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Titolo: Microsoft Word - tesina ale.docx
Autore: claudio.tagliaferri
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A.s. 2014\2015 Tagliaferri Alessandro 5°D
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A.s. 2014\2015 Tagliaferri Alessandro 5°D
IL PANE QUOTIDIANO
Ho voluto trattare in questa tesina del pane, che è un alimento che riveste un ruolo fondamentale nella
vita di ogni giorno. Ancora oggi, a distanza di millenni dalla sua “invenzione”, rimane un punto fermo e
insostituibile nell’alimentazione degli uomini di tutto il mondo, ed è una delle poche creazioni dell’uomo
che è resistita nel corso del tempo, ed è uno degli alimenti di primaria importanza di oggi.
Ed è per queste sue caratteristiche che ho voluto svolgere la mia tesina su questo prodotto, anche data la
mia esperienza famigliare, nella panetteria di mia madre che fin da piccolo mi ha appassionato.
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IL PANE
Il pane è uno degli alimenti più diffusi e consumati, in Italia come
nel mondo, ma è anche uno degli alimenti dei quali esistono più
varianti, negli ingredienti come nella loro quantità, dalla
preparazione alla forma. Dagli ingredienti base – costituiti da
farina, acqua, sale e lievito (ma alcuni di essi possono essere
sostituiti con altri) – si passa ad una serie di combinazioni, di
possibilità di arricchimento e di tempi di lavorazione pressoché
infiniti e in gran parte legati alle risorse e alle tradizioni dei luoghi
ove viene preparato e da lì diffuso.
Tipologia
A seconda degli ingredienti utilizzati nella sua preparazione, il pane che si trova comunemente in
commercio si divide in due tipi:
pane comune pane speciale
Il pane comune è quello che si ottiene con una pasta lievitata a base di farina di grano, lievito, acqua e sale
(quest’ultimo non viene utilizzato in alcuni impasti come quello per il pane “toscano” o, appunto, “senza
sale”).
Il pane speciale è quello che si ottiene attraverso una grande varietà di impasti che agli ingredienti di base
aggiungono o sostituiscono altri ingredienti come ad esempio l’olio, il burro, il malto, lo zucchero, il latte o
la frutta, o ancora mescolando alla farina di grano altre farine come quella d' orzo, di segale, di mais, di soia
o di riso, o altre ancora.
Alcuni tipi di pane regionale
la “michetta” o “rosetta”: di forma rotonda, con la base piatta e con la tipica incisione a stella, è vuota
all’interno per effetto di una prolungata lievitazione dell’impasto. È originaria della Lombardia.
la “biova”: originaria del Piemonte, come la michetta è ottenuta con un impasto lievitato a lungo ma
anche con una minore quantità di acqua; quando presente (più spesso la biova è semivuota), la mollica
è molto morbida.
pane di segale: è il più diffuso in Alto Adige e viene aromatizzato con semi di cumino.
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la “ciriola”: di tradizione romana, ha una forma allungata e una mollica molto morbida all’interno.
la “coppia”: di origine ferrarese, ha una particolare forma a quattro punte ed è a base di pasta dura. È
quasi privo di mollica.
il “carasau” o “carta da musica”: di antichissima tradizione sarda, si presenta come un disco sottilissimo
di colore chiaro, croccante e friabile, e si ottiene con la semola e pochissima lievitazione.
Non esiste un metodo unico per la preparazione del pane, vengono riconosciuti tre principali metodi:
diretto, semidiretto e indiretto.
Metodo diretto: consiste nell'impasto di tutti gli ingredienti in un'unica fase.
Semidiretto: consiste nell'impasto di tutti gli ingredienti in un'unica fase aggiungendo il lievito o la
pasta di riporto ( è un pezzo di pasta lievitata il giorno precedente).
Indiretto: prevede due fasi, nella prima si prepara un preimpasto di acqua, lievito e farina, chiamato
biga o biga liquida a seconda della proporzione degli ingredienti che ne determina la consistenza;
nella seconda si aggiunge al preimpasto, lasciato fermentare secondo i casi dalle 4 alle 48 ore, tutti
gli altri ingredienti.
