raccogliere fondi, ma soprattutto diventare influenti coi politici e infiltrare il
mondo universitario dove la ‘vera’ struttura di comando dei governi veniva istruita. Si faccia
attenzione che quanto segue spiega come sia accaduto che i dogmi economici delle elite siano
divenuti di fatto una religione mondiale oggi incontrastata.
Esse compresero che gli elementi che realmente gestiscono il potere nei governi non sono i
politici noti, ma piuttosto la retroguardia composta dai tecnocrati e dai consiglieri. I politici,
pensarono, dovevano rendere conto agli elettori, e almeno in teoria erano limitati da una serie
di preoccupazioni sociali; non potevano rubare sfacciatamente al pubblico i suoi diritti e le
sue risorse. Ma la retroguardia non aveva nessuno di questi problemi e poteva sfornare una
serie di principi economici per fare il lavoro sporco, camuffandoli però da necessità
economiche ineludibili o addirittura da misure virtuose. I politici avrebbero presentato le
scelte impopolari come sacrifici purtroppo inevitabili dettati dalla giusta scienza economica
che i tecnocrati e i consiglieri certificavano come autorevoli e persino vitali. Per tutto questo,
la prima cosa da fare da parte delle elite era di infiltrare le università dove la retroguardia del
potere veniva allevata. Vedremo più avanti come questo piano fu articolato e da chi.
Non si può qui omettere la deflagrazione del secondo conflitto mondiale, che mise in pausa la
pianificazione Neoclassica, Neomercantile e Neoliberista. Interessante notare però che in
questi anni tragici sia le dittature europee che i Paesi liberi coinvolti abbracciarono politiche
economiche che poco avevano a che fare con i subdoli dogmi economici che le elite lottavano
per imporre.
Ma torniamo a noi. Per infiltrare il mondo accademico e dunque le menti delle eminenze grigie
che siedono nei ministeri dei nostri governi, le elite immaginarono quello che potremmo
chiamare un Piano di Contiguità. Significa che misero in piedi delle strutture contigue alle
università che finanziassero l’istruzione superiore, la formazione, la ricerca e le borse di
studio dei migliori rampolli nelle facoltà di scienze politiche ed economia, ma che erano anche
in grado di lanciare campagne di informazione di massa per influenzare l’opinione pubblica.
Queste strutture si composero di due parti: le Fondazioni e le Think Tanks (traduz. Serbatoi
di Pensiero). Le prime sono un misto di entità per la raccolta di fondi e centri culturali, le
seconde sono di solito puramente gruppi di ricerca. Alcuni nomi in America dalle origini in
poi: la Rockefeller Foundation, il William Volker Fund, la Olin Foundation, il Freedom
Network and l’Atlas Research Foundation, l’American Enterprise Institute, il Cato Institute;
poi le fondazioni Coors, John M. Ohlin, Sarah Scaife, Smith Richardson, Henry Salvatori,
Carthage, Heritage and Earhart; l’Acton Institute, il Washington Policy Center, il Manhattan
Institute for Policy Research. In Europa: nel Regno Unito, l’Institute of Economic Affairs, il
Centre for Policy Studies, l’Adam Smith Institute, lo Stockholm Network, il Bruges Group,
l’International Policy Network. La potente Mont Pèlerin Society in Svizzera; il CUOA, Acer,
CMSS, Bruno Leoni, Prometeia e Nomisma in Italia; in Francia, l’Association pour la Liberté
Economique, Eurolibnetwork, l’Institut de Formation Politique; in Germania: l’Institut fuer
Wirtschaftsforschung Halle, l’Institut fuer Weltwirtschaft, e l’Institut der Deutschen
Wirtschaft Köln fra i maggiori.
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E così riversarono i dogmi Neoliberali e Neoclassici là dove contava. Due nomi da ricordare in
questo contesto sono quelli dei monetaristi neoliberali Milton Friedman, statunitense, e Karl
Brunner, svizzero naturalizzato americano. Che fossero monetaristi è importantissimo da
sottolineare, perché i lettori devono capire che la gestione della moneta è di fatto il cervello di
tutta l’economia, e chi ne decide i destini decide le sorti del mondo. Brunner, che apparteneva
alla Mont Pèlerin Society, ebbe un ruolo decisivo nel colonizzare l’Europa che ancora viveva
sotto l’influenza di Keynes con le idee diametralmente opposte per il nuovo dominio delle
elites, cioè le idee del neoliberismo. Quando vi chiedete “ma come hanno fatto a convincere
politici e ministri, giornalisti, docenti e studenti a obbedire?”, una delle risposte è Brunner.
