4509 2016 .pdf
Nome del file originale: 4509 2016.pdf
Titolo: Microsoft Word - sentenza n. 4509 del 2016.docx
Titolo: Microsoft Word - sentenza n. 4509 del 2016.docx
Questo documento in formato PDF 1.3 è stato generato da Word / Mac OS X 10.10.5 Quartz PDFContext, ed è stato inviato su file-pdf.it il 13/06/2016 alle 16:49, dall'indirizzo IP 79.12.x.x.
La pagina di download del file è stata vista 1186 volte.
Dimensione del file: 69 KB (4 pagine).
Privacy: file pubblico
Scarica il file PDF
Anteprima del documento
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO
SENTENZA 8 marzo 2016, n. 4509
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. STILE Paolo -‐ Presidente
Dott. VENUTI Pietro -‐ Consigliere
Dott. NAPOLETANO Giuseppe -‐ Consigliere
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo -‐ Consigliere
Dott. LORITO Matilde -‐ rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 5883-‐2013 proposto da:
(OMISSIS) C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio
dell'avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli
avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta delega in atti;
-‐ ricorrente -‐
contro
(OMISSIS) S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata
in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la
CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa
dall'avvocato, (OMISSIS), giusta delega in atti;
-‐ controricorrente -‐
avverso la sentenza n. 3668/2012 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il
21/08/2012 R.G.N. 3907/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/12/2015 dal Consigliere
Dott. MATILDE LORITO;
udito l'Avvocato (OMISSIS);
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SOLDI Anna Maria, che ha
concluso per l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso proposto in data 20.2.2009 avanti al Tribunale di S. Angelo dei Lombardi, in
funzione di Giudice del Lavoro, (OMISSIS) conveniva in giudizio la (OMISSIS) s.p.a. ed
esponeva di aver lavorato con mansioni di addetto alla confezione del legno ed
inquadramento nel 4 livello c.c.n.l. di settore, nonché per brevi periodi alla selezione manuale
presso il macchinario Ogam al reparto magazzino e alla logistica; di esser stato licenziato con
lettera 21/10/08 a far data dal 25/10/08; di aver ricevuto, a seguito di sua specifica richiesta,
la esplicitazione delle ragioni del recesso, siccome attinenti al giustificato motivo oggettivo; di
aver appreso che la società dal novembre 2008, aveva assunto ulteriore personale a tempo
indeterminato e a tempo determinato. Sulla scorta di tali premesse, chiedeva, previa
dichiarazione di illegittimità del licenziamento per carenza di giustificato motivo oggettivo e
violazione dell'obbligo di repêchage, la condanna della convenuta a reintegrarlo nel posto di
lavoro, nonché a risarcirgli il danno in misura pari alle retribuzioni maturate dal giorno del
licenziamento fino alla effettiva reintegrazione.
Radicatosi il contraddittorio e sulla resistenza della parte datoriale, il Giudice adito accoglieva
la domanda.
Detta pronuncia veniva riformata dalla Corte d'Appello di Napoli, che con sentenza in data
21.8.2012, accoglieva il gravame proposto dalla parte datoriale. Nel pervenire a tali
conclusioni osservava che il posto di lavoro occupato dallo (OMISSIS) era stato
definitivamente soppresso in dipendenza di una situazione economica non favorevole
attraversata dalla Società negli anni 2007-‐2009. Argomentava inoltre che l'articolato quadro
probatorio aveva consentito di acclarare come in epoca successiva al licenziamento, la
(OMISSIS) s.p.a. si era avvalsa dello strumento dei contratti a termine o di somministrazione
per far fronte ad esigenze produttive temporanee e che al momento della risoluzione del
rapporto non sussistevano posizioni lavorative di eguale contenuto rispetto a quella di cui era
titolare lo (OMISSIS), sicché assolto era da ritenersi l'obbligo di repêchage da parte aziendale,
anche con riferimento alla possibilità di essere addetto a mansioni inferiori, non avendo il
lavoratore manifestato alcuna volontà indirizzata alla stipula di un cd. patto di
demansionamento.
Avverso l'anzidetta sentenza della Corte territoriale, (OMISSIS) ha proposto ricorso per
cassazione fondato su due motivi. L'intimata ha resistito con controricorso illustrato da
memoria ex articolo 378 codice procedura civile.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo mezzo di impugnazione il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione
della Legge n. 604 del 1966, articoli 3 e 5, della Legge n. 300 del 1970, articolo 18, degli
articoli 1175, 1375 e 2697 codice civile, dell'articolo 112 codice procedura civile in relazione
all'articolo 360 codice procedura civile, comma 1, n. 3, nonché omessa ed insufficiente
motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio ex articolo 360 codice
procedura civile, comma 1, n. 5.
Si duole che la Corte territoriale abbia omesso di considerare che la (OMISSIS) s.p.a. nulla
aveva allegato e nulla si era offerta di provare in ordine all'impossibilità di impiegarlo nello
stesso o in altri settori dell'attività produttiva, con mansioni anche inferiori a quelle in
precedenza svolte.
Ribadisce al riguardo che successivamente al licenziamento, era stato assunto, sia pure a
tempo determinato, altro personale anche di livello inferiore a quello da lui posseduto, come
evincibile ex actis. Rimarca, quindi, che nell'ottica descritta, erronea si palesava la statuizione
dei giudici del gravame con la quale era stato ritenuto rispettato, da parte datoriale, l'obbligo
di repêchage.