I vantaggi del metodo indiretto sono:
Il gusto e profumo più intensi.
Alveolatura più sviluppata (i buchi nella
mollica).
Un prodotto più digeribile.
Durata di conservazione più lunga.
Riduzione dei tempi di fermentazione
dell'impasto finale.
Migliori caratteristiche strutturali e meccaniche (si ottiene una pasta più facile da lavorare).
Gli svantaggi sono:
Maggiori difficoltà di preparazione.
Tempi più lunghi.
Un monitoraggio costante delle temperature.
Processi della produzione:
Impasto
L'impasto è quella operazione che permette di amalgamare tutti gli ingredienti di idratare le proteine della
farina in particolare la gliadina e la glutenina.
Puntatura
L'impasto viene lasciato riposare. I tempi variano a seconda della ricetta e della forza della farina.
Spezzatura e formatura
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In questa fase l'impasto viene diviso in pezzi del peso desiderato questa fase viene effettuata a mano o con
macchine chiamate spezzatrici o con gruppi automatici che oltre dividere l'impasto creano le forme.
Lievitazione
In questa fase le forme del pane raddoppiano o triplicano il volume.
Cottura
La cottura è quel processo che attraverso una serie di trasformazioni
chimiche, biologiche e fisiche permette di ottenere un prodotto
commestibile. La cottura del pane avviene in forni che possono
essere principalmente di tre tipi a camere, rotativi e tunnel. La
temperatura di cottura varia da 180 °C a 275 °C e il tempo da 13 a 60
minuti.
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Le impastatrici professionali si basano su un sistema di funzionamento che riproduce il lavoro di impasto
delle braccia umane, la loro azione è, però, tale da consentire l'ossigenazione dell'impasto durante la
lavorazione
Le macchine si distinguono in
Planetarie
A braccia tuffanti
A spirale
A forcella
Planetarie: sfruttano il movimento rotatorio delle fruste all'interno del recipiente, utilizzate soprattutto nei
laboratori di pasticceria per la versatilità nelle lavorazioni
A braccia tuffanti: rappresentano il sistema più efficiente per amalgamare le paste lievitate di panetteria
senza surriscaldare l'impasto
A spirale: può creare impasti sia duri che molli permette una velocità di impasto molto elevata e protegge
lo stesso dal surriscaldamento
A forcella: sistema di lavorazione universale per tutti gli impasti, garantisce rapidità e un amalgamato
perfettamente ossigenato
La più utilizzata nel settore della panificazione è quella a spirale.
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IMPASTATRICI A SPIRALE ZANUSSI PROFESSIONAL
CARATTERISTICHE FUNZIONALI E COSTRUTTIVE:
Modelli costruiti con una meccanica
robusta ed affidabile, con corpo in acciaio
verniciato.
Vasca e griglia di protezione in acciaio inox.
Vasca capiente e priva di spigoli
garantisce una perfetta pulibilità.
Spirale in acciaio inox speciale ad alta resistenza.
Velocità e continuità di utilizzo garantite
dalla adeguata potenza applicata.
Pannello comandi in bassa tensione.
Dispositivo di sicurezza con blocco della
macchina all'apertura della griglia di
protezione.
Omologazione dai principali enti
internazionali di approvazione e marchio CE
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La lievitazione
La lievitazione di solito è causata da un gas, generalmente l’anidride
carbonica (formula chimica CO2), che si sviluppa all’interno degli impasti.
Inizialmente le bollicine di gas, prodotte dai lieviti, fanno aumentare il
volume della pasta e poi il processo di lievitazione si completa durante la
cottura, grazie al calore, che fa espandere il gas presente all’interno
dell’impasto. Il calore, inoltre, ha un effetto sulle caratteristiche delle
proteine che, così modificate, conferiscono alla preparazione una certa
“rigidità” che poi verrà mantenuta nel tempo, impedendo al prodotto di
“sgonfiarsi”. L’anidride carbonica è volatile al calore e libera lo spazio che
prima era occupato dalle sue bollicine. La funzione principale dei lieviti è
appunto quella di produrre l’anidride carbonica all’interno dell’impasto.