L’evento chiave della strategia fu la sua conferenza di Konstanz sulla teoria monetaria (1970),
che mirò proprio a indottrinare i leader europei contro Keynes, e a “migliorare” la qualità
dell’insegnamento di economia nelle università europee, specialmente quelle tedesche e
svizzere, poiché l’ideologo denunciava “un gap nella qualità della ricerca e dell’insegnamento
in Europa rispetto agli Stati Uniti” (10). Milton Friedman, insignito del Nobel per l’economia,
fondò una scuola di pensiero Neoliberista passata alla Storia come “The Chicago Boys”,
dall’università dove la sua fucina lavorava. Era un uomo particolare, direi diviso in due: da una
parte stava quello che era capace di abbracciare idee sociali avanzate come la
depenalizzazione delle droghe, dall’altra lavorò come nessun altro per infliggere al mondo gli
orrori del Libero Mercato, e cioè le deregolamentazioni selvagge, le privatizzazioni selvagge e
una impietosità selvaggia per le sofferenze di milioni di esseri umani. Lo troveremo
consigliere di Augusto Pinochet in Cile mentre le camere di tortura lavoravano a turni di 24
ore, e nome di punta del Progetto Omega dell’Adam Smith Institute di Londra, che teorizzò
proprio la distruzione dei governi (il loro “rimpicciolimento”).
La loro opera, e quella delle Fondazioni e Think Tanks, ebbe un considerevole successo, quasi
completo. Cito lo storico dell’economia John F. Henry: “Oltre a finanziare lo sviluppo di
programmi specifici e di curricula, oltre a promuovere la ricerca per il laissez faire in economia,
le Fondazioni per il Libero Mercato sponsorizzarono master e borse di studio in legge, economia,
scienze politiche e affari sociali… Promossero cattedre universitarie, libri e progetti. Una volta
formulate, le prescrizioni di politica e la loro anima da Libero Mercato vengono comunicate non
solo ai funzionari di governo, ma anche al pubblico attraverso i grandi media e i giornalisti che
quelle Fondazioni sponsorizzano” (11).
Una di queste fondazioni merita un breve approfondimento: è la Heritage, americana. Fu un
giovane sconosciuto attivista di destra a porre la prima pietra, Ed Feulner a Washington.
Feulner è uno degli uomini chiave che sostituirà le eliche del progetto di distruzione di Stati,
leggi e cittadini per dotarlo di turbine a jet. Considerava Friedrich Hayek e la sue influente
Mont Pèlerin due lumache, e si inventò il marketing moderno delle idee da sparare in primo
luogo attraverso i mass media da giornalisti prescelti (da noi i vari Furio Colombo, Piero
Ostellino o Gianni Riotta…), e poi comprese che se si volevano manipolare i politici bisognava
imboccarli. Sì, proprio così, cioè preparargli dei bocconcini ideologici sulle questioni chiave
dell’economia facili da mandar giù, rapidi da assimilare, quelli che lui stesso definì “concetti
politici sintetici per legislatori che vanno di fretta” (12). Da qui al diventare forse la più
influente fondazione del mondo passò poco e la Heritage partorì alla fine degli anni ’70 il
percorso stampato per le politiche economiche di Ronald Reagan, cioè per tutti noi, col nome
di Mandate for Leadership. E’ difficile riuscire a rendere per i lettori l’idea di quanto potenti e
infiltranti furono quelle idee, fin sulle soglie delle case italiane anche delle più lontane
province.