2. Il motivo è fondato.
Questa Corte, già con risalente giurisprudenza, ha ritenuto che, ai sensi dell'articolo 2103
codice civile, la modifica in peius delle mansioni del lavoratore è illegittima, salvo che sia stata
disposta con il consenso del dipendente e per evitare il licenziamento o la messa in cassa
integrazione del lavoratore stesso, la cui diversa utilizzazione non contrasta, in tal caso, con
l'esigenza di dignità e libertà della persona, configurando una soluzione più favorevole di
quella ispirata al mero rispetto formale della norma (cfr. Cass., n. 6441/1988). Del pari è stato
ritenuto che non costituisce violazione dell'articolo 2103 codice civile, un accordo sindacale
che, in alternativa al licenziamento per ristrutturazione aziendale, preveda l'attribuzione di
mansioni diverse e di una diversa categoria con conseguente orario di lavoro più lungo (cfr.
Cass. n. 9386/1993).
Le Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass., S.U. n. 7755/1998), in ipotesi di licenziamento per
giustificato motivo oggettivo rappresentato dalla sopravvenuta infermità permanente del
lavoratore e dalla conseguente impossibilità della prestazione lavorativa, hanno affermato, in
sede di composizione di conflitto, che il recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro
subordinato deve ritenersi legittimo non solo se risulta ineseguibile l'attività svolta in
concreto dal prestatore, ma anche se, alla stregua di un'interpretazione del contratto secondo
buona fede, è esclusa la possibilità dello svolgimento di altra attività riconducibile alle
mansioni assegnate o ad altre equivalenti ai sensi dell'articolo 2103 codice civile, e altresì, in
difetto di altre soluzioni, a mansioni inferiori, purché l'attività sia compatibile con l'idoneità
del lavoratore e sia utilizzabile nell'impresa
senza mutamenti dell'assetto organizzativo insindacabilmente scelto dall'imprenditore.
A quest'ultimo riguardo le Sezioni Unite hanno osservato che l'adibizione del lavoratore, con il
suo necessario consenso, a mansioni inferiori, neppure configurerebbe una vera
dequalificazione, ma solo un adeguamento del contratto alla nuova situazione di fatto,
dovendo ritenersi le esigenze di tutela del diritto alla conservazione del posto di lavoro
(articoli 4 e 36 Cost.) prevalenti su quelle di salvaguardia della professionalità del lavoratore
(articolo 2103 codice civile, ed anche articolo 35 Cost., comma 2).
Il ricordato orientamento interpretativo delle Sezioni Unite è stato poi seguito da altre
pronunce rese in tema licenziamento disposto per sopravvenuta inidoneità fisica lavoratore
(cfr. ex plurimis, Cass., n. 10339/2000, ove pure viene rilevata a necessità che il lavoratore, sia
pure senza forme rituali, abbia manifestato la sua disponibilità ad accettare rassegnazione a
mansioni non equivalenti.
3. Osserva il Collegio che le ragioni poste a fondamento della ricordata pronuncia delle Sezioni
Unite n.7755/1998 conservano piena validità anche nell'ipotesi di licenziamento per
giustificato motivo oggettivo conseguente a soppressione del posto di lavoro in conseguenza
di riorganizzazione aziendale (vedi Cass. n. 21579/2008); anche in questa ultima ipotesi è
infatti ravvisabile una nuova situazione di fatto (inerente al nuovo assetto dell'impresa
anziché alla sopravvenuta inidoneità fisica del lavoratore) legittimante il consequenziale
adeguamento del contratto, così come identiche sono le esigenze di tutela del diritto alla
conservazione del posto di lavoro (prevalenti su quelle di salvaguardia della professionalità
del lavoratore). Al contempo analoghi devono ritenersi i limiti alla rilevanza della utilizzabilità
del lavoratore in mansioni inferiori, da. individuarsi nel rispetto dell'assetto organizzativo
dell'impresa insindacabilmente stabilito dall'imprenditore e nel consenso del lavoratore
all'adibizione a tali mansioni.
4. Si è quindi, condivisibilmente ritenuto che in tanto il consenso del lavoratore potrà essere
espresso in quanto il datore di lavoro, in ottemperanza al principio di buona fede
nell'esecuzione del contratto, abbia prospettato al lavoratore, ove compatibile con il suo
bagaglio professionale specifico e con il nuovo assetto aziendale, la possibilità di
un'utilizzazione in mansioni inferiori.
7. In tal senso si palesa l'erroneità della statuizione impugnata, che nessun accertamento ha
svolto sul punto, argomentando esclusivamente in ordine alla omessa manifestazione da parte
del lavoratore, di una volontà intesa alla stipula di un "patto di demansionamento", in
contrasto con i dicta giurisprudenziali ai quali si è fatto richiamo ed ai quali si intende dare
continuità.
8. Assorbito il secondo motivo con cui è denunciata violazione e falsa applicazione della Legge
n. 223 del 1991, articolo 5 e dell'articolo 1175 codice civile per la mancata allegazione e
dimostrazione del criterio di scelta applicato in sede di licenziamento da parte datoriale, la
presente pronuncia va cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Napoli che, disponendo anche
in ordine alle spese del presente giudizio di cassazione, applicherà il principio di diritto in
base al quale "in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il datore di lavoro che
adduca a fondamento del licenziamento la soppressione del posto di lavoro cui era addetto il
lavoratore licenziato, ha l'onere di provare non solo che al momento del licenziamento non
sussisteva alcuna posizione di lavoro analoga a quella soppressa, ma anche di avere prospettato
al lavoratore licenziato, senza ottenerne il consenso, la possibilità di un suo impiego in mansioni
inferiori rientranti nel suo bagaglio professionale, purché tali mansioni inferiori siano
compatibili con l'assetto organizzativo aziendale insindacabilmente stabilito dall'imprenditore".
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e
rinvia, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d'Appello di Napoli in diversa
composizione.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1
quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.