Questo gas diffonde nella massa andando ad occupare lo spazio delle
bollicine d’aria inglobate durante la lavorazione, facendone aumentare il
volume. Anche per questo la fermentazione è preceduta e accompagnata
da operazioni che puntano a inglobare il gas (nel nostro caso l’aria)
all’interno delle preparazioni in modo meccanico, per esempio inglobare
aria all’interno delle preparazioni.
Lievito naturale
Il lievito naturale, chiamato anche lievito acido, pasta acida, lievito madre, pasta madre e crescente, è
un impasto di farina e acqua acidificato da un complesso di lieviti e batteri lattici che sono in grado di
avviare la fermentazione. A differenza del cosiddetto lievito di birra, il lievito naturale comprende, tra i
lieviti, diverse specie di batteri lattici eterofermentanti ed omofermentanti del genere Lactobacillus.
La fermentazione dei batteri lattici produce acidi organici e consente inoltre una maggiore crescita del
prodotto e una maggiore digeribilità e conservabilità. Metodo usato prima della selezione del lievito di
birra, oggi più comune in panificazione, nei paesi la pasta madre veniva conservata gelosamente dalla
fornaia che la manteneva in vita con gli opportuni rinfreschi e la redistribuiva alle famiglie che
settimanalmente facevano il pane in casa. Attualmente riscoperto dai panificatori alla ricerca di sapori
tradizionali, l'utilizzo di lievito naturale (madre acida) è indispensabile nella preparazione di dolci come
panettone, colomba pasquale, pandoro, ecc., e per particolari tipi di pane tra cui, ad esempio, il pane di
Altamura, il pane di Lentini e il pane nero di Castelvetrano, che rientrano nel novero dei Presidi di Slow
Food
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Lievito chimico
Il lievito chimico è un agente lievitante secco composto da una base debole e da un acido debole. Si usa per
aumentare il volume e per alleggerire la consistenza dei prodotti da forno. Il lievito chimico funziona grazie
a una reazione acido‐base che rilascia bolle di anidride carbonica nella pastella o nell'impasto che si
allargano e lo fanno lievitare. È utilizzato al posto del lievito di birra in quei prodotti dove gli aromi prodotti
dalla fermentazione non sarebbero graditi o nei casi in cui la pastella è priva della struttura elastica in grado
di trattenere le bolle di gas per più di qualche minuto. La reazione acido‐base produce anidride carbonica
più velocemente che la fermentazione. La maggior parte delle polveri lievitanti sono costituite da un
componente alcalino (solitamente bicarbonato di sodio), da uno o più sali acidi (come l'acido tartarico) e da
un amido inerte (perlopiù amido di mais ma anche fecola di patate). Il bicarbonato di sodio è la sorgente
dell'anidride carbonica, e la reazione acido‐base può essere genericamente rappresentata così: NaHCO3 +
H+ → Na+ + CO2 + H2O
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Ammuffimento
La temperatura di cottura rende sterile l’esterno del pane che però immediatamente doporappresenta, per
le condizioni ideali d’umidità e di temperatura, un ottimo terreno di coltura su cuile spore della muffa, che
si trovano nell’atmosfera, si depositano e si moltiplicano.
Numerosi sono i tipi di funghi che sono la causa
della muffa.
Si possono distinguere dal loro colore: bianco,
grigio, verde, giallo e nero.
Il pane, con la sua composizione chimica,
rappresenta un terreno nutritivo ideale per la
crescita dei microrganismi, soprattutto in quei
tipi in cui l’umidità è maggiore del 20%.