Ma tornando ai “concetti politici sintetici per legislatori che vanno di fretta”, il problema era
che qualcuno li doveva poi recapitare quei concetti ai politici prescelti. Ed ecco nascere le
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versioni moderne delle famose lobby, la cui importanza nella vita pubblica di oggi non può
essere ignorata, così come il contributo che diedero al successo del piano Neoclassico,
Neomercantile e Neoliberale. Per sottolineare quanto appena detto bastano alcuni dati:
Washington è infestata dai lobbisti, dai 16 ai 40 mila all’anno a seconda delle sedute del
Congresso, con un budget di circa 3 o 4 miliardi di dollari annui. Nella UE, e specificamente nel
suo centro di potere di Bruxelles, all’incirca 15-‐20 mila di questi uomini e donne vagano per i
corridoi della Commissione Europea con 1 miliardo di euro da spendere. Negli Stati Uniti la
lobbistica è talmente parte delle vita pubblica che si può affermare che chiunque sia qualcuno
laggiù fa lobbying, dalla American Banking Association, alla Housing Finance Alliance o la
Private Investor Coalition e la US Chamber of Commerce. Tutta Wall Street da cima a fondo fa
lobbying furiosamente, e i lobbisti sono impiegati da organizzazioni diverse come la National
Rifle Association, la Christian Coalition, l’American Israel Public Affairs Committee, e dai
grandi sindacati, gruppi di genere, tutte le industrie ecc. In Europa invece le lobby si sono
organizzate in gruppi registrati, e quelli di gran lunga più potenti sono le lobby finanziarie e di
business. Nomi come il Trans Atlantic Business Dialogue, la European Roundtable of
Industrialists, il Liberalization of Trade in Services Group, la European Banking Federation, la
European Employers Association oppure Business Europe sono ascoltatissimi a Brussell. Per
darvi solo un esempio significativo, ogni anno il Trans Atlantic Business Dialogue sottopone ai
tecnocrati di punta della UE una lista di suoi desiderata e si aspetta che un’obbediente
Commissione Europea gli riferisca quali progressi sono stati fatti per soddisfarli (13).
Riassumendo, fu questo Piano di Contiguità che attraverso una rete di istituti per la
formazione post universitaria e per il finanziamento delle future classi dirigenti permise alle
elite di colonizzare con le loro idee i cervelli che contavano. Quelli che poi noi cittadini
troviamo in posizione chiave di potere alle spalle dei politici di facciata, i quali altro non
possono fare se non seguire i loro diktat.
Il risultato di ciò fu, ed è tuttora, la nascita di una classe dirigente mondiale, i “Globocrati”, che
di fatto vive sotto l’egida delle elite Neoclassiche, Neomercantili e Neoliberiste e che ormai
pensa con la medesima mente. E agisce per i medesimi scopi. Per comprendere meglio questa
potentissima amalgama indistinta e per non essere tacciati di essere teorici del complotto
(una delle sfortunate produzioni del mondo Internet), vi propongo di esaminare i Club in cui
questi “Globocrati” si riuniscono annualmente per discutere le tendenze economiche e
politiche del periodo. Non sono molti, e solo quattro di essi val la pena citare: il segretissimo
Bilderberg fondato nel 1954, la Commissione Trilaterale del 1973, Il World Economic Forum
di Davos in Svizzera nato nel 1971, e l’Aspen Institute del 1950. Per oltre sessant’anni tutti i
più potenti personaggi del mondo (troppi da menzionare tutti) hanno gravitato attorno a
queste organizzazioni, e in esse hanno contribuito in modo decisivo al ritorno al potere delle
elite di cui questo saggio parla. Eccovi di seguito una lista di costoro con relativa appartenenza
a uno o più di questi Club:
Peter Sutherland (ex WTO chief, dirigente Goldman Sachs, ex Commissione UE, Bilderberg),
David Rockefeller (Trilateral Commission, Bilder.), Paul Volcker (ex FED chief, Aspen Institute,
Trilat., Bilder.), Leon Brittan (ex Commissione UE, Trilat.), Henry Kissinger (ex gov. USA.,
Aspen, Trilat., Bilder., World Economic Forum), John Micklethwait (Direttore di The Economist,
Bilder.), Zbigniev Brzezinski (ex gov. USA, ex Trilat.), Condoleezza Rice (ex gov. USA, Aspen,
Trilat., Bilder.), Henry Paulson (ex gov. USA, Bilder.), Edmond de Rothschild (Bilder.), Ben
Bernanke (FED chief, Bilder.), Bill Clinton (WEF), Etienne Davignon (ex Commissione UE,
Bilder.), Larry Summers (ex gov. USA, Bilder.), John Negroponte (ex diplomatico USA, Trilat.),
Karel de Gucht (Commissione UE, Bilder.), Jean Claude Trichet (ECB chief, Bilder.), Timothy
Geithner (US Treasury Sec., ex Trilat., Bilder.), Carl Bildt (Min. Esteri svedese, Trilat., Bilder.),
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George Soros (WEF), Joaquin Almunia (Commissione UE, Bilder.), Carlos Ghosn (CEO Renault,
WEF), George Papaconstantinou (ex Min. Finanze Grecia, Bilder.), Peter Brabeck Letmathe
(Nestlè chairman, WEF), José Zapatero (Premier Spagna, Bilder.), Cynthia Carroll (Anglo
American CEO, WEF), Josef Ackermann (Deutsche Bank CEO, Bilder.), Neelie Kroes
(Commission UE, Bilder.), Christine Lagarde (IMF Chief., Bilder.), Bill Gates (Bilder.), Donald
Graham (Editore Washington Post, Bilder), Robert Zoellick (Pres. World Bank, Bilder.), John
Elkann (chairman Fiat, Aspen, Trilat., Bilder.), Paolo Scaroni (ENI CEO, Bilder.), Roberto Poli
(ENI, Aspen), Mario Draghi (Banca d’Italia, Bilder.), Mario Monti (Univ. Bocconi, ex
Commissione UE, Aspen, Trilat., Bilder.), Piero Gnudi (ENEL, Aspen), Fulvio Conti (ENEL,
Bilder.), Riccardo Perissich (IAI, Aspen), Gianfelice Rocca (Techint, Aspen, Trilat., Bilder.),
Angelo Maria Petroni (Sole 24 Ore, Aspen), Giacomo Vaciago (ex Citibank, Aspen), Carlo Secchi
(Bocconi, ex UE, Trilat.), Giulio Tremonti (Min. Tesoro, Aspen), Fedele Confalonieri e Franco
Frattini (Aspen), Domenico Siniscalco (vice di Morgan Stanley, Bilder.), Ferdinando Salleo
(Mediocredito, Trilat.), Lucia Annunziata (Aspen), Tommaso Padoa-‐Schioppa (scomparso, ex
FMI, ex Fiat, Bilder.), Emma Marcegaglia (Aspen), Pierfrancesco Guarguaglini (Finmeccanica,
Trilat.), Enrico Letta (ex gov. Prodi, Aspen, Trilat.), Corrado Passera (Intesa, Aspen), Carlo
Scognamiglio (ex gov D’Alema, Aspen), Marco Tronchetti Provera (Pirelli, Trilat.), Franco
Bernabè (Telecom, Bilder.), Franco Venturini (Corriere, Trilat.), Paolo Mieli (Aspen), Romano
Prodi (Aspen, Bilder.), Giuliano Amato (oggi Deutsche Bank, Aspen), Paolo Savona (Banca di
Roma, Aspen).
Non ufficialmente, alcune fonti citano Francesco Giavazzi, Ferruccio De Bortoli, Rodolfo De
Benedetti come membri del Bilderberg Group.
Nessun bisogno di commentare oltre.
Ora torniamo alla nostra narrazione, perché in questi anni, e siamo ormai alla soglia degli anni
’70, quattro intellettuali seppero offrire contributi al piano delle elite che ne accelereranno il
successo come nulla prima.
Il grande balzo in avanti.
Una mattina dell’estate del 1971 Eugene Sydnor Jr. della Camera di Commercio degli Stati
Uniti aveva sollevato la cornetta del telefono e aveva fatto un numero. All’uomo che rispose fu
semplicemente detto di stilare il Decalogo della riscossa finale, la riscossa di chi già ben
sappiamo. L’impazienza si era impadronita di loro, bisognava correre, perché sia negli USA
che in Europa, e in particolare in Francia e in Italia, le sinistre radicali stavano debordando
fuori controllo. L’avvocato Lewis Powell era l’uomo che aveva risposto a quella chiamata. Egli
fu un altro e importantissimo acceleratore del piano per annullarci e sottoporci a sofferenze di
vita inutili e volute a tavolino, mentre Stati sempre più intimiditi stavano a guardare
obbedienti. Powell scrisse il suo Memorandum (14), dove in sole 11 pagine egli dettò quanto
segue:
La diagnosi: “(Noi delle destre economiche) non ci troviamo di fronte ad attacchi sporadici.