Fattore fondamentale per lo sviluppo delle
muffe è l’ambiente del panificio; si calcola che
in un panificio cadano mediamente sul
pavimento dalle 5 alle10 mila spore al m2 di
superficie, quantità che tende ad aumentare in
particolare in estate e autunno quando nell’aria
c’è una maggiore presenza di spore fungine.
Il pane ammuffito è in commestibile e quindi non può essere venduto e nell’eventualità che sia il
consumatore a scoprire la muffa, gli si deve sostituire il prodotto acquistato.
Per ottenere risultati positivi è necessario agire seguendo diverse vie e cioè operando:
sulle condizioni igieniche dei locali delle persone addette e degli strumenti;
con aggiunta di sostanze chimiche nell’impasto e sulla sipeficie del pane;
scegliendo, nel caso di prodotti confezionati, opportuni involucri di plastica;
effettuando trattamenti termici di sterilizzazione sul pane confezionato.
Un aspetto tecnologico da curare è la cottura; una buona cottura consente di avere un basso
contenuto d’umidità, ma ciò non è sufficiente se non si cura anche il raffreddamento, facendo
attenzione a non confezionare il prodotto ancora caldo perché si avrebbe una condensazione
dell’umidità sul prodotto che creerebbe un ambiente adatto alla formazione di muffe.
Le sostanze antimuffa permesse dalla legislazione italiana sono: acido sorbico e i suoi sali,
l’acido propionico e i suoi sali, l’acido acetico e l’acido lattico.
Poiché l’acido sorbico inibisce non solo l’attività delle muffe, ma anche quelle dei lieviti, non
può essere aggiunto nell’impasto ma deve essere spruzzato sul prodotto dopo la cottura.
Elevate quantità d’acido sorbico danno al prodotto sapori sgradevoli.
L’acido propionico, come il sorbico, ha il massimo delle sue capacità antimuffa in ambiente
acido, ma al contrario, non influenza l’attività del lievito per cui può essere aggiunto
direttamente nell’impasto.
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Pane Filante
Il pane filante è una malattia che si viene a creare da un afflosciamento della mollica che diventa
umida, untuosa e assume colorazioni che possono andare dal giallo al grigio chiaro o scuro con
odore sgradevole.
La malattia non si manifesta all’esterno, ma solo al momento del taglio del pane, dove una parte
della mollica aderisce al coltello e compaiono dei filamenti bianchi.
Il consumatore è quindi il primo a costatare questa malattia, perciò il panificatore si troverà nella
situazione di rendersi conto della malattia attraverso i reclami della clientela.
Più la malattia è in un elevato stato d’avanzamento e maggiormente la mollica si presenta floscia e
viscosa, contemporaneamente si sviluppa un sapore cattivo.
Questa malattia è dovuta al B. Mesenthericus o subtilis, si riscontra particolarmente nella stagione
calda e con pane prodotto con farina di tipo 0 o 1, dove può essere ottenuta da mulini che non
dispongono d’apparecchiature di lavaggio, oppure confezionato in panifici con ambienti tenuti in
cattive condizioni igieniche.
L’infezione si verifica in genere dopo due giorni dalla cottura del pane e con impasti non
adeguatamente acidi.
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Celiac disease is an autoimmune disorder that can occur in genetically predisposed people where the
ingestion of gluten leads to damage in the small intestine. It is estimated to affect 1 in 100 people
worldwide. Two and one‐half million Americans are undiagnosed and are at risk for long‐term health
complications.
When people with celiac disease eat gluten (a protein found in wheat, rye
and barley), their body mounts an immune response that attacks the
small intestine. These attacks lead to damage on the villi, small fingerlike
projections that line the small intestine, that promote nutrient
absorption. When the villi get damaged, nutrients cannot be absorbed
properly into the body.
Celiac disease is hereditary, meaning that it runs in families. People with
a first‐degree relative with celiac disease (parent, child, sibling) have a 1
in 10 risk of developing celiac disease.