Piuttosto, l’attacco al Sistema delle corporations è sistematico e condiviso”. C’è una “guerra
ideologica contro il sistema delle imprese e i valori della società occidentale”. Le regole di
guerra sono: primo, tornare a controllare i governi perché “pochi elementi della società
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americana di oggi hanno così poca influenza sul governo come il business, le corporazioni, e gli
azionisti… Non è esagerato affermare che… siamo i dimenticati”. Al fine di validare questa sua
affermazione, Powell cita uno degli economisti Neoliberisti più potenti di sempre, Milton
Friedman, che aveva sentenziato: “E’ chiarissimo che le fondamenta della nostra società libera
sono sottoposte a un attacco su larga scala e potente – non da parte dei comunisti o da altri
complotti, ma da sciocchi che si imitano come pappagalli e che nutrono un disegno che non
avrebbero mai condiviso intenzionalmente”. Powell concorda: una grande parte dell’attacco
veniva condotto da elementi ordinari della società americana, non tanto dai comunisti o da
altri estremisti della sinistra, infatti scrisse che “Le voci più inquietanti (…) provengono da
elementi assai rispettabili della società, come i campus universitari, le chiese, i media, gli
intellettuali, i giornali letterari, ma anche dalle arti e dalle scienze, e dai politici”.
Le destre dovranno capire che “la forza sta nell’organizzazione, in una pianificazione attenta e
di lungo respiro, nella coerenza dell’azione per un periodo indefinito di anni, in finanziamenti
disponibili solo attraverso uno sforzo unificato, e nel potere politico ottenibile solo con un fronte
unito e organizzazioni nazionali ”. Ovvero, trasformarsi in un esercito di attivisti di micidiale
efficacia. Il Piano di Contiguità naturalmente deve essere incluso, poiché “L’assalto al sistema
delle imprese non fu condotto in pochi mesi (…) e c’è ragione di credere che l’università è la sua
singola fonte più dinamica”. Le soluzioni: “Stabilire uno staff di docenti qualificatissimi nelle
scienze sociali che credano fermamente nel sistema”. E di più: “Questi docenti dovranno valutare
i testi di scienze sociali, specialmente in economia, scienze politiche, e sociologia”, e “Dovremo
godere di un rapporto privilegiato con le influenti scuole di business”.
Nel 1971, all’epoca degli sforzi di Powell, i media erano già centrali ai giochi del Vero Potere,
ma non come esso avrebbe voluto. E l’avvocato neppure qui si perse in giri di parole: “Le
televisioni dovranno essere monitorate costantemente nello stesso modo indicato per i libri di
testo universitari. Questo va applicato agli approfondimenti Tv, che spesso contengono le
critiche più insidiose al sistema del business”. La stampa e la radio non sfuggono: “Ogni possibile
mezzo va impiegato… per promuoverci attraverso questi media”; né le riviste popolari, dove “vi
dovrà essere un costante afflusso di nostri articoli”; né le edicole, dove “esiste un’opportunità di
educare il pubblico e dove però oggi non si trovano pubblicazioni attraenti fatte da noi”. Powell
prescrisse qui il boom, realmente poi avvenuto, dell’editoria popolare straripante di
rappresentazioni positive dell’Esistenza Commerciale e della Cultura della Visibilità. E poi,
naturalmente, gli sponsor: chi lavorava al progetto di fermare la Storia doveva essere “pagato
allo stesso livello dei più noti businessmen e professori universitari”, perché “le nostre presenze
nei media, nei convegni, nell’editoria, nella pubblicità, nelle aule dei tribunali, e nelle
commissioni legislative, dovranno essere superbamente precise e di eccezionale livello”. La
conseguenza di questi semplici concetti sarà enorme: nacque così il mondo delle lobby
moderne del potere economico, quelle che oggi eleggono i deputati pagandogli le campagne
elettorali, prima che li eleggiamo noi cittadini, perché “il business deve imparare che il potere
politico è indispensabile, che deve essere coltivato con assiduità, e usato in modo aggressivo se
necessario, senza imbarazzo”. E poi: “Chi ci rappresenta deve diventare molto più aggressivo…
deve far pressione con forza su tutta la politica perché ci sostenga, e non dovremo esitare a
penalizzare chi a noi si oppone”.
Va detto che non ci è possibile sapere l’esatto grado di complicità che Powell personalmente
fornì ai manovratori del piano Neoclassico, Neomercantile, e Neoliberista, ma due cose
sembrano certe: primo, le sue parole descrivono con incredibile precisione tutto ciò che
accadde dopo, e cioè il controllo delle elite nelle università, nei media e nella politica. Secondo,
il memorandum termina con le sue considerazioni che rispecchiano perfettamente alcuni
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dogmi della propaganda Neoliberista che mirava a demonizzare qualsiasi ruolo centralizzato
dei governi nella gestione pubblica. Ad esempio: “Non c’è consapevolezza del fatto che l’unica
alternativa alla libera impresa sono vari gradi di regolamentazione burocratica della libertà
individuale – che va da quella imposta dal socialismo moderato al pugno di ferro delle dittature
di sinistra o di destra”. Beh, possiamo oggi affermare con chiarezza che la presente crisi
finanziaria ci ha ampiamente dimostrato che cosa la mancanza di regolamentazione
burocratica della libertà individuale e la libera impresa hanno fatto a milioni di famiglie,
lavoratori, aziende e a intere nazioni.
Quattro anni dopo, altri tre uomini scattarono sulla pista della gara per il ritorno delle elite, e
presero il testimone che fu di Lippmann, Berneys, Schuman, Monnet, Perroux, Hayek,
Brunner, Friedman e Powell, per consegnarlo nella mani di coloro cui fu dato l’incarico di
portare il Cavallo di Troia del Più Grande Crimine dentro i parlamenti delle maggiori
democrazie del mondo: Margaret Thatcher, Ronald Reagan, Helmut Kohl e Francois
Mitterrand. I tre di cui si parla rispondono al nome di Samuel P. Huntington, Michel J. Crozier
e Joji Watanuki, un americano, un francese e un giapponese. L’incarico lo ricevettero dalla
Commissione Trilaterale: nasce nel 1973 quando un drappello di “Globocrati” esce dal gruppo
Bilderberg che si opponeva all’inclusione dei giapponesi nelle sue fila (il Bilderberg si
occupava di affari NATO e non gli andava che i nipponici ficcassero il naso negli affari militari
occidentali). Fra i suoi circa 400 membri sono passati Henry Kissinger, Jimmy Carter, David
Rockefeller, Zbigniev Brzezinski, Edmond de Rothschild, George Bush Sr., Dick Cheney, Bill
Clinton, Alan Greenspan, Peter Sutherland, Takeshi Watanabe; Paul Volcker, Leon Brittan,
John Negroponte, Condoleezza Rice, Timothy Geithner, Carl Bildt, e molti altri fra cui gli
italiani citati in precedenza; più un gruppo vario di istituti finanziari, di corporations e di
Fondazioni, fra cui Goldman Sachs, Banque Industrielle et Mobilière Privée, Japan
Development Bank, Mediocredito Centrale, Bank of Tokyo-‐Mitsubishi, Chase Manhattan Bank,
Barclays, Royal Dutch Shell, Exxon, Solvay, Mitsubishi Corporation, The Coca Cola co., Texas
Instruments, Hewlett-‐Packard, Caterpillar, Fiat, Dunlop, the Bill & Melinda Gates Foundation,
the Brookings Institution, the Carnegie Endowment, ecc.
Huntington, Crozier e Watanuki stilarono un rapporto con ancora idee, strategie e dettami, ma
questa volta la sofisticatezza delle 227 pagine del loro The Crisis of Democracy dà i brividi. Vi si
legge letteralmente tutto ciò che ci hanno fatto accadere per disabilitarci. Il titolo stesso è
ingannevole, poiché non si tratta di riparare le democrazie partecipative, come sembrerebbe
suggerire, ma di distruggerle. Infatti il rapporto dichiara senza mezzi termini che “alcuni dei
problemi di governo negli Stati Uniti di oggi derivano da un ‘eccesso di democrazia’ (…) C’è
bisogno invece di un grado superiore di moderazione nella quantità di democrazia”. E
naturalmente il diritto ‘divino’ delle elite di governare noi gente comune trova in queste
pagine una giustificazione immediata quando Huntington scrive: “La democrazia è solo una
delle fonti dell’autorità e non è neppure sempre applicabile. In diverse istanze chi è più esperto, o
più anziano nella gerarchia, o più bravo, può mettere da parte la legittimazione democratica nel
reclamare per sé l’autorità”. Parole che si congiungono in modo perfetto al piano di Schuman,
Monnet e Perroux, e che hanno prestato le fondamenta all’Europa unita dell’Euro già ora
governata da una elite di burocrati super specializzati che nessuno di noi elegge.