Long Term Health Effects
Celiac disease can develop at any age after people start eating foods or medicines that contain gluten. Left
untreated, celiac disease can lead to additional serious health problems. These include the development of
other autoimmune disorders like Type I diabetes and multiple sclerosis (MS), dermatitis herpetiformis (an
itchy skin rash), anemia, osteoporosis, infertility and miscarriage, neurological conditions like epilepsy and
migraines, short stature, and intestinal cancers.
Treatment
Currently, the only treatment for celiac disease is lifelong
adherence to a strict gluten‐free diet. People living gluten‐free
must avoid foods with wheat, rye and barley, such as bread and
beer. Ingesting small amounts of gluten, like crumbs from a cutting
board or toaster, can trigger small intestine damage.
Read about the Gluten‐Free Diet.
Celiac disease is also known as coeliac disease, celiac sprue, non‐
tropical sprue, and gluten sensitive enteropathy.
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Undiagnosed or untreated celiac disease can lead to:
Long‐Term Health Conditions
Iron deficiency anemia
Early onset osteoporosis or osteopenia
Infertility and miscarriage
Lactose intolerance
Vitamin and mineral deficiencies
Central and peripheral nervous system disorders
Pancreatic insufficiency
Intestinal lymphomas and other GI cancers (malignancies)
Gall bladder malfunction
Neurological manifestations, including ataxia, epileptic seizures, dementia, migraine, neuropathy,
myopathy and multifocal leucoencephalopathy
Celiac disease can be difficult to diagnose because it affects people differently. There are about 300 known
symptoms which may occur in the digestive system or other parts of the body. Some people with celiac
disease have no symptoms at all. However, all people with celiac disease are still at risk for long‐term
complications, whether or not they display any symptoms.
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Pane : la tavola dei poveri di Giovanni Verga
Tra i pastori e i pescatori di Giovanni Verga, regna
incontrastata la fame. Una fame ancestrale che non ammette
repliche e che non ha contorni definiti. L’unico sollievo può
arrivare così dal «pane, le cipolle, il fiasco di vino». Qui, la
cucina non ha rituale. Se ce l’ha, è scarnito, emaciato,
consunto da una povertà così misera da non avere neppure
aggettivi.
Come i suoi compagni, Jeli il pastore non bada dunque alla
cottura del suo cibo, non gli importa: «arrostiva le ghiande
del querceto sulla brace di un focherello di sarmenti di
sommanco, abbrustoliva le larghe fette di pane che
cominciavano ad avere la barba verde di muffa».
Tra i personaggi dello scrittore siciliano non ci sono mai
grandi diversità. Il destino è quasi sempre comune, ed infatti
nel Mastro Don Gesualdo, Nanni l’Orbo spera «che ci sia una
buona annata per il padrone e per noi». L’unico elemento
divisivo è il cibo. La conciliante società verghiana (diversa,
anzi diversissima dalle opere degli scrittori russi dell’800 e
dal romanzo sociale francese), infatti, è destinata a
frantumarsi in due a tavola. I signori mangiano pane bianco, i
cafoni si devono accontentarsi di quello nero. «Pane “scaccia fame”: è questo il leit‐motiv che pare segnare
le giornate di Jeli il pastore o di Rosso Malpelo e di tutto quell’esercito di “poveri cristi” che popolano
l’universo verghiano ‐ scrive Maria Ivana Tanga (I Malvaoglia a tavola, Il leone verde ) ‐ Il pane, sembra
ricordarci Verga, è l’eterno assillo dei poveri, la loro primaria occupazione».
Consumato quasi sempre senza companatico («pan e curtiddu», perché tagliato a piccoli pezzi con il
coltello, in modo da durare il più a lungo possibile) o accompagnato al più con le cipolle che, come ricorda il
rampollo dei Malavoglia, «aiutano a mandar giù il pane e costano poco».