I tre autori scrissero le loro istruzioni su come le elite avrebbero dovuto procedere in termini
chiarissimi, e con una premonizione straordinaria: “Il funzionamento efficace di un sistema
democratico necessita di un livello di apatia da parte di individui e gruppi. In passato (prima
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degli anni ’60, nda) ogni società democratica ha avuto una popolazione di dimensioni variabili
che stava ai margini, che non partecipava alla politica. Ciò è intrinsecamente anti-
democratico, ma è stato anche uno dei fattori che ha permesso alla democrazia di funzionare
bene”. Ed è stata proprio questa apatia che fu indotta sulle masse dell’Occidente per mezzo di
una operazione massmediatica enorme e dell’esplosione del consumismo, deviandole
dall’attivismo democratico, drogandole così che non vedessero più i loro reali bisogni e i loro
diritti. Come ha scritto David Bollier “Potrà una società che si è così gettata su una eccessiva
commercializzazione funzionare ancora come una democrazia deliberativa? Potrà il pubblico
ancora trovare e sviluppare la sua voce sovrana? O, viceversa, il suo carattere è stato così
profondamente trasformato dai media commerciali da stroncarne per sempre l’abilità di
partecipare alla vita pubblica?”(15) Qui The Crisis of Democracy mostra la medesima mentalità
che portò Lippmann a chiamare i cittadini “gli outsider rompicoglioni”, prova ulteriore del
gemellaggio ideologico degli attori di questo piano.
Essi infatti proclamarono che “la storia del successo della democrazia… sta nell’assimilazione di
grosse fette della popolazione all’interno dei valori, atteggiamenti e modelli di consumo della
classe media”. Cosa vuol dire? Significa che se si vuole uccidere la democrazia partecipativa
dei cittadini mantenendo in vita l’involucro della democrazia funzionale alle elites, bisogna
farci diventare tutti consumatori, spettatori, piccoli investitori. L’involucro della democrazia
fu salvato, il suo contenuto, cioè noi cittadini partecipativi, fu annientato.
Ora attenzione a quanto segue: ogni idea di Stato Sociale che “avrebbe dato ai lavoratori
garanzie e avrebbe alleviato la disoccupazione” veniva tacciata dai tre autori di essere “una
deriva disastrosa… poiché avrebbe dato origine a un periodo di caos sociale”. Che il lettore
s’imprima nella memoria queste parole, poiché esse detteranno una delle più criminose
decisioni politiche della Storia occidentale moderna voluta dalle elite, quella di creare
artificiosamente grandi sacche di disoccupati, sottoccupati, e precari – con le immense
sofferenze che ne conseguivano – solo per poterci controllare meglio, e sfruttare meglio. Non
per cause di forza maggiore economiche. Sapevano che gli Stati a moneta sovrana avrebbero
potuto creare la piena occupazione senza problemi in tutto il mondo, ma ciò gli avrebbe
sottratto il potere. Dovevamo soffrire.
Il rapporto attacca lo Stato Sociale anche perché, sostengono gli autori, la spesa sociale può
causare un’inflazione disastrosa: “L’inflazione (…) potrebbe essere esacerbata dalle politiche
democratiche, e risulta molto difficile per i sistemi democratici tenerla sotto controllo. La
tendenza naturale delle pretese politiche possibili in un sistema democratico aiuta i governi ad
affrontare i problemi delle recessioni economiche, prima di tutto la disoccupazione, ma gli
impedisce di controllare l’inflazione con efficacia. Di fronte alle richieste del business, dei
sindacati e dei beneficiari della generosità governativa, diventa quasi impossibile per i governi
democratici ridurre la spesa, aumentare le tasse, e controllare i prezzi e gli stipendi. In questo
senso l’inflazione è la malattia economica delle democrazie”. Niente meno. Notate l’uso
specifico delle parole “generosità governativa” contrapposte alle virtù del “ridurre la spesa,
aumentare le tasse, e controllare i prezzi e gli stipendi”, associate alla minaccia finale di
inflazione. Questi principi sono precisamente il credo fondamentale e gli spauracchi degli
economisti Neoclassici, Neomercantili e Neoliberisti, che abbiamo in parte già visto.
E per rimanere nell’ambito dei pericoli che la democrazia pone al governo delle elite, i tre
autori individuano nel radicalismo delle idee di sinistra lo strumento principe che anima le
lotte dei lavoratori. Qui è Samuel P. Huntington a scrivere righe inquietanti sull’ideologia
radicale, sostenendo che “quando essa perde forza, diminuisce il potere dei sindacati di ottenere
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