Tra ricchi e poveri, il contrasto sociale e cromatico è nettissimo. Verga ne approfitta per rimarcare la
disgrazia di questi ultimi, stavolta nella novella di Nedda: «Verso mezzogiorno sedettero al rezzo per
mangiare il loro pane nero e le loro cipolle bianche». Se va bene, il pane è infatti «cunzato» (caliato) e
finisce in una zuppa, ora descritta da compare Meno in una delle Novelle rusticane: «Il pane come lo faceva
la buon’anima nessuno lo sa fare. Pareva di semola addirittura! E con una manata di finocchi selvatici vi
preparava una minestra da leccarvene le dita».
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La battaglia del grano” nella propaganda fascista
Il 14 giugno 1925 l’agenzia Stefani annunciò con un sonoro messaggio in stile militaresco l’esordio della
“battaglia del grano” di cui Mussolini in un discorso del 20 riprendeva i toni affermando:” Io ho preso
formale impegno per condurre “la battaglia del grano”, ed ho già preparato lo stato maggiore. Il quale stato
maggiore dovrà agire sui quadri rappresentati dai tecnici dei consorzi agrari, delle cattedre ambulanti di
agricoltura, delle camere agrarie provinciali, e costoro dovranno manovrare l’esercito, la truppa degli
agricoltori”.
Mobilitare il grosso esercito degli agricoltori divenne la parola d’ordine.
Nel luglio dello stesso anno, durante una riunione del Comitato promotore, Mussolini richiese una
“necessaria opera di propaganda e persuasione” al fine di “penetrare nella grande massa dei rurali
silenziosa e operante”.
Per essa e soprattutto per il suo successo furono utilizzati tutti i mezzi e venne impiegata in prima persona
la figura del Duce. Nei cinegiornali LUCE di questi anni trionfa l’immagine del Duce che annuncia i dati della
produzione del grano, che consegna i premi ai coltivatori meritevoli, che saluta una folla di rurali
intervenuti per le celebrazioni del grano e che risponde alla folla plaudente.
Così quasi a riprova che il regime fascista avrebbe protetto tutti gli umili abitanti dell’Italia rurale lo stesso
Mussolini smise i panni del politico di mestiere per indossare quelli più sobri di “primo rurale d’Italia”.
E lo sforzo servì. “La battaglia del grano”, raggiunto il suo massimo con le nuove terre dissodate (la
produzione raggiunse nel 1931 il traguardo di circa 80 milioni di quintali), si salderà alle sanzioni per la
Guerra Etiopica (1935‐36) e, a breve, alle vicende della Seconda guerra mondiale.
Mussolini, nonostante l’incalzare degli eventi non perde tempo, si vede sempre
più spesso trascorrere parte delle sue frenetiche giornate in compagnia di
contadini, guidando la falciatura del grano nella sua terra di Romagna o
conducendo personalmente la motoaratrice in alcune zone bonificate dell’Italia
centrale.
Un esempio. Alle otto del mattino del 27 giugno 1935 Mussolini arriva a Borgo
Pasubio, nel cuore dell’Agro Pontino, appena bonificato, trebbia il grano nel
podere che riporta il numero 1.316. Il tempo trascorre veloce, impegnato nel lavoro. Alle nove, la sirena
avverte che è l’ora della colazione per i trebbiatori. Il Duce, sorridente e visibilmente soddisfatto, viene
fotografato sulla cima di una trebbiatrice. L’entusiasmo della gente lo convince sempre di più che ora potrà
dedicarsi all’impresa etiopica con la certezza di essere seguito dal popolo. Il braccio scatta continuamente
nel saluto romano in risposta alle grida e agli applausi delle persone che lo circondano. La richiesta di un
discorso viene seccamente interrotta dalla risposta del Duce: “ Si lavora oggi, non si parla!”. Obiettivo della
battaglia era stato aumentare la produzione, mantenendo identica la superficie coltivata. Tale risultato fu,
in parte, conseguito al Nord attraverso la massiccia introduzione di concimi chimici e macchine agricole. Al
contrario, nel Mezzogiorno l’aumento dei rendimenti avvenne attraverso l’estensione delle zone coltivate a
grano, seminato anche su terreni poco adatti a riceverlo, a scapito di altre coltivazioni più redditizie.
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